Società
L’inutile testamento biologico
di LAVINIA ORLANDO
“Com’è difficile vivere e morire in un Paese dove il Governo fa i miracoli e la Conferenza Episcopale fa le leggi”, scriveva Piergiorgio Welby nel suo libro “Lasciatemi morire”. E quanto aveva ragione!
In realtà, il nostro Paese dovrebbe essere laico, ossia non assumere come ufficiale alcuna religione- articolo 7 della Costituzione: ” Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”- e men che meno dovrebbe adeguarsi all’ordinamento ed ai principi della confessione religiosa prevalente, come accadeva, per esempio, in vigenza del vecchio Statuto Albertino del 1848, che si apriva con la solenne affermazione che “la Religione Cattolica è la sola religione dello Stato”.
Tuttavia, l’influenza vaticana si è sempre fatta sentire, condizionando le scelte legislative ed indirizzandole in maniera tale da non contravvenire ai dogmi cattolici, anche a costo di relegare l’Italia ai margini dell’evoluzione scientifica e culturale mondiale (vedi la legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita ed i matrimoni o le unioni civili tra persone dello stesso sesso, che in Italia continuano a non essere riconosciuti).
Non deve, dunque, sorprendere il contenuto del disegno di legge in discussione alla Camera sul testamento biologico. In realtà, sarebbe più logico definirlo come ddl “contra testamentum”, visto che il progetto prevede che:
alimentazione ed idratazione non possono essere sospese, perché considerate sostegno vitale e non terapie;
la Dichiarazione Anticipata di Trattamento (DAT)- ossia la dichiarazione che il soggetto prepara per esprimere il suo orientamento sui trattamenti sanitari che potrebbe subire se perdesse la capacità di intendere e di volere- non è vincolante, in quanto il medico non deve necessariamente seguirla, bensì valutarla in scienza e coscienza;
in caso di controversia tra medico e fiduciario del paziente (nominato col DAT), il primo si avvarrà del giudizio di un collegio medico, anche questo non vincolante.
È chiaro che, se la legge ritiene l’alimentazione e l’idratazione sostegno vitale, escludendo che le stesse possano essere oggetto di rinuncia da parte del dichiarante e lascia al medico libertà di attenersi o meno a quanto disposto nella DAT, il testamento biologico viene svuotato di qualsiasi valenza. Il progetto, lungi dall’assicurare un pieno riconoscimento del diritto all’autodeterminazione, mira a colmare il vuoto legislativo in materia, lo stesso vuoto che aveva consentito alla magistratura di autorizzare Beppino Englaro ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzata effettuato nei confronti della figlia Eluana da ben 17 anni, sulla base del duplice presupposto dell’assenza della benché minima possibilità di un qualche recupero della coscienza e della corrispondenza di tale istanza alla volontà della paziente. Ecco perché non è difficile ravvisare in questo progetto un ulteriore tassello dell’infinita guerra tra poteri che caratterizza così fortemente l’Italia in questa fase storica, una sorta di vendetta del Governo nei confronti di quella magistratura che prevalse nel caso Englaro.
Ancora una volta – è diventata oramai un’abitudine – il provvedimento è in palese violazione della Costituzione, nella fattispecie dell’art. 32, che tutela la salute, sia come fondamentale diritto dell’individuo, sia come interesse della collettività. E se la salute è un diritto, a ciascun individuo è conseguentemente riconosciuta la libertà di esprimere il proprio consenso rispetto a qualsivoglia trattamento sanitario debba essergli effettuato (comprese, a rigor di logica, alimentazione ed idratazione artificiali). Come visto, tuttavia, il progetto di legge rende monca tale possibilità e si presta, qualora fosse approvato in questi termini, a sicura censura da parte della Corte Costituzionale.
Inoltre, al di là del profilo giuridico, ci si domanda come possa lo Stato assicurare il pieno sviluppo della persona, se non lascia al singolo la possibilità di scegliere circa situazioni così sensibili, quali quelle del fine vita e dei trattamenti sanitari applicabili in questi casi.
“Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico.” (Dalla lettera di Piergiorgio Welby al Presidente Napolitano).