Mettiti in comunicazione con noi

Ambiente

Dal globale al locale: dal Cop 26 di Glasgow alle proposte pugliesi contro il surriscaldamento e la desertificazione.

Alla conferenza Cop 26 di Glasgow l’accordo per limitare le immissioni dei gas serra al fine di contrastare il surriscaldamento, sembra essere sempre più lontano. In Puglia, invece la lotta al cambiamento climatico e alla desertificazione causata dal disseccamento rapido dell’ulivo, si potrebbe attuare tramite un piano di rigenerazione territoriale, trasparente, inclusivo e partecipato.

nico catalano

Pubblicato

su

DI NICO CATALANO

Credit foto  Paolo Margari license CC BY-NC-ND 2.0

Mentre a Glasgow, alla conferenza COP 26 fervono in questi giorni, le trattative per raggiungere un difficile accordo globale, necessario a ridurre le immissioni dei gas serra, al fine di contrastare il surriscaldamento climatico e la desertificazione. In Puglia, la sfida al cambiamento del clima, legato al dissesto dei luoghi a causa dei comportamenti antropici non rispettosi dell’ambiente è appena iniziata. Specialmente nelle provincie meridionali, dove la desertificazione è diventato un fenomeno presente da diversi anni, i cui effetti nefasti, seppur sottaciuti dalla maggioranza della stampa nazionale, rischiano di trasformare irreversibilmente in un triste e grigio deserto, un comprensorio conosciuto in tutto il mondo per la sua straordinaria bellezza. Milioni di ettari di oliveto, disseccati per via del complesso del disseccamento rapido dell’ulivo, hanno trasformato campagne un tempo lussureggianti, in un paesaggio da inferno dantesco, con un danno paesaggistico, economico e sociale inestimabile e senza precedenti. Un territorio, quello salentino, in cui la cementificazione selvaggia causata dall’urbanizzazione senza regole e uno sviluppo turistico non sostenibile, assieme a secoli di monocoltura dell’olivo, negli ultimi decenni diventata intensiva e senza nessuna soluzione di discontinuità, hanno reso l’ambiente fragile dal punto di vista agroecologico. In questo territorio così “debilitato” quel batterio, figlio della globalizzazione, chiamato Xylella Fastidiosa, una volta giunto dal sud America, ha trovato il substrato ideale per adattarsi e proliferare a danno di milioni di Ulivi. Una tragedia ambientale che dal 2013, ha portato alla scomparsa di circa otto milioni di alberi, con la conseguente diminuzione della produzione di olio pari al 70% nelle provincie salentine, e la perdita di oltre trentamila posti di lavoro. Una sfida, quella dei pugliesi al disseccamento, che continua a distanza di anni, e il cui esito non sembra essere affatto scontato, con il rischio reale della diffusione della pandemia olivicola anche nel resto della Puglia. Oltre agli importanti aspetti economici, l’enorme numero di alberi in meno, rappresenta sia una gigantesca perdita di biodiversità, ma anche la principale causa dell’aumento del surriscaldamento, per via della capacità delle specie arboree di intervenire nella regolazione del clima, tramite gli scambi gassosi del processo fotosintetico. Una tropicalizzazione del già debole equilibrio climatico, palesata nelle ondate di caldo eccezionali verificatesi nelle ultime estati. Oggi la Puglia, necessita di un piano di ricostituzione territoriale che vada ben oltre l’emergenza olivicola in atto o più in generale dell’intero settore agricolo. Cominciando proprio dal Salento, va pensato, formulato e attuato un piano di rigenerazione ambientale, ecologico, economico, agricolo e sociale che ripensi ad un utilizzo sostenibile del territorio. A tal fine le varie istituzioni, devono trovare le risorse economiche, sia per mettere in atto le non più procrastinabili politiche di ricomposizione fondiaria, ma soprattutto per consentire ai proprietari sia grandi che piccoli, di rimuovere gli scheletri degli ulivi ormai disseccati, divenuti nel contempo sia ricettacoli di rifiuti di ogni genere che base di innesco di pericolosi incendi. La scorsa estate sulle pagine di alcuni quotidiani, due ricercatori: Angelo Salento dell’Università di Lecce e Daniele Morciano dell’Ateneo barese, evidenziarono l’importanza di un tale piano, e come questo dovrebbe essere partecipato e inclusivo, attraverso il coinvolgimento di istituzioni, associazioni territoriali, enti, soggetti pubblici e privati locali. Un programma d’azione che coniugando ambiente, paesaggio e società tramite la sostenibilità e l’innovazione prevista nella transazione ecologica dell’Unione Europea, possa intercettare e utilizzare in modo utile e trasparente le risorse previste dalla nuova programmazione UE e dal Piano nazionale di resistenza e resilienza. Occorre abbandonare la logica emergenziale e frammentaria che ha caratterizzato fino a ora gli interventi istituzionali e adottare un approccio partecipativo e di visione strategica sistemica. Una rigenerazione che, se costruita dal basso e in modo trasparente, potrebbe non solo ridare l’ossigeno ma addirittura far tornare a respirare aria di democrazia in tutta la Puglia.

RIPRODUZIONE RISERVATA © 

Agronomo, ricercatore ecologista, divulgatore e saggista