Attualità
Il caro benzina è speculazione, non “colpa della guerra”
Non c’entra né la guerra né la pandemia: sono tutte tasse.
di Alessandro Andrea Argeri
Superati i 2 euro al litro, ma si prevede un ulteriore raddoppio dei prezzi. L’invasione dell’Ucraina c’entra poco con gli aumenti, poiché si parlava di incrementi dei costi già a settembre 2021. In Europa i carburanti costano quasi la metà rispetto a quanto paghiamo noi, poiché in Italia gli aumenti sono dovuti prevalentemente dalle accise: tasse speciali introdotte per fronteggiare determinate emergenze.
I prezzi record raggiunti dai listini dei carburanti hanno messo in ginocchio praticamente tutti: singoli cittadini, aziende, trasporti sia pubblici sia privati. Nel momento in cui ci sarebbe dovuta essere la tanto millantata “ripresa economica ad opera del Governo Draghi”, interi stabilimenti chiudono, i pescatori hanno spento i motori delle barche siccome produrre costa troppo, mentre le proteste dei trasportatori sono in rapido aumento quasi quanto il costo della benzina stessa. Dunque, da lunedì 14 marzo sciopero a oltranza, col rischio per i supermercati di ritrovarsi con gli scaffali vuoti, quindi il conseguente aumento dei beni alimentari, soprattutto di prima necessità (anche se lo sciopero, allo stato, è stato bocciato dall’apposita Commissione di garanzia). A quanto pare però per la nostra illuminata classe dirigente non è un problema se a breve non potremo né spostarci né cucinare pasta, dopotutto potremmo tranquillamente percorrere lunghi tragitti in bicicletta mentre nei pasti “mangiare brioche”. Almeno con questa visione trova una sua logica il bonus monopattino. Se non fossero ormai note le grandi, incredibili, lodevoli, strabilianti, fantasmagoriche facoltà intellettuali di chi dovrebbe avere determinate competenze, penseremmo sia stato tutto premeditato ad arte con largo anticipo. Quanta impareggiabile lungimiranza!
La colpa però non è solo dell’aumento del costo delle materie prime, fra le quali figura ovviamente il petrolio, ma anche di una serie di imposte aggiuntive, tra cui le accise, l’iva, i costi di trasporto, tutti determinanti sul prezzo finale.
Introdotte durante il ventennio fascista, le accise sono tasse “speciali” organizzate sotto forma di tributo indiretto imposto dallo Stato su un determinato prodotto di consumo. In Italia sono state inserite per fronteggiare varie emergenze, come la guerra in Abissinia del 1935 voluta da Mussolini, la crisi di Suez del 1956, il disastro della diga del Vajont del 1963, l’alluvione di Firenze del 1966, il terremoto in centro Italia del 2017. Giusto per citarne alcune, perché in realtà le voci sono molte di più, circa una ventina.
La dittatura fascista è caduta, l’impero d’Etiopia è scomparso, ai Savoia è subentrato mister “whatever it takes” per la “grande riforma economica di ripresa e resilienza”. Le accise invece sono ancora lì. Anzi, nel 1995 furono tutte accorpate, aggiustate, riordinate in un’unica imposta, così da eliminare ogni riferimento alle motivazioni originali. Secondo i dati dell’Agenzia delle accise, dogane e monopoli (Adm), su mille litri di benzina si pagano 728,30 euro di accise, mentre col gasolio “solo” 617,40 euro, 267,77 euro col Gpl, motivo per cui costano meno al distributore.
Per lo Stato le accise rappresentano un vantaggio. Non solo perché, nonostante siano “un’imposta indiretta”, costituiscono una fonte di approvvigionamento economico sicuro, costante, immediato poiché scatta nell’esatto momento in cui il carburante viene immesso nel circuito del consumo, ma sono anche sono uno strumento utile per qualsiasi governo per ritoccare il bilancio nel caso di eventuali perdite da colmare. Come riporta il Corriere della Sera, “tra il 1956 e il 1996, ovvero in 40 anni, sono state introdotte otto nuove accise, mentre altre dieci in soli dieci anni, tra il 2004 e il 2014”. https://www.corriere.it/economia/consumi/cards/accise-benzina-gasolio-ipotesi-taglio-cosa-sono-quanto-impattano-prezzo-finale/i-vantaggi-lo-stato.shtml.
Anche in Europa esistono tali imposte, tuttavia in Italia sono le più alte dopo il Belgio (787,73 euro per mille litri contro i nostri 728,4 euro), mentre per il diesel occupiamo il primo posto in classifica: “altro premio per la nostra fantastica nazione!” direbbero a primo impatto gli sportivi.
Ma allora, la guerra? In ragione della guerra un elemento di speculazione sicuramente si riscontra, tuttavia il carburante da noi utilizzato oggi è quello acquistato circa sei mesi fa, quando il costo del barile era irrisorio, poiché questi sono i tempi necessari per estrarre, selezionare, raffinare il petrolio greggio, il quale deve essere poi commercializzato, trasportato, organizzato in siti di stoccaggio. Su quei 2 euro al litro, il 22% è IVA e circa il 43% sono accise, quindi circa il 65% di quei 2 euro sono imposte, tuttavia le accise c’erano anche sei mesi fa. Nel 2008 il petrolio superava i 100 euro al barile, tuttavia il carburante non è andato oltre i 2 euro. Analogamente, due anni fa il petrolio arrivava sotto zero dollari, ma non c’è stata una diminuzione del carburante. Ulteriore prova di come l’aumento sia causato dalla speculazione dei petrolieri anziché dalla metafisica dei propagandisti. C’è tanta domanda, non c’è poca offerta. Semplicemente le multinazionali nel settore petrolifero hanno incrementato i costi con la scusa dell’aumento dei titoli finanziari, i quali basano il loro prezzo sulle quotazioni del petrolio, non sul valore del bene fisico.
Forse, se l’Eni fosse rimasta al 100% pubblica come prima di essere svenduta alla fine degli anni ’90, a quest’ora nessun cittadino italiano ci avrebbe rimesso, perché tutto il guadagno eccessivo ottenuto dall’ente di distribuzione sarebbe potuto essere rigirato ai clienti o ancor meglio sarebbe stato mantenuto il prezzo non speculativo. I gestori delle pompe di rifornimento chiedono di abbassare l’Iva dal 22 a 5%, la Lega insiste per tagliare le molte accise, vecchio cavallo di battaglia del leader del carroccio Matteo Salvini, il quale però, arrivato al governo nel 2018, se ne dimenticò misteriosamente assieme a tutte le altre belle proposte di risparmio, lavoro, stabilità. Chissà se con quarantanove milioni riusciremmo ad abbattere il prezzo…Per concludere: quella sul caro dei carburanti è una truffa ai danni dello Stato, legalizzata però dallo Stato stesso.
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