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La Geopolitica: Un Hobby Maschile e Borghese

È fondamentale che le istituzioni, le organizzazioni e i movimenti che si occupano di geopolitica aprano le loro porte e le loro menti a una rappresentanza più ampia e diversificata.

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Di Maddalena Celano

La geopolitica, una disciplina di cruciale importanza nel nostro mondo contemporaneo, sembra essere diventata un hobby esclusivamente maschile e borghese, dominato da maschi bianchi che, pur dichiarandosi progressisti e di sinistra, spesso flirtano con l’estrema destra. Questa élite, privilegiata per nascita e status sociale, si appropria della narrazione geopolitica senza alcun contatto concreto con le realtà drammatiche che affliggono milioni di persone nel mondo. Essi discutono e teorizzano comodamente dai loro salotti, ben lontani dalle esperienze di chi, quotidianamente, mette a repentaglio la propria vita.

Ricordo ancora vividamente l’episodio accaduto il mese scorso. Avevo invitato nella sede di un partito (di cui non farò nomi per discrezione) una delegazione di un paese centroamericano che ha subito un colpo di stato giudiziario orchestrato dagli USA. Questa delegazione, composta principalmente da donne giovani e coraggiose, vive costantemente sotto la minaccia di violenza e repressione per la loro appartenenza politica. Per loro, essere di sinistra significa rischiare la vita, non discutere comodamente dietro una scrivania.

Ma i militanti del suddetto partito, tutti maschi e bianchi, hanno preferito abbandonare la delegazione per ascoltare il comizio di un imprenditore, anch’egli maschio, bianco e autoproclamato multipolarista. Questa scelta ha evidenziato non solo la loro disconnessione dalle vere lotte e sofferenze, ma anche un velato sessismo. È difficile non pensare che l’abbandono sia stato influenzato dalla natura prettamente femminile della delegazione, nonostante queste donne mettano a rischio la loro vita per la causa.

Questo episodio è solo uno dei tanti che dimostrano come la geopolitica sia stata ridotta a un passatempo per un’élite maschile e borghese, lontana anni luce dalle vere battaglie che si combattono sul campo. È un’ipocrisia sfacciata da parte di chi si professa progressista e di sinistra, ma che nella realtà quotidiana preferisce i comodi discorsi di chi non ha mai dovuto lottare davvero.

È ora di denunciare questa appropriazione indebita della geopolitica da parte di una cerchia ristretta e privilegiata. È tempo di restituire la voce e il protagonismo a chi vive realmente le tragedie geopolitiche sulla propria pelle, a chi combatte non per hobby ma per sopravvivenza. Solo così potremo sperare in una politica estera veramente inclusiva e rappresentativa delle realtà globali.

Questa dinamica di esclusione non solo impoverisce il dibattito geopolitico, ma rappresenta anche un’ingiustizia nei confronti di chi è direttamente colpito dalle decisioni prese in stanze lontane e protette. La geopolitica non dovrebbe essere un argomento di moda per le élite, ma una disciplina che affronta con serietà e responsabilità le questioni cruciali del nostro tempo, includendo le voci di chi vive sulla propria pelle le conseguenze delle scelte politiche internazionali.

È fondamentale che le istituzioni, le organizzazioni e i movimenti che si occupano di geopolitica aprano le loro porte e le loro menti a una rappresentanza più ampia e diversificata. Solo in questo modo si può costruire una visione del mondo che sia veramente inclusiva e che tenga conto delle esperienze e delle prospettive di tutti, non solo di una ristretta cerchia privilegiata. La geopolitica deve tornare ad essere uno strumento di giustizia e non un hobby elitario, restituendo dignità e voce a chi combatte quotidianamente per un mondo migliore.

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