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DATE UN PROCESSO A MARCO ACCETTI

La verità sulle vicende di Mirella ed Emanuela teoricamente è ancora possibile trovarla. Purtroppo si allontana sempre di più. Perché chi sa tace e chi non sa parla anche troppo. 

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Credit foto https://www.dire.it/22-11-2018/265612-mirella-gregori-emanuela-orlandi-unico-mistero-lungo-35-anni/

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

“Il mio regno per un cavallo” così recita la celebre frase coniata da Shakespeare. Una frase diventata di uso comune.

Abbiamo tutti dei desideri o delle necessità per cui saremmo disposti a dare “il nostro regno”.

Poi ci sono dei “desideri” particolari. Come quello di Marco Accetti che non vuole un cavallo come Riccardo III. Lui vuole essere processato.

In realtà lui è già stato processato e condannato per l’omicidio colposo di Jose Garramon.

Una vicenda con molti punti oscuri https://ilsud-est.it/attualita/inchiesta/2023/09/18/jose-garramon-e-luomo-fortunato/ .

Marco Accetti dal 2013 chiede di essere processato. Per aver partecipato al rapimento di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi. Con animo generoso, Accetti si autoaccusa anche di altro.

La magistratura non ha ritenuto di esercitare l’azione penale. Niente processo per Marco Accetti. Le sue dichiarazioni non hanno trovato riscontro.

Tranne in un caso. Già nel 2013 Accetti dichiara che la bara di Caterina Skerl era stata portata via nel 2005. Recenti verifiche hanno accertato che la bara è stata effettivamente portata via. Delitto commesso nel 2005, bara rubata, dichiarazioni del 2013. A distanza di otto anni. Il tempo ha la sua importanza.

Marco Accetti ha ragione. Dovrebbe essere processato. No, non è ironia. Accetti deve ripetere in un’aula di tribunale ciò che ripete da anni.

Soprattutto per un motivo. Per salvare la commissione d’inchiesta parlamentare sulla scomparsa di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi. Commissione che, onestamente, ha già scarse probabilità di accertare qualcosa di certo e dimostrabile. Troppi anni passati e troppi depistaggi.

Se la commissione venisse saturata dalle dichiarazioni e dalle perizie di Marco Accetti, le probabilità non sarebbero più scarse. Diventerebbero nulle.

La sede giusta per le dichiarazioni di Marco Accetti è la Corte d’assise.

Purtroppo difficilmente lo sarà.

Per due motivi. La riforma Cartabia e la prescrizione.

La riforma Cartabia impone un filtro severo durante l’udienza preliminare. Il Gup può rinviare a giudizio solo se ravvisa la “ragionevole previsione di condanna”. Un filtro estremamente selettivo come hanno sperimentato i famigliari di Nada Cella.

Le dichiarazioni di Marco Accetti possono portare ad una “ragionevole possibilità di condanna”? In realtà il concetto di ragionevole è difficile da inserire in certe dichiarazioni.

Ammesso che venga superato l’ostacolo della riforma Cartabia, resta quello più ostico.

La prescrizione. Mirella ed Emanuela sono scomparse nel 1983. Quarantuno anni. Ciò significa prescrizione su tutto. Tranne che su reati puniti con l’ergastolo. Più chiaramente omicidio con aggravanti o morte della persona rapita.

Accetti, però, non si è mai accusato di aver ucciso Emanuela e Mirella. Non ha mai ammesso di aver gestito lui la detenzione di Mirella ed Emanuela.

Nessuno può più essere processato per il rapimento di Mirella ed Emanuela. L’unico processo possibile è per omicidio. E servono prove che ad oggi non esistono.

Marco Accetti non è sprovveduto, sa benissimo che è tutto prescritto. Perché allora nonostante questa consapevolezza chiede un processo? Ad essere birichini si potrebbe pensare che proprio per questa consapevolezza chiede un processo che mai ci sarà.

Un non luogo a procedere per avvenuta prescrizione gli garantirebbe un posto nella storia senza rischiare nulla. Questo verrebbe da pensare ad essere maliziosi. È il caso di esserlo?

La commissione d’inchiesta parlamentare deve tener conto del rischio di essere strumentalizzata per creare verità artificiali non verificabili in tribunale.

La verità sulle vicende di Mirella ed Emanuela teoricamente è ancora possibile trovarla. Purtroppo si allontana sempre di più. Perché chi sa tace e chi non sa parla anche troppo. 

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