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Cultura

La terapia della lettura

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di SARA D’ANGELO

“Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia”

(Luis Sepùlveda)

Così lo scrittore cileno recentemente scomparso ha consegnato al mondo il suo dogma sull’arte di leggere.

Leggere è farmaco, leggere è terapia. L’appuntamento con un libro è tempo da non perdere, il nostro prezioso tempo affollato da un calendario fin troppo obeso di appuntamenti.

All’improvviso dentro un inverno che a nessun altro inverno assomiglia, appare uno straniero assassino venuto a portare dolore, sofferenza, morte. Una processione di giornate gemelle unite da un’inquietudine molesta, ostinata a restare. E allora il tempo si dilata, le lancette sempre più stanche improvvisano girotondi apatici, mettendo in scena uno spettacolo di lentezza. La clessidra s’inceppa, pare voglia fermarsi, una metamorfosi da sabbia fine a sassolini ingombranti. Immobili. La pioggia battente di un marzo imprevisto si mescola a gocce trasparenti di finta rugiada sul viso.
Pagine e pareti sono l’unica folla concessa in una quarantena. È inchiostro che salva, carta che cura, ogni copertina è eletta a riparo dalla calamità sinistra.

Leggere è scoprire un oltre distratto dai giorni veloci mai sazi di tempo, il tempo che manca non è mai stato assente, ma fiaccamente adagiato. Questo corridoio di ore sigillate costringe a mettere a riposo braccia e gambe, è necessario spostare e posare l’attenzione in un altrove sanificato da parole incontaminate. Un libro è l’ancora di salvezza dallo tsunami che ha rovesciato il mondo.
Ogni libro è un tesoro, ci trova ancora prima di essere cercato. Ha pazienza, sa che un giorno di un tempo correremo da lui.

Tutte in fila le copertine evocano un profumo di sapienza, sosta di ristoro di un viandante incredulo testimone delle insufficienze della vita.

Siamo tutti pellegrini in viaggio verso il santuario della conoscenza. Lettori e scrittori sono due vene di una sola arteria, perché uno scrittore che scrive è uno scrittore che legge, un amante di pagine prima di sposare la penna.


Il valore della lettura è autenticato da frasi indelebili ritenute testamento morale di penne eccelse.
“Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine.”

(Virginia Woolf)


“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito … perché la lettura è un’immortalità all’indietro”

(Umberto Eco)


“Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”

(Daniel Pennac)


“I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole”

(Luigi Pirandello)


«Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso».

(Marcel Proust)

Lo scrittore francese descrive nel suo lungo saggio la meravigliosa arte di leggere. È il 1905 quando Marcel Proust pubblica l’opera dal titolo “Sur la lecture”.

Nelle sue “giornate di lettura” Proust concede un luogo all’immaginazione che solo l’ingresso di un qualsiasi respiro estraneo può minacciare. La lettura è incantesimo, ricerca di spazio asociale, nicchia di privilegio per eletti in ascolto di sè.

Vita reale e vita spirituale sono sempre più vicine attraverso il collante della lettura, un balsamo di pagine come psicoterapia (Proust la considera un prodigio psicologico) in soccorso a sollevare l’anima in ginocchio, quando la volontà non basta a rialzarsi dall’iceberg abbattutosi sulla nave al centro della tempesta.

La lettura è un dialogo con un amico assente, il filo conduttore del rapporto è tenuto stretto dall’assenza di giudizio, non c’è timore di abbandono. L’atmosfera nata dal silenzio di lettore e lettura annulla ogni pericolo di un incidente causato da una parola fuori controllo, possibile sfregio della fedeltà del rapporto.

La tesi di Proust conferma la trasformazione del romanzo attraverso la complicità dell’immaginazione in fermento, la realtà della narrazione è modificata così come il cuore è in costante cambiamento.

Il “vigore intellettuale” di cui ogni lettore dispone non perde forza con l’isolamento della lettura, a differenza della conversazione che, distraendosi con la presenza di suoni e voci, indebolisce la fiamma dell’attenzione

Il punto che chiude l’opera dello scrittore apre alla virgola sensibile del lettore. Mentre l’autore “conclude” il lettore s’interroga. Da una parte e dall’altra domande e risposte si rincorrono ma il più delle volte rimangono deluse.

La lettura non penetra nello spirito se non è il riflesso di un desiderio di esperienza.

Sara D'Angelo, siciliana, appassionata di lettura e letteratura, è redattrice per diversi giornali on line con cui collabora con passione e dedizione.