31 Agosto 2025
Donne del Movimento 26 Luglio: protagoniste e architette della Rivoluzione cubana
Donne del Movimento 26 Luglio: protagoniste e architette della Rivoluzione cubana

Di Maddalena Celano
La Rivoluzione cubana, avviata con l’assalto alla caserma Moncada il 26 luglio 1953, non fu soltanto il frutto della strategia militare e politica di figure maschili come Fidel Castro o Ernesto Che Guevara. Fin dalle sue origini, essa vide una partecipazione femminile decisiva, capace di coniugare militanza armata, organizzazione clandestina, diplomazia culturale e trasformazione sociale. Le donne del Movimiento 26 de Julio (M-26-7) non si limitarono a sostenere la lotta: ne furono protagoniste a pieno titolo, ridefinendo i confini della leadership rivoluzionaria.
Tra le figure più emblematiche emergono Haydée Santamaría, Vilma Espín e Celia Sánchez, tre donne diverse per formazione e ruolo, ma accomunate dalla capacità di unire rigore politico, visione strategica e un profondo senso di cura collettiva.
**Haydée Santamaría: dal trauma alla diplomazia culturale**
Unica, insieme a Melba Hernández, a partecipare direttamente all’assalto al Moncada, Haydée Santamaría sopravvisse alla tortura e alla prigionia senza mai cedere alle pressioni del regime di Fulgencio Batista. La perdita del fratello Abel e del compagno Boris Luis Santa Coloma, entrambi barbaramente uccisi, avrebbe potuto annientarla; invece divenne la spinta per un impegno instancabile.
Dopo il 1959, Haydée fondò e diresse la Casa de las Américas, che trasformò in un polo culturale di respiro internazionale. Sotto la sua guida, la Casa ospitò intellettuali, artisti e attivisti di tutta l’America Latina, dell’Africa e dell’Asia, creando un laboratorio permanente di pensiero anticoloniale e antimperialista. La sua visione integrava la cultura come fronte strategico della rivoluzione, capace di legittimarla e di rafforzarne la proiezione internazionale.
**Vilma Espín: femminismo socialista e riforma sociale**
Ingegnere chimico e combattente nella guerriglia della Sierra Maestra, Vilma Espín incarnò la sintesi tra disciplina militante e sensibilità politica. Nel 1960, su incarico di Fidel Castro, unificò le organizzazioni femminili esistenti fondando la Federación de Mujeres Cubanas (FMC), di cui fu presidente fino alla morte.
Sotto la sua direzione, la FMC divenne uno strumento di emancipazione collettiva: partecipò alla Campagna di Alfabetizzazione del 1961, promosse l’ingresso delle donne nel lavoro produttivo, sostenne la riforma legislativa culminata nel Codice di Famiglia del 1975 e avviò politiche di salute e diritti riproduttivi. Espín concepiva il femminismo come parte integrante della lotta di classe e dell’internazionalismo socialista, stringendo legami con movimenti femminili in Africa, Asia e America Latina.
**Celia Sánchez: il potere silenzioso della logistica**
Figura di estrema fiducia di Fidel Castro, Celia Sánchez fu il perno logistico della rivoluzione. Coordinò le reti clandestine tra città e campagna, organizzò rifornimenti, nascondigli e trasporti, e custodì l’archivio storico della rivoluzione. Il suo lavoro, invisibile agli occhi del grande pubblico, fu essenziale per il successo della guerriglia e per la conservazione della memoria rivoluzionaria.
Sánchez incarnava un modello di leadership discreta ma influente, in cui l’autorità derivava dall’efficacia e dalla dedizione piuttosto che dalla visibilità pubblica.
**Un’eredità strategica e culturale**
Le donne del M-26-7 dimostrarono che la costruzione di un nuovo ordine sociale non si esaurisce nell’azione armata. Attraverso la cultura, la memoria, la legislazione e l’organizzazione popolare, contribuirono a dare forma a una rivoluzione radicata tanto nella giustizia sociale quanto nella trasformazione dei rapporti di genere.
Oggi, l’esperienza di Haydée Santamaría, Vilma Espín e Celia Sánchez continua a ispirare movimenti femministi e decoloniali in tutto il Sud globale. Il loro esempio conferma che il protagonismo femminile è un elemento imprescindibile nei processi di liberazione, e che l’affetto, la cura e la cultura possono essere potenti strumenti di sovversione politica.
**Conclusione**
In un contesto internazionale segnato da nuove forme di dominio, dalla crisi del multilateralismo e dalle persistenti disuguaglianze di genere, la lezione delle donne del Movimento 26 Luglio resta attuale. Esse ci ricordano che la rivoluzione è anche un atto di memoria, un’opera culturale e un processo di costruzione collettiva, in cui le donne non sono spettatrici ma architette della storia.
