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Editoriale

Le ceneri di Berlusconi 

Da pochi giorni Berlusconi ci ha lasciato. Non vedremo più il suo volto sorridente salutare e fare promesse puntualmente disattese e ci accorgeremo che l’interesse pubblico non era mai stato una priorità di Silvio, che ha agito sempre da imprenditore volto a tutelare “la roba”, quella propria ovviamente.

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“Lo ha fatto per noi!” così come un mantra il comico Antonio Cornacchione parodiava la discesa in campo di Silvio Berlusconi, stigmatizzando una componente dell’agire di ciascuno di noi, ovvero il “cui prodest?” che non abbisogna di sofisticate speculazioni filosofiche per essere compreso. Tutti infatti sanno, scolarizzati o meno, che le nostre azioni hanno sempre una ragione e che questa è spesso una componente fondamentale per la valutazione dell’operato degli esseri umani. Affermare che Berlusconi fosse sceso nell’agone politico per realizzare il nostro bene come un eroe, un santo, capace di agire cioè prescindendo da qualsivoglia interesse proprio, era un’evidente iperbole, un espediente comico che tramite un paradosso intendeva sostenere l’esatto contrario. Berlusconi, ad onta di quanto in questi giorni abbiamo sentito e visto su tutte le reti televisive e letto su (quasi) tutti i giornali non conosceva infatti il concetto di santità e questo non per l’arcinoto interesse maniacale nei confronti del gentil sesso, quanto per un’idea malata di gestione delle proprie risorse, che avrebbero dovuto creare il fondamento di un principato nient’affatto moderno, visto che del principato esiste una sola declinazione, quella personalistica appunto.

Mister B. da pochi giorni ci ha lasciato. Dopo la commozione di una parte del paese che si diceva colpita nel profondo ed irrimediabilmente dalla sua perdita e come l’annunciata fine del mondo medievale nell’anno 1000, ci si guarda intorno e si fa la conta dei presunti danni. 

Non vedremo più il volto sorridente di B. salutare e fare promesse puntualmente disattese. Ci accorgeremo che l’interesse pubblico non era mai stato una priorità di Silvio, che ha agito sempre da imprenditore volto a tutelare “la roba”, quella propria ovviamente e che il suo programma politico, così scarno ed essenziale,  quel suo panem et circenses, era fatto per parlare alla pancia degli italiani, che hanno creduto ad una festa sempiterna, scevra da momenti di riflessione, una vita appiattita ad una sola dimensione che per questo non è più vita, ma una favoletta come quelle che si raccontano ai bambini, certi che ad essa crederanno. 

Come poteva infatti B. a cui sfuggiva il concetto di pubblico, avere un progetto degno di chiamarsi politico? Mai è stato sfiorato peraltro anche dall’idea di proporre cultura.  Politicamente raccoglieva le ceneri del partito socialista di Craxi, che formalmente si collocava a sinistra, ma che sostanzialmente gestiva la cosa pubblica come fosse privata. Berlusconi desiderava ereditare questa deriva individualistica del partito che era stato di Pertini, amplificandone gli aspetti deteriori.  Se “Mani Pulite” non avesse spazzato via quelli che da sempre erano stati i referenti politici dell’imprenditore, B. non sarebbe mai sceso in campo. Laddove tuttavia il progetto politico era deficitario ed inconsistente, le risorse economiche hanno dimostrato tutto il loro potere d’acquisto del consenso. Parte del paese ha voluto credere alle favole, sognando una ricchezza che B. poteva assicurare solo a sé ed alla sua (pur nutrita) corte.

Ho sempre pensato che ciò che andava detto sul signor B. bene lo esprimesse solo il comico sopra citato, che forse pochi ricordano e  davvero molto sottovalutato, il solo che sapeva far riflettere, ma anche ridere di B. Il vero problema è infatti essere capaci di vedere i limiti del potente e riderne. Solo questo gli restituisce una dimensione umana che per sua natura rifugge. Non so se B. abbia mai assistito ad un’esibizione di Cornacchione. È probabile che all’inizio la sua satira non lo spaventasse affatto. In seguito il comico fu come altri epurato. 

Io ho assistito, perché il suo è stato in parte il mio tempo, all’ascesa, la caduta e la riaffermazione di B. ai suoi processi, agli attacchi fondati di avversari e giornalisti, ma il solo capace di far fruttare la cosa di cui tutti disponiamo e cioè la capacità di sorridere anche delle storture e della bruttezza è stato Cornacchione. Siamo cittadini e molti di noi sudditi. Che ci si senta una cosa o l’altra porsi sullo stesso piano di B. è sempre stata impresa ardua. Come ho già sopra scritto, le sue risorse gli consentivano di costruire il consenso politico. È questa la ragione per la quale un paese civile non avrebbe dovuto permettergli la famosa “discesa in campo”. Capire chi era e saperne ridere è la sola strada che da cittadina, anche grazie a Cornacchione ho saputo percorrere.

Rosamaria Fumarola 

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano