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Oasi Culturale

“Sei uno Scrooge!”

Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. A pochi giorni dal Santo Natale non possiamo non parlare di “A Christmas Carol”, in italiano “Canto di Natale” celebre novella di Charles Dickens da cui ancora oggi possiamo trarre qualche spunto di riflessione. Se vi va, scriveteci: redazione@ilsudest.it/alexargeriwork@gmail.com

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di Alessandro Andrea Argeri

A pochi giorni dal Santo Natale non possiamo non parlare di “A Christmas Carol”, in italiano “Canto di Natale” celebre novella di Charles Dickens da cui ancora oggi possiamo trarre qualche spunto di riflessione. È la storia di una sorta di Grinch ante-litteram, Ebenezer Scrooge, uomo solo, tanto vecchio quanto avaro, restio a celebrare un giorno ritenuto speciale da tutti ma una “sciocchezza” da lui in quanto consisterebbe in una “perdita di tempo”, quindi di denaro, perché allontanerebbe dal lavoro. Tuttavia, durante la notte di Natale Scrooge viene visitato da tre fantasmi: sono gli spiriti dei Natali presente, passato, futuro. Solo dopo l’ultima apparizione l’inaridito Scrooge diventerà in un uomo più gentile, generoso, quindi predisposto a festeggiare il Natale assieme al suo impiegato, padre di un ragazzo invalido, di cui il ricco padrone deciderà di prendersi cura.

Dickens scrisse “A Christmas Carol” nell’ormai lontano 1843, in un periodo in cui l’Inghilterra dell’età vittoriana puntava a rivalutare, oltre che a riscoprire, le tradizioni natalizie, in quanto il programma politico della regina Vittoria poneva al centro l’istituzione della famiglia. L’influenza di questa novella è stata tale da aver addirittura dato un nuovo modo di dire agli inglesi, i quali oggi usano dire “sei uno Scrooge” per indicare una persona avara. Ancora, “A Christmas Carol” ha avuto moltissimi adattamenti teatrali, televisivi, cinematografici, tra cui la versione di Rober Zemeckis ricordata per essere il primo film in 3D della storia. Ci siamo mai chiesti però perché la storia di Dickens non è mai passata di moda? Probabilmente perché riesce a cogliere tutti quegli aspetti considerati fondamentali nel Natale: solidarietà verso i più deboli, aiuto ai meno abbienti, possibilità di redenzione per qualsiasi individuo tramite la trasformazione del proprio io, ma soprattutto la riunione della famiglia, la consumazione dei pasti in comunità, lo spirito di festa, la generosità disinteressata, perché il Natale è innanzitutto un momento di condivisione con le persone più care, cioè con la propria “famiglia”, parola intesa non come “gruppo con cui si condivide un legame di sangue”, sennò sarebbe riduttivo, bensì in quanto “insieme di persone con cui ci si vuole bene”. E allora il mio augurio più grande per questo Natale è quello di passarlo con chi vi vuole bene. Grazie per aver seguito assiduamente questa rubrica, il suo successo è andato ben oltre le mie aspettative. Ci rivediamo l’8 gennaio. Buon Natale a tutti voi!

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