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12 Maggio 2025

Nada Cella, lacrime e cuore per la verità

Belli e utili libri, convegni, servizi tv ma in Tribunale deve trovare voce la vittima.

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Credit foto https://liguriaoggi.it/2024/12/03/nada-cella-il-colpo-di-scena-nelle-telefonate-intercettate/

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Negli ultimi decenni in Italia è fortemente aumentato l’interesse per i cold case. “I casi freddi”.

Omicidi irrisolti.

Sono state create unità specializzate delle Forze dell’ordine. Soprattutto sono aumentati i prodotti editoriali dedicati a cold case. Libri, riviste, trasmissioni televisive.

Molti opinionisti. Più o meno qualificati.

Ai cold case sono state immediatamente associate le scienze criminalistiche. DNA, impronte digitali, medicina legale, ecc.

Le uniche ritenute idonee per risolvere casi “vecchi” di decenni.

In realtà non è esattamente così. Spesso i reperti non sono conservati nel modo migliore. Altre volte sono stati distrutti.

In più casi le scienze criminalistiche hanno fornito dati contrastanti. Non derimenti.

Per risolvere un cold case in realtà la scienza non basta.

Serve un meticoloso lavoro di ricostruzione. Della vittimologia, delle dinamiche. Dei luoghi.

Bisogna usare una “macchina del tempo”.

Una metodologia illustrata nella fortunata serie tv americana “Cold Case”.

Serve entrare in sintonia con la vittima. Percorrere i suoi passi.

Serve preparazione ma soprattutto determinazione e cuore.

Come nel caso dell’omicidio di Nada Cella.

Un cold case che è stato riaperto con un processo in corso di svolgimento.

Riapertura che parte da destini che si incrociano.

Quello di Antonella Delfino Pesce. Che viene definita criminologa. Nel suo caso un termine vago e riduttiva.

Biologa, una laurea in veterinaria, master in criminologia e tanto altro.

Figlia di Vittorio, medico specializzato in anatomia e istologia clinica. Antropologo. Viene ricordato per lo studio sulla Sindone e sull’uomo di Altamura. Scienziato di fama mondiale.

Noi vogliamo ricordarlo anche per la sua consulenza che rendeva giustizia a Palmina Martinelli.

Antonella Delfino Pesce si trova,  per caso, ad incrociare il proprio destino con quello di Nada Cella e di sua madre Silvana.

Mentre studia a Genova per il master in criminologia la Delfino Pesce viene a sapere del caso di Nada.

Inizialmente è un caso da studiare. In realtà cambierà la sua vita e non solo.

Riesce a conquistare la fiducia della madre di Nada. Non facile viste le tante delusioni passate. Si crea un legame.

L’indagine diventa apnea. Migliaia di fogli da leggere. Fogli che portano all’elemento cruciale per la riapertura. I famosi bottoni.

I tanti giorni passati tra Genova e Chiavari. Testimoni da cercare. Dinamiche da ricostruire.

L’azione solitaria di Antonella Delfino Pesce diventa azione corale con l’avvocato Sabrina Franzone, con gli investigatori e la Procura di Genova.

Non possiamo sapere quale esito darà il procedimento giudiziario. Sono passati molti anni. Ci sono molti indizi ma non “la pistola fumante”.

Il punto, però, non è questo. La vicenda di Nada Cella e le indagini difensive della sua famiglia lasciano preziosi insegnamenti.

Primo “i casi freddi” richiedono una grande partecipazione emotiva unita a minuziosa ricostruzione. Bisogna creare un idem sentire con la vittima.

Solo  con una forte determinazione è possibile individuare dettagli “seppelliti” dagli anni.

Rischiando anche in prima persona.

Secondo, l’obiettivo deve essere il processo. Belli e utili libri, convegni, servizi tv ma in Tribunale deve trovare voce la vittima.

Si muore quando il cuore smette di battere. Il freddo della morte, il freddo che blocca il cammino della verità può essere vinto solo dal cuore determinato nel cercare giustizia.

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