08 Settembre 2025
Phica.eu, revenge porn et similia: una intera società seduta dalla parte sbagliata

Di Rosamaria Fumarola
Se foto o video di te mentre nuda fai sesso col tuo compagno iniziano ad essere visionate da chiunque in rete e sui social senza il tuo permesso e dovunque tu vada decine di persone riconoscendoti, ti additano e ridono di te, abbiamo un problema, ma non è quello a cui tutti pensano o almeno non solo. In questi giorni molto si parla di siti che raccolgono immagini reali o ottenute con l’intelligenza artificiale, di donne ignare di far aver partecipato ad un infinito film porno. Tra i nomi molti anche quelli di donne note. La politica ha espresso la sua condanna, senza capire tuttavia davvero cosa stesse condannando. Pare autentico infatti solo il legittimo sdegno di chi guarda alla vicenda perché il suo privato è stato violato, cosa che non depone però per un’idea sana di società, perché non coltiva valori che difendono una dimensione pubblica del vivere civile, questa è però un’ altra storia. Torniamo invece ad osservare quanto emerge stia accadendo alle donne in rete ed a ricordare che il numero di quelle che scelgono la morte per non affrontare la gogna della condanna sociale, conseguenza ad esempio del revenge porn è sempre più alto. Converrebbe a questo punto in primo luogo interrogarsi sulle ragioni della condanna, se si concorda tutti sulla violazione del diritto alla privacy delle vittime. Perché è quantomeno strana, se non colpevole, una società che non ti lascia in pace dovunque tu vada, che non ti rispetta e ride della tua tragedia e che, come efficacemente si dice in Sicilia, ti tratta come se tu fossi “niente mischiato a niente”. Il corto circuito sta proprio in quella condanna generalizzata, in quel dito puntato da tutti che rende la vita impossibile e che confligge con la difesa delle vittime che davanti ad una telecamera in tanti fanno, ma che è evidentemente falsa se una maggioranza è in grado di perseguitarti in qualunque momento per un reato che non hai commesso. Esiste uno scollamento tra le tutele approntate dalla legge ed il sentire dell’ uomo e della donna della strada e questo da tanto, troppo tempo. La novità è che la rete ed i social non si collocano dal lato incolpevole della controversia, perché lucrano proprio sulle visualizzazioni di quelle intimità rubate. Tiziana Cantone era una giovane e bellissima donna che si era fidata della persona sbagliata. Il suo compagno la riprese più volte mentre avevano rapporti sessuali e condivise le immagini fino al punto che il viso della ragazza divenne un orrendo meme sulle t-shirt di tutta Italia e non solo e fino a che non ci fu più luogo in cui non fosse riconosciuta. La richiesta della ragazza di rimozione di tutte le immagini ed i video dai social resto` inevasa anzi, per uno strano scherzo del destino a Tiziana Facebook chiese un risarcimento di ventimila euro e fu persino indotta dal compagno ad assumersi la responsabilità della diffusione di quelle immagini, assunzione che però non convinse gli inquirenti e che perciò non fu accolta. Tiziana, non trovando una via di fuga a quanto le stava accadendo nel 2016 decise di concludere la sua vita a trent’anni. Ricordo ancora il garbo con cui sua madre, invitata a raccontare la vicenda nei programmi televisivi, fosse attenta a non inveire contro il responsabile della tragedia ed un’intera collettività che compatta aveva scelto di perseguitare sua figlia per colpe che non aveva. In questa vicenda hanno pagato solo Tiziana e la sua famiglia, che hanno sempre scelto di sedersi dalla parte giusta della società e della storia, anche quando tutte le altre sedie erano e sono rimaste vuote.
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