Mettiti in comunicazione con noi

Cultura

Aggiungi un posto a tavola

Avatar photo

Pubblicato

su

di ANGELO GIANFRATE

La storia della cucina italiana ha subito l’influenza di tutti i popoli che, nel corso dei secoli, hanno lasciato il loro segno, non solo artistico e culturale ma anche gastronomico. Romani, greci, arabi sono solo alcuni dei popoli che hanno contribuito a creare una tradizione culinaria che dura ormai da secoli.

La tradizionale cucina italiana ha ricevuto apprezzamenti in tutto il mondo e i suoi prodotti di grande gusto e genuinità hanno riscosso diversi riconoscimenti. Gran parte dei prodotti italiani, infatti, possono vantare la certificazione DOCG (denominazione di origine controllata e garantita).

Filetto di maiale al vin cotto (secondo piatto)

(Il vino cotto è uno dei prodotti tipici delle Marche. Si tratta di mosto fatto bollire fino a ridurlo di 2/3, poi sottosposto a lentissima fermentazione. E’ alla base di molte preparazioni.)

Brevi cenni, l’origine

Il Vino Cotto delle Marche è un prodotto enologico tipico della Regione Marche. Si tratta di una bevanda liquorosa dal colore che varia dall’ambrato, al rubino, fino al granata; il suo profumo è fruttato e caratteristico, il sapore dolce e gradevole, con punte di acidità. Tipicamente il grado alcolico si aggira intorno al 14-15% ma vi sono Vini Cotti dal grado alcolico più elevato.

Il Vino Cotto marchigiano: un lungo percorso storico

Il Vino Cotto è una bevanda dalle radici antichissime ed è storicamente legato al territorio occupato anticamente dai Piceni. La prima testimonianza storica della produzione del vino cotto si ha nel 191 a.C., nella commedia “Pseudolus” dell’autore Greco Plauto, in cui il Vino Cotto viene citato come bevanda da servire nei migliori banchetti. Numerose altre testimonianze confermano il tramandarsi della produzione tradizionale del Vino Cotto nella regione Marche come bevanda tipicamente rurale e legata al mondo contadino. Nel passato, l’uso del Vino Cotto non si limitava all’aspetto culinario, ma aveva anche effetti medicamentosi: bevuto, sia caldo che a temperatura ambiente, era un toccasana per vari tipi di malanni, quali raffreddore, tosse, dolori articolari, male di gola. Era inoltre considerato benefico per regolare la circolazione sanguigna e, frizionato sul corpo dei neonati, si diceva fosse capace di rinforzare i muscoli, in particolare quelli delle gambe.

Il Vino Cotto marchigiano non è vino e non è nemmeno, come molti pensano, un vino che viene cotto, bollito o riscaldato. Si tratta di mosto cotto, fermentato e invecchiato (il vino, invece, si ottiene dalla fermentazione del mosto fresco); il suo processo di produzione nasce nell’antichità per ovviare al problema di ottenere una bevanda più corposa, più dolce, dal tasso alcolico più elevato e maggiormente adatta ad invecchiare del vino che si otteneva talvolta dalle uve di qualità più bassa provenienti da alcuni vitigni autoctoni marchigiani. Quella che segue è la descrizione del metodo tradizionale che ancora oggi viene seguito da chi produce il Vino Cotto nelle Marche secondo un processo tramandato di generazione in generazione.

Il metodo di lavorazione tradizionale del Vino Cotto marchigiano, di generazione in generazione

Effettuata la vendemmia, i grappoli vengono selezionati per la pigiatura e la pressatura dalle quali si produce il mosto. Una volta ottenuto il mosto, esso viene messo in un caldaio di rame, dove viene cotto a fuoco diretto e lento. La cottura, oltre ad eliminare i microrganismi presenti nelle uve scadenti, ha lo scopo di ridurre il volume del mosto, incrementare gli zuccheri e gli acidi e aumentare il contenuto alcolico. La riduzione del volume è detta “interzatura”, in quanto tradizionalmente il mosto viene ridotto di circa un terzo del suo volume iniziale. In realtà la riduzione può variare dal 20% al 50% del volume iniziale, in funzione della composizione dell’uva impiegata e della tipologia del vino cotto che si intende produrre (secco-dolce). Questa fase può durare dalle 10 alle 12 ore circa. Durante la cottura, alcuni usano aggiungere una mela cotogna per ogni quintale di mosto. La cottura determina la caramellizzazione dello zucchero che conferisce al Vino Cotto il suo tipico colore e sapore.

Una volta che il mosto ha raggiunto il volume desiderato, la cottura è completata. A questo punto, il mosto decantato, ma ancora caldo, viene travasato in botti di legno di castagno o rovere e viene lasciato ad invecchiare per un minimo di un anno (vi sono invecchiamenti che arrivano fino a 30-40 anni). Con la cottura vengono eliminati i lieviti presenti sulla buccia dell’uva, responsabili della fermentazione, e quindi della trasformazione di zucchero in alcol etilico. Senza lieviti, l’ulteriore fermentazione del mosto in botte avviene in modo lento e stentato, spesso producendo composti pericolosi ed illeciti da un punto di vista sanitario (acido acetico). Bisogna quindi aggiungere lieviti selezionati per accelerarne la fermentazione. Secondo il metodo tradizionale, questo effetto si ottiene aggiungendo una parte di mosto fresco.

Il Vino Cotto a tavola: gli abbinamenti migliori

Nel passato, il vino cotto veniva consumato principalmente come vino da tavola. Al giorno d’oggi, il Vino Cotto si consuma generalmente come bevanda da fine pasto, abbinato a prodotti dolciari tipici quali biscotti o pasticcini secchi e ciambelle o  castagne arrostite (in maniera simile al toscano Vin Santo). Se il Vino Cotto è particolarmente dolce e liquoroso, si può accompagnare anche a formaggi stagionati o dal sapore deciso. Vini cotti più secchi, aromatici e meno corposi si sposano bene anche a salumi e formaggi semi-stagionati o piccanti. Il Vino Cotto può anche essere accompagnato anche ad alcuni tipi di frutta come le pesche, ed è inoltre utilizzato in cucina sia nella preparazione di dolci tipici, tra cui biscotti o ciambelle al vino cotto – come quelli realizzati dal nostro partner Azienda Agricola Michele –, sia per insaporire piatti a base di carne.

Nelle Marche, il Vino Cotto viene vinificato soprattutto nelle province di Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Ancona (nella nostra zona vi consigliamo di contattare il nostro partner Caonà di Loro Piceno), distinguendosi profondamente da altri prodotti come il Vincotto pugliese  (ottenuto dalla lenta riduzione del mosto fresco, molto simile alla Sapa marchigiana). Come affermava lo scrittore e giornalista Mario Soldati nel suo “Vino al vino” (1971): “Di un bel colore rosso mattone a riflessi d’oro cupo, il sapore strano, affumicato e ruvido della sua moderata dolcezza corregge ed evita quella dolcezza vischiosa e a volte nauseante di tanti passiti e “marsalati”. C’é qualcosa di affascinante, di profondamente rustico e montano, nel vino cotto: o almeno in questo vino cotto”.

Ingredienti per 4 persone : 4 medaglioni di filetto di maiale di circa 200 gr. l’uno (potete sostituire anche con capocollo che è gustosissimo); alcune foglie di salvia; 100 gr. di farina; 2 rametti di rosmarino; 2 spicchi d’aglio; ½ bicchiere di vino cotto; ½ bicchiere di vino rosso; una noce di burro; olio extravergine di oliva; (se volte potete bardare il filetto con della pancetta stesa, ve ne serviranno almeno 12 fette, non nel caso usiate il capocollo che è già grasso e magro di suo)

Preparazione : Mondate i medaglioni di filetto, infarinateli e poi bardateli con la pancetta avendo cura di legarli con lo spago da cucina. In una padella scaldate l’olio con l’aglio e il rosmarino. Quando l’aglio è imbiondito eliminatelo assieme al rosmarino e aggiungete invece le foglie di salvia. Fate dorare i filetti bordati, poi abbassate la fiamma, sfumate con il vino rosso, fate tirare. Quando i filetti saranno quasi cotti, aggiungete il vin cotto. Fate andare per un paio di minuti la carne, toglietela dal tegame e ora mettete un po’ di farina e del burro per legare la salsa al vin cotto facendola tirare a fuoco vivace per circa i due terzi deò suo volume. Con questa salsa nappate i filetti che avrete liberato dagli spaghi. Servite.

Tempo stimato: 60’– Difficoltà: facile

L’abbinamento consigliato:

Qui si può optare per i due rossi principe: sia il Conero, meglio se riserva, che il Rosso Piceno. Ma volendo ci si può spingere anche al Nord delle Marche per scoprire il Sangiovese dei Colli pesaresi. E’ vino ampio di mammola e di marasca, che ha un tannino presente, ma ben levigato, sostenuto in acidità e dunque capace di contrastare la grassezza del filetto, ma perfettamente in armonia con la salsa al vino.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo