Cultura
Occhi di sabbia, il nuovo libro di Mario Gianfrate: una fine ed un inizio
di MICAELA RICCI
E’ da poco uscito il nuovo libro di Mario Gianfrate dal titolo “Occhi di sabbia” che ci offre un volto inedito dello scrittore pugliese.
Tutti, infatti, conosciamo la fama di storico dell’autore, collaboratore presso l’IPSAIC e in diverse riviste e quotidiani e, ancor di più, la sua seria ricerca storica che ha dato vita a opere di grande interesse quali Nel Regno del sud, dalla Monarchia alla Repubblica (2002), Neutralisti ed interventisti a Locorotondo nella Prima Guerra Mondiale (2005), L’altra guerra (2006), L’Elmo di Scipio(2009).
Ma quello che lo scrittore offre ai suoi lettori questa volta è un’opera differente, personale, che sembra riprodurre i palpiti e le emozioni che l’hanno generata.
“Occhi di sabbia” è un romanzo ma, nello stesso tempo, un legame indissolubile tra due storie che parlano di una fine e di un nuovo inizio, della morte e della speranza che non può mai venir meno, neanche nelle situazioni più disperate come quella della guerra. La prima storia è, secondo le parole dello stesso autore, “una storia d’amore breve ma intensa come una stella cadente nel cielo d’agosto” ed è appunto la passione adolescenziale per una ragazza di nome Valeria il fulcro di tutto il racconto. L’amore nasce sui banchi di scuola, è un sentimento fresco e totalizzante che, chiunque abbia vissuto quell’età delicata e violenta che è l’adolescenza, non può dire di non aver provato almeno una volta. Ma l’amore è anche un cammino che segue le stagioni, i ritmi scolastici, gli eventi storici e che diventa sempre più forte sotto i colpi del destino fino a sgretolarsi e distruggersi davanti all’ineluttabile, quel “capolinea” al quale non ci si può sottrarre, neanche volendolo. E allora gli anni si susseguono come “nuvole leggere spinte dall’impeto del vento” e l’assenza di senso sembra avvolgere la vita e la morte. L’impeto e lo slancio del sentimento si traducono sulla pagina in un linguaggio dall’afflato lirico, nell’alternarsi di frasi che si rincorrono e si riprendono in un gioco di anafore e di ripetizioni.
La speranza sembra essere definitivamente persa quando, con la seconda storia dal titolo “I giorni sospesi”, l’autore sembra riportarla alla luce in maniera del tutto inaspettata. E’ lo stesso Gianfrate a introdurre il significato del racconto: “Sembra un romanzo. Eppure è una storia vera. Una storia d’amore e di guerra” ed è ancora l’amore il protagonista incontrastato del racconto. Se nella prima parte del libro l’amore sfocia nel dolore e rappresenta la fine della vita, nella seconda parte l’amore tra Antonio e Maria deve vivere l’esperienza atroce della guerra, la prigionia, le lotte partigiane e la paura per poter trovare la sua espressione più vera, quella della condivisione e del ritrovamento. Il senso profondo di tutto il libro, allora, nasce dalla consapevolezza dell’inutilità dell’affaccendarsi umano ed è lo stesso scrittore ad esprimere apertamente questo concetto : “quando la morte alita il suo gelido fiato sul tuo collo…allora ti rendi conto del valore della vita per averla sprecata nella banalità, rincorrendo la felicità dietro l’effimero quotidiano”. Il ricongiungimento di Maria e Antonio attraverso la loro “storia di guerra” sembra ricollegarsi, su una linea immaginaria ed ideale, all’amore perso di “Occhi di sabbia” e risarcire quella perdita illuminando il buio della morte attraverso una luce di speranza. E la parola “cielo” con la quale si apre la prima parte, “come una stella cadente nel cielo d’agosto”, sugella l’intera opera, “una storia che è scritta nel cielo”, offrendo una dimensione dell’amore che riesce a travalicare i confini terreni in una dimensione atemporale ed eterna. Ed è proprio per questo afflato che ci trasporta verso il cielo che il libro di Gianfrate è un’ottima occasione per credere, in un tempo in cui di amore non ce n’è mai abbastanza, che i sentimenti possano davvero vincere su tutto…