Dalle Regioni
La Puglia a rischio di desertificazione demografica
Negli ultimi 20 anni, circa ottantamila pugliesi hanno lasciato la Puglia per trasferirsi all’estero, mentre in oltre quattrocentocinquantamila hanno invece spostato la residenza fuori regione. Tale esodo, soprattutto giovanile rischia nel prossimo decennio, di desertificare demograficamente interi territori della nostra regione.
DI NICO CATALANO
Credit foto: Paul Fundenburg license CC BY-NC-ND 2.0
Nei giorni scorsi, mentre la politica regionale discuteva in merito alla recente nomina di Rocco Palese ad assessore alla sanità della giunta Emiliano, un dato allarmante richiamava l’interesse dei media, riportando l’attenzione dell’opinione pubblica al difficile momento politico, economico e sociale che sta attraversando la nostra regione. Secondo recenti statistiche, nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2020, circa ottantamila pugliesi hanno lasciato il territorio regionale per trasferirsi all’estero, mentre sempre nell’ intervallo di tempo considerato, risultano essere oltre quattrocentocinquantamila i nostri corregionali, che hanno spostato la residenza fuori regione. Questi preoccupanti dati statistici, sono stati diffusi nell’ambito di una conferenza stampa organizzata durante la settimana scorsa dalla CGIL Puglia, sui temi del mercato del lavoro, profili occupazionali, struttura delle imprese, emigrazione, povertà e pensioni. La recente crisi occupazionale giovanile, un fenomeno che sta sempre più caratterizzando, negli ultimi anni il nostro Paese, spinge alla ricerca di opportunità lavorative al di fuori del proprio territorio, soprattutto persone con titoli di studio e specializzazioni elevate, basti pensare alle centinaia di giovani medici italiani che negli ultimi tre anni, hanno lasciato il bel Paese e oggi lavorano stabilmente in Inghilterra e Germania. Queste recenti dinamiche del mercato del lavoro, se riferite a numeri relativi, non sempre risultano negative, in quanto possono rappresentare delle importanti opportunità di crescita professionale per i nostri giovani. Diventano allarmanti, quando come in Puglia, interessano numeri assoluti, non a caso proprio la nostra regione risulta essere tra le prime in Italia ad alimentare il flusso dell’emigrazione verso l’estero o le grandi città del nord del Paese, e con una età media più bassa rispetto al resto della penisola. Negli ultimi anni, la diffusa conoscenza delle lingue così come la cultura europea ormai entrata nelle scuole, hanno facilitato gli spostamenti da quelle aree provinciali e regionali prettamente periferiche a quel centro rappresentato dalle grandi metropoli europee e mondiali: Milano, ma soprattutto Barcellona, Berlino, Londra o Dublino. Un fenomeno, oggi facilitato anche da quella globalizzazione che ha omologato modelli culturali, produttivi e sociali tra le metropoli e le aree rurali, così come avvenne intorno alla metà del secolo scorso, tra le campagne pugliesi e la Fiat di Torino. Dinamiche che demografiche caratterizzano una regione ormai stretta tra precarietà, povertà lavorativa e rischio desertificazione demografica. Una Puglia, dove il tasso di occupazione delle donne è ben oltre il trentadue per cento, tra i più bassi tra tutte le regioni d’Europa, con buona pace dei movimenti femministi locali che negli ultimi anni si sono accontentati della parità di genere nelle nomine di qualche consiglio di amministrazione. Un territorio dove i dati pubblicati dall’Istat prevedono che nel 2030 la popolazione della fascia di età compresa tra i 15 e i 35 anni sarà ridotta di 102mila unità rispetto a oggi. Nella terra di Puglia, dove si rilevano inadeguate la gran parte delle politiche regionali profuse negli ultimi venti anni da una classe dirigente poco lungimirante e attenta alle dinamiche sociali, si avverte oggi la necessità di un confronto allargato rispetto ai progetti futuri e incentrati sulle risorse provenienti dal Pnrr. C’è bisogno di processi sempre più partecipativi, per elaborare scelte strategiche e orientare queste verso il sostegno ad una concreta crescita del sistema produttivo pugliese. Tutto questo, al fine di rendere più competitive le imprese, aumentare l’occupazione e le opportunità in loco per i nostri giovani.
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