Sanità
Salute mentale e Covid-19 durante e dopo la pandemia
di VINCENZA D’ONGHIA
La pandemia causata dall’infezione da SARS-CoV-2 rappresenta una situazione inedita, completamente diversa da qualsiasi altra emergenza che l’umanità ha dovuto affrontare.
Infatti, se le catastrofi naturali, pur drammatiche, rappresentano fenomeni circoscritti nel tempo e nello spazio e gli eventi bellici sono caratterizzati da precise connotazioni socio-politiche con un “nemico” ben identificabile, un’emergenza sanitaria dovuta ad un patogeno nuovo e dal comportamento imprevedibile, rappresenta invece un pericolo ubiquitario, insidioso, invisibile, da cui è difficile sfuggire e che ciascuno di noi può diffondere diventando l’involontario “nemico” di persone care e che popolano la nostra esistenza. Siamo quindi passati da una scarsa percezione del problema, visto come lontano e poco tangibile, ad un totale stravolgimento della nostra quotidianità, caratterizzato da un profondo senso di incertezza ed angoscia, cadutoci addosso come una valanga, nel caso dell’Italia, quel fatidico 21 febbraio con l’identificazione del “paziente 1” e il vertiginoso aumento dei casi nelle ore successive. È naturale, dunque, che i meccanismi psicologici di resilienza possono essere messi a dura prova in un contesto del genere con esacerbazioni di patologie psichiatriche o insorgenza di disturbi ex-novo in tutte le fasce d’età ed in tutti gli strati della popolazione generale.
In primo luogo, tra i pazienti “fragili” particolarmente a rischio nella pandemia da Covid-19, vanno considerati anche i pazienti psichiatrici che si sono trovati di fronte ad una serie di limitazioni che hanno interrotto il rapporto continuativo con il terapeuta, hanno determinato una meno efficiente modulazione della terapia e hanno messo in difficoltà il rapporto con il loro caregiver di riferimento. L’isolamento forzato ha inoltre bruscamente modificato le abitudini dei pazienti, compromettendone la vita sociale e, se a ciò si aggiunge che la fase più drammatica della pandemia si è verificata tra marzo e aprile, il quadro è diventato ancora più impegnativo per i pazienti affetti da sindromi depressive o disturbo bipolare, condizioni soggette a ciclicità stagionale. In molti centri c’è stata una tempestiva risposta al problema attraverso l’utilizzo della telemedicina, strumento che sembrava di impossibile applicazione in ambito psichiatrico e che invece sta dando risultati apprezzabili per non interrompere la continuità terapeutica. Molta attenzione deve essere riservata alla terapia farmacologica nei pazienti affetti da Covid-19 per le possibili interazioni con i presidi terapeutici necessari per curare l’infezione e il quadro clinico più o meno severo che ne consegue, in particolare riferimento ad ansiolitici ed antidepressivi.
Per quanto riguarda i pazienti non psichiatrici affetti da Covid-19, nel corso dell’infezione si sono verificati, in particolare negli anziani, molti casi di agitazione psicomotoria, stato confusionale e delirium. Quest’ultima manifestazione può essere legata allo stesso neurotropismo del virus, ormai sempre più costantemente osservato, e ad un eccesso di sedativi, immobilizzazione prolungata, ventilazione meccanica, dolore, ritenzione urinaria, la reazione infiammatoria massiva alla base delle forme più severe e la copresenza di insufficienza d’organo. Sono invece molto diffusi anche nelle forme più lievi i disturbi d’ansia e, soprattutto nella fase attuale, il disturbo post traumatico da stress.
Ma quale impatto ha avuto la pandemia sulla popolazione generale e per quale tipo di disturbi dovremo attenderci un aumento significativo di richieste d’aiuto? In primo luogo, consideriamo coloro su cui l’infezione ha avuto un impatto diretto o indiretto con la perdita di un congiunto i quali possono andare incontro a disturbi “da lutto complicato”, in particolare perché la Covid-19 ci ha messi di fronte ad un evento catastrofico per la nostra cultura, ossia la “morte senza dignità”, in solitudine, senza poter stare accanto ai propri cari fino alla fine ponendo in essere tutti quei meccanismi che rendono possibile l’elaborazione del lutto in altre circostanze. Grande attenzione deve essere posta poi alla fetta più ampia di popolazione, quella costretta all’isolamento forzato, caratterizzata da sentimenti di incertezza e timore per sé e per i propri cari. Infatti, la cosiddetta “Fase 1” ha visto susseguirsi una iniziale reazione di stordimento, una reazione “altruistica” e iperattiva e una successiva fase di identificazione come gruppo, mentre l’attuale “Fase 2”, appena iniziata, sembra piuttosto caratterizzata da sentimenti ambivalenti comprendenti rabbia, timore per il futuro e incertezza per gli ingenti problemi economici che deriveranno dall’emergenza. Questi ultimi aspetti rivestono un’enorme importanza in termini di aumento di richieste di aiuto nel prossimo futuro e del rischio di suicidio, eventualità che la cronaca ci ha già posto davanti in diverse occasioni dall’inizio dell’emergenza e che va evitata con qualsiasi mezzo, individuando tempestivamente i pazienti vulnerabili e monitorandoli con grande attenzione. Alcuni casi di suicidio si sono verificati tra il personale sanitario, colpito da sintomatologie stress-correlate e da fenomeni di burn-out. Spesso coloro su cui ricadeva la gestione dell’emergenza e la responsabilità dei malati, dopo un’iniziale fase “eroica” caratterizzata da un ingente dispiegamento di tutte le proprie energie con turni massacranti affrontati con abnegazione ed iperattività, sono successivamente andati incontro ad un crollo con malessere profondo. Sono stati messi appunto ambulatori dedicati per il supporto del personale sanitario impegnato in prima linea ma non sempre è stato possibile ottenere risultati soddisfacenti. In generale, in tutta la popolazione e tra il personale sanitario, è possibile osservare la comparsa o un’esacerbazione dei disturbi d’ansia con manifestazioni fisiche come gastrite, reflusso gastro-esofageo, diarrea, tachicardia, bruciore agli occhi, disturbi del sonno, irritabilità e mancanza di motivazione e concentrazione. Le misure restrittive e le limitazioni nei contatti sociali hanno determinato un aumento del consumo di alcol e del fumo e fenomeni di binge eating, iperalimentazione su base psicogena, con conseguenze negative sulle condizioni di salute che rendono più vulnerabili alle forme severe di Covid-19 e rischiano di modificare lo stile di vita in senso negativo. Somatizzazioni comprendenti cefalea e dolori addominali, associati a enuresi notturna, difficoltà a dormire e mangiare da soli, paure immotivate, rabbia e disturbi della concentrazione sono possibili anche in bambini ed adolescenti il cui ambiente e le cui abitudini sono state fortemente messi in crisi dalla pandemia e le cui famiglie devono essere aiutate ad affrontare le difficoltà che possono insorgere. Considerando infatti che la stragrande maggioranza delle patologie psichiatriche insorgono tra i 15 ed i 25 anni, grande collaborazione si deve instaurare tra il territorio, e quindi la medicina generale e la pediatria di base, i servizi di neuropsichiatria infantile e la famiglia per far sì che l’impatto dell’allontanamento dalla scuola, dallo sport, dalle altre attività ricreative e dal confronto con i coetanei, non comporti conseguenze a lungo termine.
La tutela della salute mentale durante e immediatamente dopo l’emergenza da Covid-19 rappresenta dunque una sfida importante e una priorità al fine di evitare il peggioramento nei pazienti affetti da patologie psichiatriche pregresse, e affrontare i quadri clinici che un evento così traumatico inevitabilmente ha causato e causerà in futuro. I nostri servizi psichiatrici hanno lavorato instancabilmente durante l’emergenza per pianificare strategie che permettano la continuità assistenziale in sicurezza ma il lavoro è solo agli inizi in quanto, proprio in questa fase di “riapertura” dovranno assicurare l’adeguato supporto e approntare strategie terapeutiche di fronte a manifestazioni conseguenza di una situazione mai sperimentata in precedenza.
Immagine I: Due operatori sanitari di un reparto Covid visibilmente provati durante un turno di lavoro.
Bibliografia
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