Cultura
Le origini del jazz: New Orleans
Alla fine del diciannovesimo secolo le caratteristiche tipiche del jazz erano a New Orleans già presenti e vive, soprattutto quella sorta di democraticità che all’interno dei gruppi consentiva e consente a tutti i componenti di esprimersi, anche arricchendo, ampliando, concludendo quanto “detto” da un solista.
New Orleans, capitale della Louisiana, venne fondata dai francesi nel 1718. Nemmeno un cinquantennio dopo era già possedimento spagnolo, ma nel 1800 era ancora la Francia, stavolta di Napoleone a governarla. Sarà venduta agli Stati Uniti solo tre anni più tardi. In questa fase la sua popolazione era per metà costituita da creoli, spagnoli ed anglosassoni (ma anche italiani, tedeschi, slavi, irlandesi) e per l’altra metà da afroamericani. La miscellanea culturale, di razze e religiosa che ne derivò rese la città un luogo senza possibili termini di paragone con nessuna delle pur grandi altre metropoli statunitensi. Ad esempio, in quelle terre erano ancora vivi canti che avevano avuto origine in Gran Bretagna nei secoli sedicesimo e diciassettesimo, ormai scomparsi o corrotti in Inghilterra. Alcuni di essi saranno alla base delle composizioni jazzistiche alle quali si aggiungerà lo straordinario ed insostituibile contributo della cultura musicale degli afroamericani.
I repentini “passaggi di proprietà” di New Orleans e di tutta la Louisiana avevano dato luogo ad una strana alternanza di accettazione e di rifiuto dei creoli, i nati cioè da unioni tra francesi e neri che, integrati in origine socialmente ed economicamente, vennero in un secondo momento ghettizzati dai protestanti come assimilabili agli afroamericani. La cultura dei creoli era tuttavia quella dei francesi, che nei ghetti si unì così a quella africana anche da un punto di vista squisitamente musicale. Non si possono peraltro non ricordare le diverse tradizioni bandistiche che trovarono diritto di cittadinanza mescolate tra loro (francesi, tedesche, africane etc.). La band favorì l’esprimersi di leaders naturali, che per abilità, inventiva, forza e virtuosismo si sarebbero imposti sugli altri. Ma a New Orleans si faceva musica dovunque, in ogni occasione e con qualunque strumento, anche e soprattutto improvvisato. Alla fine del diciannovesimo secolo le caratteristiche tipiche del jazz erano a New Orleans già presenti e vive, soprattutto quella sorta di democraticità che all’interno dei gruppi consentiva e consente a tutti i componenti di esprimersi, anche arricchendo, ampliando, concludendo quanto “detto” da un solista. Si suonava per sopravvivere ed uno dei modi più redditizi era farlo nelle ricche case di tolleranza presenti in città. Ciò portò a considerare il jazz musica depravata, indecente. Anche questo modo di guardare e valutare certe realtà portò alla chiusura del quartiere a luci rosse, contribuendo alla diaspora verso il nord dei jazzisti, ma non rappresentandone la ragione unica e fondamentale come taluni sbagliando credono. Tale spostamento fece sì che un fenomeno nato come folkloristico e limitato solo ad una particolare area geografica degli Stati Uniti, incominciasse a divenire quel linguaggio noto oggi in ogni parte del mondo.
In conclusione ciò che di più caratterizzò il jazz delle origini fu la necessità di sopravvivere ed il conseguente incontro e scambio tra la cultura e la realtà africana e quella europea in terra americana. Il jazz, in tutte le sue componenti, fu espressione dunque degli emarginati, di chi doveva ogni giorno cercare e guadagnarsi il necessario per sopravvivere ed inventarsi una propria ragione per esistere all’interno della complessa, difficile realtà americana.
Rosamaria Fumarola
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