Sanità
Il Santa Maria della Scala di Siena e le radici dell’assistenza ospedaliera in Italia
di VINCENZA D’ONGHIA
I drammatici giorni che stiamo vivendo ci stanno mostrando le storie di medici, infermieri, operatori sanitari e volontari che, a costo della vita e della propria
salute, rimangono coraggiosamente accanto ai malati di Covid-19, rappresentando l’unico riferimento per questi pazienti cui è negato anche il conforto dei familiari, lontani per le rigide regole determinate dall’epidemia in corso o perché, in molti casi, essi stessi ammalati o in isolamento. La vocazione all’assistenza dei malati e dei bisognosi improntata al profondo rispetto della dignità umana e all’abnegazione disinteressata ha radici molto antiche nel nostro Paese e può essere esemplificata nella secolare storia dell’Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, tra i più antichi al mondo, una storia civile e sociale di difficoltà e bisogno, di assistenza e umanità, di Arte e Bellezza.
L’esistenza a Siena di un piccolo ricovero per pellegrini a lato del Duomo, gestito da religiosi, è documentata sin dal XI secolo. Secondo una leggenda rinascimentale, infatti, un personaggio di cui non è nota con esattezza la storicità, un umile ciabattino di nome Sorore, avrebbe fondato intorno al IX secolo una casa di accoglienza davanti al Duomo per ospitare orfani e pellegrini raccogliendo elemosine. L’idea sarebbe nata dall’interpretazione di un sogno della madre dell’uomo che, alla vigilia del parto, avrebbe visto in sonno una scala su cui si arrampicavano dei bambini accolti alla sommità dalla Vergine. Quel che resta di questa leggenda potrebbe trovarsi nel nome dell’istituzione, Santa Maria della Scala e nello stemma dell’Ospedale, una piccola scala sormontata da una croce, anche se è più probabile che essi derivino dal fatto che l’odierno edificio sede dell’istituzione, fondata più probabilmente nel XII secolo, si trovasse davanti alla scalinata del Duomo. La struttura nasce dunque come ricovero per viaggiatori e, soprattutto, pellegrini che si recavano dall’Europa Nord-Orientale a Roma attraverso la via Francigena, del cui passaggio beneficiava Siena.
L’istituzione diviene progressivamente laica e viene gestita da un’associazione di volontari interni ed esterni dediti all’accoglienza dei pellegrini, al soccorso dei poveri, alla tutela dei bambini abbandonati che venivano allevati da alcune balie e istruiti da insegnanti, e alla cura di malati e infermi. La comunità ospedaliera era guidata da un Rettore che abitava nel grazioso palazzotto adiacente all’ospedale ed era governata da uno Statuto. Ogni membro donava i propri beni all’istituzione, imitato da molti cittadini benestanti che sceglievano di compiere doverosi gesti di solidarietà nei confronti dell’Ospedale il quale, in breve tempo, divenne una potenza finanziaria con un patrimonio fondiario ed una gestione contabile interna. Dall’Ospedale dipendevano, inoltre, delle fattorie fortificate con annessi poderi in cui vigevano i medesimi principi di carità e che fornivano materie prime e prodotti agricoli all’istituzione. L’Ospedale diventa così un punto di riferimento per la comunità cittadina, soprattutto nel corso di pestilenze, carestie e guerre. All’inizio del Quattrocento il Rettore viene nominato dal Comune come carica pubblica esterna, pratica che verrà confermata anche dopo la metà del Cinquecento quando la Repubblica Senese cadrà sotto il dominio dei Medici. Nel XVIII secolo, Pietro Leopoldo Asburgo Lorena, Granduca di Toscana, destinerà tutti gli Ospedali del territorio a funzioni esclusivamente sanitarie e il Santa Maria della Scala si trasformerà così in un ospedale in senso moderno con medici e cure all’avanguardia per l’epoca. Nell’800 diventa Policlinico Universitario collegato alla secolare Scuola di Medicina dell’Ateneo Senese. Le esigenze logistiche della scienza medica contemporanea hanno imposto, a partire dal 1975, un progressivo trasferimento dei reparti ospedalieri nel moderno Policlinico Santa Maria alle Scotte, situato nell’immediata periferia della città, transizione completata intorno agli anni’90 del ‘900. Stesso destino hanno subito, nel corso del primo decennio del 2000, gli altri poli medici storici della città, l’Ospedale Sclavo, ex-sanatorio destinato alla cura delle patologie polmonari e l’Ospedale Pediatrico, situati nell’area di Porta Tufi, la clinica ostetrica e ginecologica Salus, presso Porta Laterina, e lo splendido complesso dell’Ospedale Psichiatrico S. Niccolò a Porta Romana, smantellato progressivamente in seguito alla Legge Basaglia. Dopo importanti lavori di riadattamento, il Santa Maria della Scala ha iniziato a vivere l’alba del terzo millennio come un polo museale che accoglie annualmente migliaia di visitatori ammaliati dall’incanto della città toscana e dalla sua avvincente storia.
Il potere economico dell’ “Ospedale Vecchio”, come lo chiamavano i Senesi, ha permesso a questa istituzione, soprattutto nei secoli a cavallo tra il Medioevo e l’Età Moderna, in cui la Toscana rappresentò il cuore pulsante dell’arte, di avvalersi dell’opera di grandi artisti del tempo quali Simone Martini, i fratelli Lorenzetti, Domenico di Bartolo, Domenico Beccafumi e il Vecchietta, che, oltre ad impreziosire gli ambienti affermando così il prestigio dell’Ospedale, ci hanno lasciato testimonianze concrete della vita quotidiana all’interno di esso e di quello spirito di abnegazione nell’assistenza ai meno fortunati che fa parte della nostra cultura anche oggi. Il luogo simbolo del Santa Maria della Scala è, in questo senso, il Pellegrinaio, il grande ambiente da sempre cuore della struttura, luogo di accoglienza e smistamento, i cui affreschi, realizzati dal Vecchietta, Priamo della Quercia e Domenico di Bartolo, alternano episodi storici e leggendari alla rappresentazione della cura dei bambini da parte delle balie, dell’elargizione di pane e vestiti ai poveri e dei pasti che per essi venivano approntati, della cura dei “figli dell’Ospedale”, i trovatelli educati e avviati ad una vita più che dignitosa, e della cura dei malati, in cui medici curano feriti e analizzano le urine, inservienti ascoltano i malati, i frati confessano i morenti, il tutto narrato ponendo l’accento sul grande rispetto per la dignità umana ed un modernissimo concetto di assistenza, segno dell’alto grado di civiltà della città toscana, dimostrato ancora oggi da un fiorente associazionismo e dalla grande partecipazione alle attività di volontariato.
Visitare il complesso di Santa Maria della Scala significa immergersi in un emozionante viaggio nella storia di Siena e d’Italia che dallo splendore degli affreschi rinascimentali conduce alla cupa atmosfera penitenziale dell’oratorio di Santa Caterina della Notte, in cui la mistica senese si riposava e pregava mentre assisteva gli appestati, o a quella macabra del “carnaio”, una delle fosse comuni sigillate con la calce destinate alle vittime di epidemie e pestilenze. Una grande storia, nel cuore dell’Italia, di arte, tradizioni, politica e assistenzialismo che rende queste mura ancora palpitanti della vita delle migliaia di persone che vi hanno sperato e sofferto nei secoli e uno di quei tesori nascosti del nostro Paese che ci aiutano sicuramente a comprendere meglio noi stessi e coloro che ci circondano.
Immagine I: Domenico di Bartolo- “La cura degli Infermi” (affresco)-Pellegrinaio dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, Siena
Bibliografia:
- Bichi Ruspoli I., L’Ospedale di Santa Maria della Scala. Guida alla visita, Betti Editrice, Siena 2015
- Torriti P., Tutta Siena. Contrada per contrada, Bonechi Edizioni- “Il Turismo”, Firenze 1988
- Sirigatti C., Città d’arte. Siena, Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A, Roma-Firenze 2011