Cultura
5 maggio 2023, presentazione libro “Manuela Sáenz Aizpuru”
Il giorno 5 maggio 2023 alle ore 18,00 presso l’Associazione Culturale Enrico in Viale Opita Oppio, 24, sarà presentato il libro Manuela Sáenz Aizpuru della scrittrice Maddalena Celano.
Il giorno 5 maggio 2023 alle ore 18,00 presso l’Associazione Culturale Enrico in Viale Opita Oppio, 24, sarà presentato il libro Manuela Sáenz Aizpuru della scrittrice Maddalena Celano. L’incontro sarà introdotto da Fabio Massimo Vernillo (Democrazia Sovrana Popolare) e sarà moderato dalla Scrittrice Patrizia Boi. Interverranno con l’Autrice: Sonia Silvia Brito Sandoval, Ambasciatrice Boliviana a Roma, Teresa Susana Subieta Serrano, Ambasciatrice Boliviana presso la Santa Sede, Jury Cardenas, Rappresentante Movimento Migrantes per la Revolución Ciudadana e la Scrittrice e Poetessa Ecuadoriana Verónica Paredes, che effettuerà alcune letture tratte dal saggio in italiano e in lingua originale. In omaggio alla Bolivia verrà proiettato il trailer del Film Irregular di Fabrizio Catalano (che sarà presente all’incontro) e di Fatima Lazárte. Le due Ambasciate, il Movimento Internazionalista Bolivariano e la Asociación italo-boliviana de artes escénicas y producciones audiovisuales hanno patrocinato l’incontro.
Rammentiamo che Manuelita Sáenz era un’eroina ecuadoriana assai coraggiosa, celebre non solo per le sue imprese militari e di spionaggio, ma soprattutto per essere stata la compagna di Simón Bolívar, per otto anni, fino alla morte del Libertador.
Dal libro della Celano si evince che questa donna si dedicò alle donne Amerinde «annientate dalla schiavitù di una cultura patriarcale: il posto delle donne era a casa, madri, figlie, sorelle o mogli esemplari. Potevano affiancare i protagonisti della storia, ma erano tenute fuori dalla vita politica, completamente assenti da tutte le decisioni ed eventi che hanno segnato il Popolo!».
Come spiega in un monologo di Patrizia Boi a proposito della «religión civil bolivariana», la stessa Sáenz: «Ho vissuto i miei anni giovanili in una delle epoche più vivide della storia delle Americhe, quando il sogno di unificazione della grande Colombia – Ecuador, Colombia, Venezuela, Perù e Panama -, in un continente indipendente e libero mi faceva sentire viva, emancipata e necessaria alla comunità. Ho sposato profondamente l’idea di Bolívar della condivisione dei valori, di quei principi comuni che vanno oltre la diversità dei cittadini: «queríamos una patria enorme como una Gran Madre capaz de acoger las diversidades lingüísticas, étnicas, culturales y sexuales». Del bolivarismo amavo anche quella forma di spiritualismo incentrata sul Culto della Terra, sulla salvaguardia delle tradizioni indigene, sull’emancipazione femminile, su una visione del mondo ecologica ed ecocentrica».
La figura di questa donna è stata rivalutata solo recentemente come si vede dal discorso tenuto nel 2007 da Rafael Correa, Presidente dell’Ecuador, in occasione della cerimonia militare per il 185° anniversario della Battaglia di Pichincha, che sigillò l’indipendenza dell’Ecuador, con la quale rivaluta la figura politica e storica di Manuela Sáenz, discorso che viene riportato nel libro in lingua originale.
Raccontiamo il personaggio attraverso le parole della sua biografa italiana, Maddalena Celano, scrittrice, saggista e giornalista.
Si ricorda Manuelita come l’amante di Simón Bolívar, ma chi era veramente questa donna ancor prima che conoscesse il Libertador?
È descritta dagli storici contemporanei come una donna estremamente indipendente e con carattere forte. Figlia dello spagnolo Simón Sáenz e della creola María Aizpuru, è nota per il suo spirito ribelle. Appena diciottenne iniziò a militare attivamente per gli ideali indipendentisti facendo volantinaggio, raccogliendo beni e denari e creando una piccola rete di spionaggio. Ha aiutato uno dei suoi fratellastri a far carriera militare nell’esercito patriottico, ragione per cui si è avvicinata alla scena politica, molti anni prima di incontrare Bolívar. Grazie alla sua eccezionale dedizione, divenne “Cavaliera dell’Ordine del Sole”, insieme alle altre 111 donne decorate dal Libertador e Generale José de San Martín.
Che rapporti strinse a Lima la Señora De Thorne nella società peruviana governata dalla nobiltà spagnola?
Manuela visse sette anni a Lima, dove divenne membro della “Rete di guerra” di San Martín e Monteagudo: operava strategicamente creando svantaggi materiali all’avversario, attraverso sabotaggio, cospirazione e propaganda politica. Organizzò una vera e propria rete femminile dedita alla congiura e alla propaganda rivoluzionaria.
Quando e come conobbe il Libertador?
Manuelita face parte della Commissione addetta al ricevimento di Bolívar dopo la sua vittoria decisiva nella battaglia di Pichincha e coordinò le azioni di pulizia delle stanze che lo avrebbero accolto: ancora una volta un ruolo politico tradizionale, tipicamente femminile e “domestico”. Ma fu durante l’accoglienza che si verificò il fatidico incontro tra i due. Il 16 giugno del 1822, in mezzo a razzi, fuochi d’artificio e al suono delle campane, il Libertador entrò a Quito tra applausi e festeggiamenti. Dai balconi le giovani donne gettarono splendidi fiori sulla testa dei patrioti a cavallo. Tra loro c’era Manuelita che durante il ballo serale conobbe Bolívar e divenne sua amante e compagna fino al 1830.
Come trascorse i 26 anni dopo la morte di Simón ?
Bolívar morì disilluso e demoralizzato. I suoi ideali democratici furono abbandonati e rimase solo un disperato tentativo di mantenere e centralizzare il potere. Tra i suoi ultimi scritti restarono parole immortali come «chi serve una rivoluzione ara il mare». Manuela fu coinvolta nella politica di questo crollo dell’unione territoriale e dei valori progressisti. Fu doppiamente discriminata nello sforzo di conservare la forza politica nelle nuove repubbliche: era associata in modo schiacciante alla figura di Bolívar e, dopo la sua morte, lei divenne il fulcro dell’anti-bolivarismo, soprattutto a Bogotá. Fu espulsa dal Presidente Rocafuerte che la considerava una pericolosa sovversiva: l’azione politica femminile era ritenuta innaturale e destabilizzante. La fragilità muliebre la salvò, fu esiliata mentre i “nemici dello Stato” maschi venivano regolarmente uccisi: fu trattata con delicatezza a causa del suo sesso. Manuela Sáenz cercò di rimanere impegnata in politica, nonostante l’esilio, ma col tempo si radicò sempre più l’esclusione delle donne dalla sfera politica. Negare il contributo di donne come Manuelita è stato fondamentale per collegare il servizio militare alla cittadinanza maschile e quindi riaffermare i confini patriarcali.
Dov’era Paita, come si sentiva Manuela lontana da tutto?
Al di là del luogo comune sessista della sua caratterizzazione come amante di Bolívar, Manuela incarna la figura più completa dell’eroina: dionisiaca, mercuriale, tenace nel senso letterale del concetto. Nonostante l’immagine romantica che la lega al Libertador, Manuela Sáenz morì indigente, invalida e sola, sebbene abbia conservato fino alla fine la sua dignità. Alcuni storici identificano la fine della sua attività politica con la morte del suo amante. In realtà lei visse quasi trent’anni in più ma per i suoi biografi, questo periodo fu solo un tragico epilogo. Morì nel corso di un’epidemia di febbre gialla il 23 novembre 1856: il suo corpo fu gettato in una fossa comune, i suoi effetti personali bruciati per evitare il contagio. Almeno così si suppone: in realtà, i suoi resti non furono mai trovati. In questo momento i suoi presunti o simbolici resti mortali si trovano in Venezuela nel Pantheon Nazionale di Caracas, accanto a quelli del Libertador.
Quando e grazie a quale uomo la memoria di Manuelita fu riportata in luce?
Parte dei documenti di Manuela Sáenz si sono conservati grazie al Generale argentino Antonio de la Guerra che decise di salvare il baule dall’incendio della sua abitazione di Paita. In seguito, l’imprenditore e storico ecuadoriano Carlos Alvarez Saá, ritrovò misteriosamente il baule con tutta la documentazione