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Via della seta o Via del Cotone : Le differenze strutturali fra le due iniziative

Dal 6 dicembre 2023 l’Italia è fuori dalla Via della Seta. Dopo mesi di trattative, rassicurazioni e discussioni Roma ha messo nero su bianco la sua fuoriuscita dalla Belt & Road Initiative cinese e ha consegnato la nota a Pechino.

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Credit foto https://formiche.net/2023/12/meloni-uscita-via-della-seta/

Di Fulvio Rapanà

Dal 6 dicembre 2023 l’Italia è fuori dalla Via della Seta. Dopo mesi di trattative, rassicurazioni e discussioni Roma ha messo nero su bianco la sua fuoriuscita dalla Belt & Road Initiative cinese e ha consegnato la nota a Pechino. Motivo: l’accordo, ha detto il titolare della Farnesina, “non era vantaggioso per noi in prospettiva perché Germania e Francia hanno avuto un fatturato superiore al nostro”.

Gli indizi sulle reali motivazione dell’uscita dal Memorandum portano tutte a Washington e all’ultima visita della Meloni. Sull’argomento scrive la Repubblica, “è chiaro che Biden non ha chiesto esplicitamente alla Meloni, una rottura delle relazioni commerciali con la Cina, ma  gli Usa “auspicano che l’Italia esca dal Memorandum” , anche in previsione di una partenza del PGII,  Partnership for Global Infrastructure and Investment, di iniziativa americana e del G7, “che aspetta l’adesione dell’Italia”. La questione è da subito scomparsa da giornali e telegiornali d’altronde per una nazione che ha  legato mani e piedi della politica economica all’Ue, la politica estera alla Nato, che non batte moneta , che non ha più il controllo sul sistema bancario nè quello dei confini, parlare di questioni di geopolitica  ed economia internazionale non ha alcun senso. Ma proprio perché non se parla ritengo che la questione sia molto rilevante per l’economia di questa nazione e del sud in particolare.

Intanto è importante chiarire quali sono i termini e gli obiettivi delle due iniziative di sviluppo infrastrutturale che si contrappongono a livello mondiale .  La materia è piuttosto complessa,  non facile da semplificare e mi rifaccio ad un saggio edito dall’Università di Boston; “ The Belt&Road Iniziative and the Partnerchip for Global Infrastructure and Investiment”(1).

The Belt&Road Iniziative, (BRI)

La definizione migliore la troviamo nell’atto di costituzione nel 2013  della BRI: Vision and Actions on Jointly Building Belt and Road,  che precisa “la continuità degli impianti è un obiettivo politico prioritario per il successo della BRI. Nuove strade, ferrovie, porti, oleodotti, dighe, centrali elettriche e parchi industriali a supporto della logistica lungo le rotte sia marittime che terrestri utilizzate dalle merci prodotte in Asia e in Cina in particolare”. Si tratta quindi di investimenti infrastrutturali, lungo le rotte marine ma anche per via terra su ferrovia, che in 48 ore collegherà Chengodu, in Cina, a Torino, realizzati da aziende private, e/o direttamente dallo stato cinese, ma sempre coperte o garantire da attori finanziari in larga misura  statali come le banche statali cinesi (CDB e CHEXIM) e alle grandi banche commerciali (come Bank of China, Industrial and Commercial Bank of China) A riguardo delle dimensioni  la BRI ha realizzato megaprogetti complessi e su larga scala, con un costo da  più di 1 miliardo di dollari, che economicamente e socialmente impattano su milioni di persone.  E’ una iniziativa già partita e  ha prodotto risultati piuttosto rilevanti con investimenti ad oggi di circa 3.000 miliardi di $. Ritengo utile precisare e rimarcare che mentre l’Italia  è uscita dall’accordo BRI nel resto d’Europa le aziende cinesi sono già ben presenti: hanno acquistato il 50% del porto di Amburgo; il 35% del porto di Rotterdam; il 25% di Anversa e Zeebrughe; il 65% del Pireo. Nei  Balcani la Cina ha stipulato l’accordo  “Summit 16+1”, 16 stati dell’Europa orientale più la Cina, che  mira a promuovere investimenti cinesi soprattutto nel settore infrastrutturale e in quello energetico, sia per mare che lungo le vie d’acqua interne. Accordo sostenuto dalla Cina con la creazione di un fondo di investimento da 3 mld di dollari in aggiunta alla linea di credito speciale da 10 mld, già finanziata nel 2012. Da allora nell’Europa dell’Est si sono messe in cantiere una notevole quantità di infrastrutture come autostrade e porti lungo il Danubio,  sul Mediterraneo e sul Mar Nero che certamente renderanno il flusso delle merci cinesi più agevole ma  produrranno anche pil e posti di lavoro per gli stati che ospitano e utilizzano le infrastrutture.

Partnerchip for Global Infrastructure and Investiment” (PGII)

Il PGII, istituito dal G7 nel 2022,  ed è ancora in fase di partenza,  con l’obiettivo di creare e sviluppare   “ un partenariato infrastrutturale di alta qualità da 600 miliardi di dollari che mira a colmare le lacune infrastrutturali dei Paesi a basso e medio reddito”. Nel PGII confluisce anche il Global Gateway (GG), un’iniziativa dell’UE annunciata nel 2021, e mai partita, per sostenere la ripresa mondiale dall’impatto economico della pandemia COVID-19”.

Le autrici del saggio rimarcano tre differenze fondamentali fra le due iniziative e scrivono: “In primo luogo, il modello di finanziamento del PGII segue il sistema finanziario occidentale incentrato sull’iniziativa privata come motore della crescita economica e richiede ai governi, che aderiscono all’iniziativa, di svolgere una funzione di supporto sostenendo finanziariamente solo gli investimenti più rischiosi. In secondo luogo, le aree prioritarie del PGII sfruttano i punti di forza dei Paesi del G7 nella promozione di settori infrastrutturali soft (ad esempio, salute, equità di genere, tecnologia digitale, ecc.) In terzo luogo, il PGII evidenzia gli standard condivisi dai Paesi del G7, basati su sistemi politici simili e sulla partecipazione comune a organizzazioni multilaterali”.

Lo studio conclude: “Alla luce di tali analogie e divergenze, emergono tre raccomandazioni politiche per la Cina, il G7 e i Paesi beneficiari:

Le istituzioni della BRI e del PGII, se hanno veramente a cuore lo sviluppo di nazioni arretrate, dovrebbero prendere in considerazione la collaborazione nel breve o nel lungo periodo. Sebbene le tensioni politiche e di sicurezza tra Stati Uniti e Cina suggeriscano che le due iniziative potrebbero non collaborare a breve, c’è motivo per sperare che  non siano da considerarsi necessariamente in contrasto tra loro.

• Se la collaborazione non è fattibile nel breve termine, le istituzioni del BRI e del PGII potrebbero perseguire una “concorrenza complementare” e concentrarsi su una maggiore collaborazione con le “istituzioni finanziarie regionali ospitanti”;  quindi: se le due istituzioni non vogliono collaborare fra di loro operassero in modo complementare con i paesi che chiedono di realizzare gli investimenti.

I Paesi beneficiari dovrebbero sfruttare le differenze tra le iniziative per negoziare il miglior accordo per i loro progetti di sviluppo. “Il BRI e il PGII offrono al Sud globale molteplici opzioni per sostenere le infrastrutture dure e morbide nei potenziali Paesi beneficiari”.

In sintesi si tratta di due progetti che rispecchiano perfettamente le impalcature strutturali dei due blocchi economici: quella asiatica  produce beni e si concentra sulle necessità che hanno le merci di porti,strade,logistica, ferrovie ecc. per arrivare il più velocemente sui mercati.  Il progetto dell’occidente si rivolge al miglioramento della  qualità della vita e dei servizi, nonché l’adesione ai valori di democrazia e del libero mercato a noi cari (!!). Il BRI prende in considerazione investimenti di grandi dimensioni dove è lo stato cinese o le banche statali cinesi o dei paesi asiatici, che finanziano gli stati per realizza l’infrastruttura; il PGII interviene su investimenti più piccoli finanziati da banche private  e solo per alcuni progetti più rischiosi gli stati intervengono con le garanzie.

Questo è lo scenario globale dei due progetti infrastrutturali  in cui l’Italia, in relazione alla nuova guerra fredda, ci entrava  in pieno ma in senso negativo, avendo scelto nel 2019  di stipulare un accordo nell’ambito della BRI cinese.   Anche se l’accordo è stato fatto in tempi precedenti  rispetto alla creazione del PGII, eravamo l’unico paese del G7 ad aver aderito alla “Via della Seta” mettendo sempre più ansia gli Usa e l’UE,  rispetto al contesto geopolitico che si sta delineando.  Ma la domanda di fondo se ci è convenuto o meno, particolarmente per un governo sovranista, uscire dalla Via della Seta, su pressioni esterne, resta tutto. Un’ultima riflessione. Gli obiettivi di entrambi i progetti sono certamente quelli di agevolare  i nostri interessi, o quelli degli asiatici, ma c’è anche la volontà di creare uno strumento giuridico ed economico, per favorire l’inserimento di queste nazioni in aree e contesti  economici tali che gli permettono di sollevarsi e migliorare il benessere delle loro popolazioni  evitando o limitando  in questo modo il flusso di immigrazione. Sta di fatto che mentre gli asiatici, che non hanno un problema di immigrazione, sono già molto avanti nella realizzazione del BRI l’occidente, a cui l’immigrazione pesa politicamente e socialmente, sta ancora pensando cosa fare e quali sono le priorità nei progetti da mandare avanti.

1)The Belt and Road Initiative and the Partnership for Global Infrastructure and Investment: Global Infrastructure Initiatives in Comparison. Autori:                                                              Oyintarelado (Tarela) Moses e Keren Zhu  analiste di dati e responsabili del database per l’Iniziativa Cina globale presso il Centro per le politiche di sviluppo globale dell’Università di Boston.

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