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14 Luglio 2025

Quando la sinistra resiste: segnali di una rinascita in mezzo all’ascesa dell’estrema destra

Perché un altro mondo è possibile. E oggi più che mai, necessario.

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Jeanette Jara (Foto: Prensa Latina) Jeanette Jara (Foto: Prensa Latina)

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

In un mondo travolto dall’ondata reazionaria dell’estrema destra — che avanza con razzismo, autoritarismo, negazionismo climatico e militarismo — emergono, seppur timidamente, segnali di resistenza e di rinascita della sinistra. Non si tratta di vittorie consolidate né di egemonie affermate, ma di crepe nel muro neoliberale che rivelano il potenziale di una nuova politicizzazione popolare, soprattutto tra i giovani e i lavoratori.

Cile: una comunista vince le primarie presidenziali

Domenica 29 giugno, il Cile ha vissuto uno di questi momenti promettenti. Jeannette Jara, ministra del Lavoro e militante del Partito Comunista, è stata scelta come candidata alla presidenza per la coalizione di sinistra che sostiene il governo di Gabriel Boric. La scelta è avvenuta attraverso primarie aperte, alle quali hanno potuto partecipare tutti gli elettori del Paese — ad eccezione degli iscritti ai partiti di destra.

Il risultato è stato emblematico: non hanno vinto i settori moderati, né il partito dell’attuale presidente, che ha ottenuto meno dell’8% dei voti. La vittoria di Jara rappresenta non solo il peso della sua traiettoria come difensora dei diritti del lavoro e della sicurezza sociale, ma anche un desiderio di radicalizzazione da parte della base popolare, stanca di concessioni e arretramenti. Il Cile — già laboratorio del neoliberismo — torna a indicare che la rottura è possibile.

New York: un socialista musulmano sfida l’impero

Dal Sud globale al cuore dell’impero: il 24 giugno, Zohran Kwame Mamdani, deputato statale di New York e membro dei Democratic Socialists of America (DSA), ha vinto le primarie democratiche per la carica di sindaco della città più simbolica degli Stati Uniti.

Mamdani, figlio di immigrati africani e musulmano praticante, propone un programma socialista democratico — soprannominato “Zohranomics” — che include: tassazione dei grandi patrimoni, trasporto pubblico gratuito, asili nido universali, congelamento degli affitti e fine dei sussidi ai miliardari. In un gesto di coraggio internazionalista, ha promesso che, se Benjamin Netanyahu metterà piede sul suolo statunitense, il suo governo municipale collaborerà con l’esecuzione del mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra a Gaza.

La sua vittoria non è solo elettorale: è simbolica. Un socialista razzializzato, musulmano e combattivo, che vince a New York, scuote la logica imperiale che considera il socialismo una minaccia e normalizza la disuguaglianza. Mamdani incarna la ribellione di una gioventù che non accetta più di sopravvivere in un sistema marcio, diseguale e violento — e che è pronta a lottare per il potere.

L’utopia ritrovata: un seme possibile

Per troppo tempo, la sinistra ha abbandonato l’utopia del socialismo. Si è adattata ai limiti della gestione del possibile. Si è allontanata dall’orizzonte della trasformazione profonda e ha perso il legame con i sogni collettivi. Ma le candidature di Jara e Mamdani dimostrano che la radicalizzazione è tornata nel dibattito, non come minaccia, ma come alternativa.

Due esempi, separati da lingua, continente e tradizione politica, ma uniti da un filo comune: rompono con il discorso della conciliazione e riaccendono nel popolo la voglia di fare politica. Che questi segnali si moltiplichino. Che ispirino una nuova generazione militante — critica, audace, internazionalista. Perché un altro mondo è possibile. E oggi più che mai, necessario.