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Politica

Sventata l’ultima truffa dell’establishment

Al Senato passa una deroga nel decreto aiuti bis sul tetto di 240mila euro annui agli stipendi di manager pubblici, forze dell’ordine, funzionari vari. L’emendamento è stato prima proposto da Forza Italia, poi riformulato non si sa bene in quale modo dal Governo, infine approvato nel Dl Aiuti bis. Nel mentre, si intendeva negare alle imprese la concessione dei crediti del Superbonus. Solo l’indignazione popolare ha spinto la Camera a reintrodurre il tetto, così la deroga è saltata.

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Copertina realizzata in esclusiva da Pepito Strozzapreti.

di Alessandro Andrea Argeri

Sventata l’ultima truffa dell’establishment, almeno una non è andata in porto. Nelle stesse ore in cui i “migliori”, o gli “optimates”, come sarebbe più appropriato definirli, provavano a bloccare la concessione dei crediti del Superbonus, gli stessi tentavano il blitz in sordina per aumentare i super-stipendi ai “boiardi di Stato”, dirigenti pubblici, alti gradi militari. Ebbene sì: in un decreto pensato per sostenere i cittadini più in difficoltà, si è cercato invece di aiutare i grandi funzionari.

“Il mercato ce li ruba”, oppure “se non sono ben pagati, si lasciano corrompere”. Queste le motivazioni dietro l’ennesimo tentativo di accentuare le disparità. Giustamente non si può mica andare avanti con appena 240mila euro l’anno! C’era bisogno di un sostegno in più. Chissà allora quale rivoluzione si scatenerebbe se questi dirigenti percepissero un salario di appena mille euro, o ancora meno, come gli italiani “normali”. Tuttavia chi guadagna 240mila euro è parte dello 0,1% dei contribuenti più ricchi, oltretutto questi funzionari hanno solo incarichi politici, dunque non hanno mercato, non possono andare a lavorare altrove.

A scanso di equivoci, nel testo si leggeva: “al capo della Polizia, al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al comandante generale della Gdf, al capo del Dap, così come agli altri capi di Stato maggiore, nonché ai capi dipartimento ed al segretario generale della presidenza del Consiglio, ai capi dipartimento ed ai segretari generali dei ministeri è consentito, anche in deroga al tetto di 240 mila euro previsti per i manager pubblici, un trattamento economico accessorio”. A favore hanno votato il Pd, Forza Italia, Italia viva, Impegno Civico. Si sono astenuti Fratelli d’Italia, Movimento 5 stelle, Lega. Contro si sono schierati i senatori del gruppo “Uniti per la Costituzione”, due del Pd, una parte del Gruppo Misto. Alla fine un nuovo emendamento ha bloccato un blitz mal riuscito.

Nessuno sa niente però né di come né di chi abbia permesso un simile scempio. Può il ministero dell’economia aver agito alle spalle di Mario Draghi? Ormai poco importa. Piuttosto bisognerebbe domandarsi: con quale coraggio ogni giorno si parla di sacrifici, vengono annunciati tagli di ogni genere, se poi la Casta aumenta i propri compensi? Come si può continuare ad osteggiare una riforma quale il salario minimo legale per tutti i lavoratori, per poi aumentare uno stipendio già molto consistente? La “crisi democratica” di cui tanto si parla non è accentuata proprio dall’acuire delle disparità tra cittadini?

La famosa tassa sugli extra profitti dei giganti energetici ha raccolto appena un miliardo a fronte dei dieci previsti. Inoltre le scuole trasformate in aziende anche quest’anno riaprono in difficoltà, senza personale né mezzi tecnologici adeguati. I docenti trasformati in burocrati riempi moduli. I presidi in dirigenti col compito di “dirigere” tre istituti per risparmiare. L’establishment tende ad assorbire o a neutralizzare il nuovo per difendere lo status quo, poiché il suo unico obiettivo è quello di riprodursi. Una classe dirigente invece cerca di disegnare le strategie da attuare attraverso la definizione delle necessità con una visione orientata alla costruzione di un futuro nuovo oltre che migliore.

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).