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16 Giugno 2025

Il Messico compie un passo storico: il popolo elegge i propri giudici

Spetta al popolo messicano — e forse a tutti i popoli — decidere quale giustizia vogliono costruire.

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Per Sheinbaum, il popolo messicano assume ora il compito storico di rifondare una giustizia onesta e popolare. Gobierno de México / X

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Un’elezione giudiziaria senza precedenti nel mondo

In un evento senza precedenti nella storia dell’America Latina — e senza paragoni al mondo — il Messico ha realizzato domenica scorsa, 1º giugno, la sua prima elezione diretta del Potere Giudiziario. Per la prima volta, una popolazione è stata chiamata a eleggere direttamente i membri di questo potere: ministri della Corte Suprema, magistrati e giudici. La presidente Claudia Sheinbaum ha salutato questo momento come un “successo completo”, nonostante la bassa partecipazione popolare — poco più del 13% degli elettori.

Quando la giustizia smette di essere un feudo dell’élite

Anche se i numeri sono modesti, la votazione rappresenta una rottura simbolica e politica di proporzioni profonde. In Messico, come in molti altri paesi dell’America Latina e del mondo, la giustizia è sempre stata un baluardo delle élite, protetta da meccanismi corporativi, pratiche nepotistiche e una logica di potere distante dalla vita del popolo — severa con i poveri, indulgente con le élite bianche. Basta guardare le prigioni del mondo: vi troviamo il ritratto delle ingiustizie strutturali. Rompere questo ciclo è, di per sé, un atto rivoluzionario.

Sheinbaum: “Il potere è del popolo, non di pochi”

Sheinbaum, prima donna a ricoprire la presidenza del Paese ed erede politica del progetto di López Obrador, ha affermato che l’elezione del potere giudiziario fa parte di un processo di ricostruzione democratica che mira a togliere il potere dalle mani di pochi per restituirlo al popolo. “Oggi, milioni hanno votato liberamente i nuovi custodi della giustizia”, ha dichiarato, ricordando che metà dei giudici era arrivata al potere per “legami di sangue” e non per merito o impegno verso la giustizia.

Giudici eletti senza partiti: una rottura storica

La critica all’eredità oligarchica della magistratura è legittima e urgente. Ma bisogna andare oltre il gesto simbolico e chiedersi: come garantire che gli eletti non diventino semplicemente nuovi volti al servizio degli interessi di sempre? Quale sarà il reale grado di indipendenza di questi giudici in un contesto ancora dominato da élite economiche? L’elezione popolare, da sola, non basta — bisogna radicalizzare la trasparenza, rafforzare il controllo popolare e democratizzare le strutture interne del potere giudiziario.

Va sottolineato che le candidature non sono state presentate dai partiti politici, rafforzando così il tentativo di rompere con la logica della cooptazione e della partigianeria. Tuttavia, è fondamentale conoscere in profondità i criteri di ammissibilità e di controllo post-elettorale. La vigilanza cittadina deve essere permanente: per evitare che questo momento storico venga catturato da nuove élite giuridiche o economiche, sarà il popolo stesso a dover difendere il proprio diritto alla giustizia con partecipazione attiva.

Il potere giudiziario sotto il controllo popolare?

Il Messico potrebbe tracciare un cammino audace per il continente: l’idea che anche il potere giudiziario debba sottostare alla sovranità popolare. In un’epoca in cui la giustizia viene spesso utilizzata come strumento di persecuzione contro i governi progressisti — come abbiamo visto in Brasile con l’operazione chiamata Lava Jato, o in Bolivia con la persecuzione di Evo Morales — l’esperienza messicana propone una svolta contro-egemonica: la giustizia non può essere un potere al di sopra della società.

“Fuori dalla legge, nulla; al di sopra della legge, nessuno”

Come ha affermato Sheinbaum, riecheggiando l’eredità del presidente indigeno Benito Juárez: “Fuori dalla legge, nulla; al di sopra della legge, nessuno”. Un vero Stato di diritto, quindi, richiede una giustizia che non sia un rifugio di privilegi, ma uno strumento popolare per garantire i diritti e la giustizia sociale. Oggi, anche in Argentina, Cristina Kirchner affronta una persecuzione giudiziaria simile — torneremo sul tema in un prossimo articolo.

Sfide e possibilità

Nonostante la bassa affluenza alle urne, la mobilitazione popolare in Messico è una realtà consolidata fin dai tempi del governo di Andrés Manuel López Obrador. La presidente Claudia Sheinbaum ha riconosciuto che questo tipo di elezione è ancora un’esperienza inedita per la maggior parte dei messicani, e ha affermato che, con il tempo, la popolazione imparerà a comprendere l’importanza di votare anche per il potere giudiziario. Si tratta di un processo in costruzione, che richiede pazienza storica, formazione politica e continuità.

Una rivoluzione silenziosa è già in atto

Ciò che è accaduto in Messico non può essere sottovalutato. In un contesto continentale segnato dall’avanzata dell’estrema destra e dalla cattura della giustizia da parte delle oligarchie, il popolo messicano ha osato toccare uno dei pilastri più intoccabili del potere.

Se l’esperienza avrà successo o meno, dipenderà dalla mobilitazione popolare, dalla vigilanza democratica e dal coraggio di approfondire quanto è stato appena iniziato. Ma una cosa è certa: la giustizia non è più un feudo immune alla sovranità del popolo.

Chi è il nuovo presidente indigeno della Corte Suprema?

In totale sono stati rinnovati 881 incarichi federali e 1.800 locali, tra cui nove ministri della SCJN (cinque donne e quattro uomini), che comporranno il massimo tribunale costituzionale. Va chiarito che, in Messico, i ministri si occupano esclusivamente di controversie costituzionali.

Un movimento indigeno che entra nella Corte Suprema

Hugo Aguilar, eletto presidente della SCJN con poco più di 6 milioni di voti, ha iniziato la sua campagna ad aprile con l’obiettivo di “portare i contributi del Messico profondo nel tribunale supremo”.

Con 35 anni di esperienza nella difesa dei diritti dei popoli indigeni e afro-messicani, Aguilar — avvocato di etnia mixteca, originaria del sud del Messico — è stato uno dei promotori della riforma dell’articolo 2 della Costituzione messicana, che riconosce i diritti della pluri-culturalità nel Paese.

“I popoli hanno proposto che è giunta l’ora di entrare nella Corte, occupare uno spazio e nutrire il dibattito nazionale con il pensiero e la visione dei popoli”, ha dichiarato tre settimane fa in un’intervista al media digitale messicano Pie de Página.

Sebbene alcuni media tradizionali abbiano messo in dubbio il suo impegno “autentico” verso le comunità indigene e afrodiscendenti, Aguilar ha criticato apertamente il sistema giudiziario messicano, denunciandone il disallineamento con i bisogni di una popolazione storicamente marginalizzata.

Nei suoi discorsi, ha accusato i cosiddetti “esperti di diritto” di servire “i poteri di fatto e gli interessi economici”, definendoli “un vero fardello per il Paese”.

O la giustizia cambia, o sarà il popolo a cambiarla

Oggi, la possibilità di trasformazione per i popoli indigeni e afro-messicani appare più concreta che mai. Tuttavia, è fondamentale ricordare che questo cambiamento non può dipendere solo dalla volontà giustizialista dell’avvocato mixteco Hugo Aguilar: deve essere sostenuto dalle masse organizzate che vedono in queste elezioni l’opportunità di decidere quale giustizia vogliono e di cui hanno bisogno.

Negli ultimi anni, il movimento indigeno e afro-messicano si è rafforzato come mai prima, e la coscienza collettiva sul valore di queste comunità cresce in tutta la società. Questo rappresenta una reale possibilità di resistenza contro il capitalismo vorace che devasta l’America Latina — e che minaccia anche altre parti del mondo. Anche se Aguilar non dovesse mantenere tutte le promesse, la coscienza popolare ormai risvegliata è, di per sé, una rivoluzione in corso. Spetta al popolo messicano — e forse a tutti i popoli — decidere quale giustizia vogliono costruire.