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14 Aprile 2025

La fine del lavoro: una nuova classe usa e getta

È la costruzione di un nuovo ordine sociale basato sull’esclusione strutturale.
Un modello in cui milioni — forse miliardi — di persone vengono considerate inutili per il capitale.
Eccedenze permanenti.
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Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Seconda parte della serie “Il futuro è in disputa”

Stiamo vivendo la fine di un’epoca — e l’inizio di qualcosa di ancora indefinito, instabile, pericoloso.
Il lavoro, così come lo abbiamo conosciuto negli ultimi due secoli, viene smantellato. E con esso, crolla un intero sistema di diritti, legami sociali, identità collettive e dignità.
Ma la cosa più inquietante non è il cambiamento in sé — bensì il silenzio complice che lo accompagna.

Ciò che affrontiamo non è una nuova crisi economica né una semplice transizione tecnologica.
È la costruzione di un nuovo ordine sociale basato sull’esclusione strutturale.
Un modello in cui milioni — forse miliardi — di persone vengono considerate inutili per il capitale.
Eccedenze permanenti.
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L’algoritmo come padrone e giudice

L’automazione non sta solo trasformando il lavoro. Sta ridefinendo chi ha diritto di esistere socialmente.
Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), oltre 85 milioni di posti di lavoro scompariranno entro il 2025.
E i nuovi posti richiederanno altissime competenze tecniche — accessibili solo a una minoranza privilegiata.

Non si tratta quindi di una semplice sostituzione, ma di un processo brutale di esclusione di massa.
E questa nuova classe scartabile ha un volto: giovani, donne, persone nere, migranti, abitanti delle periferie.
Chi già era ai margini, ora viene definitivamente espulso.

Le statistiche del baratro

  • In America Latina, oltre il 60% delle donne lavoratrici è nell’informalità (CEPAL).
  • In Europa, il lavoro formale è sempre più precario: appalti, contratti temporanei, “lavoretti” a cottimo.
  • In Brasile, il lavoro su piattaforma esplode — senza diritti, senza sicurezza, senza futuro.
  • Crescono il lavoro intermittente, il “falso” autoimpiego, il capitalismo della sopravvivenza.

E anche le attività che sostengono la vita — cura, pulizia, alimentazione — vengono ignorate o sostituite da macchine, da app, da logiche di mercato inumane.
Ciò che non genera profitto viene cancellato.

Tre ritratti del presente distopico

Argentina (2023):
Il governo ha utilizzato l’intelligenza artificiale per analizzare le richieste di sussidi sociali. In pochi mesi, oltre 20.000 persone sono state escluse automaticamente per “incongruenze algoritmiche”. Nessun essere umano ha controllato.
Ha deciso l’algoritmo. Lo Stato ha delegato la cura alla macchina — e la macchina ha tagliato.

Brasile (San Paolo):
Piattaforme come iFood e Rappi sperimentano sistemi di punizione automatica per rider che “non performano” secondo criteri oscuri. Il lavoratore non sa perché è stato bloccato. Nessuna spiegazione, nessuna difesa. Solo esclusione.

Europa (Londra):
La metropolitana ha implementato sistemi di IA per monitorare i lavoratori in appalto. La “produttività” è aumentata — ma anche i casi di burnout, ansia e depressione.
Il nuovo capo è una macchina che non dorme mai e non perdona mai.

Il nuovo patto dell’esclusione

Il capitale ha già capito che non ha più bisogno di tutta l’umanità.
La logica del profitto oggi si alimenta di dati, attenzione, emozioni, sorveglianza.
Non serve più solo il lavoro vivo: serve trasformare l’intera vita umana in merce.

Questo nuovo modello:

  • Mercifica l’esperienza quotidiana.
  • Monetizza il comportamento umano.
  • Sostituisce lo stipendio con micropagamenti instabili.
  • Scambia i diritti con falsa “libertà di scelta”.
  • Costruisce un mondo in cui vive solo chi consuma — e consuma solo chi può pagare.

La domanda allora è inevitabile:
Se la maggioranza verrà esclusa dal lavoro e dal consumo… per chi verrà prodotto il profitto?
E la risposta è cruda:
Per nessuno.

Sta nascendo un capitalismo senza popolo.
Un sistema dove il capitale si moltiplica senza produzione reale, le élite si isolano dietro muri fisici e digitali, protette da IA, servite da pochi lavoratori precari.
E il resto?

Sorvegliato. Criminalizzato. Gettato nella barbarie.

Rifiutare è urgente. Immaginare è necessario.

Di fronte a questo scenario, non basta la denuncia.
Serve un progetto collettivo. Una contro-narrazione. Una nuova visione del mondo.
La sinistra deve riportare il lavoro al centro della proposta politica.
Non si tratta solo di difendere l’occupazione — ma di reinventare la vita.

Abbiamo bisogno di:

  • Rivendicare il tempo libero come diritto.
  • Riconoscere e valorizzare il lavoro invisibile, in particolare quello di cura.
  • Democratizzare la tecnologia, sottraendola al dominio delle grandi corporazioni.
  • Immaginare un modello in cui la dignità valga più della produttività.
  • E affermare con forza: non siamo usa e getta.

Questo testo è un allarme, sì — ma anche un rifiuto.
Un rifiuto della miseria programmata, della tirannia degli algoritmi, della necropolitica digitale.
E una chiamata alla lotta.

Perché il futuro è in disputa.
E noi non accetteremo che sia solo per pochi.

Referências e leituras recomendadas:

  • OIT – The Future of Jobs Report (2023)
  • CEPAL – Desigualdades de gênero no mercado de trabalho na América Latina
  • CLACSO – Plataformas digitais e trabalho informal na América Latina
  • Projeto Fairwork – Relatório Brasil 2023 sobre trabalho em plataformas
  • Franco, Tatiana – Trabalho digital e precarização: algoritmos, exclusão e resistência
  • Srnicek, Nick – Capitalismo de Plataforma (2016)
  • Dardot & Laval – A Nova Razão do Mundo: ensaio sobre a sociedade neoliberal (2016)
  • Documentary – Sorry We Missed You (Ken Loach, 2019)
  • Boitempo – Dossiê Trabalho e Algoritmos, Revista Margem Esquerda (2022)