Economia & lavoro
Vittoria dei Sindacati, Macron fa un passo indietro
di FABRIZIO RESTA
Dopo la duecentesima manifestazione si è perso il conto
La Francia ha preso una posizione decisamente netta contro la riforma delle pensioni di Macron. Oltre a Parigi, ci sono stati cortei a Marsiglia, Rennes, Lione, Clermont-Ferrand, Tours, Perpignan, Saint-Nazaire, Besancon, Be’ziers, Nizza e in tante altre città. Mesi di lotta senza cedere di un passo.
La riforma Macron sulle pensioni voleva introdurre un sistema universale di pensione a punti comportando il venir meno di agevolazioni a molte categorie alzando la loro età pensionabile (ossia creare un’età di equilibrio a 64 anni per ottenere la pensione a tasso pieno), oltre a cambiare il modo in cui gli assegni sono calcolati: il governo puntava infatti a introdurre un sistema basato sugli effettivi contributi versati, mentre alcuni regimi vigenti permettono di calcolare la pensione sulla base degli anni di contribuzione in cui hanno versato di più. I francesi con i loro 42 regimi previdenziali, che consentono a un macchinista delle ferrovie di lasciare il lavoro a 50 anni, spendono il 14% del Pil e percepiscono una pensione di tutto rispetto: in media, 2.357 euro. La cosa ai cittadini francesi non è andata giù e gli scontri anche violenti si sono susseguiti: gillet gialli, sindacati e blackblok. A Parigi e a Nantes ci sono stati alcuni incidenti, vetrine staccate, lacrimogeni, repressione ma l’opinione pubblica ha sempre continuato a sostenere la protesta contro la riforma. Alla Fine Macron si è piegato. Certamente non poteva essere un dietrofront definitivo. Uno definitivo sarebbe un grave danno d’immagine. Quello parziale invece è servito per bloccare gli scontri. L’astuzia di Macron è stata quella di riuscire ad evadere il problema: rinuncia per il momento al punto più discusso (età d’equilibrio) ma chiede che i partner sociali partecipino ad una “conferenza sull’equilibrio e il finanziamento del sistema pensionistico. In pratica Macron ha scaricato la patata bollente ai sindacati che alla conferenza sul finanziamento delle pensioni che si apre a giorni, dovranno trovare un’altra soluzione entro fine aprile per evitare che nel futuro si possa applicare di nuovo la tanto temuta età di equilibrio. Per fare questo però bisogna trovare un modo per raggiungere l’equilibrio finanziario nel 2027. Non è proprio la cosa più semplice del mondo dato che la soluzione non dovrà comportare né tagli alle pensioni, per mantenere il potere d’acquisto dei pensionati, né aumenti del costo del lavoro affinché resti garantita la competitività dell’economia. La Cgt lo sa e per questo motivo non ha alcuna voglia di prestarsi al gioco e di abbandonare la lotta, a differenza degli altri sindacati disponibili a cercare una soluzione. Forse l’idea di Macron è proprio questa; ossia quella di spaccare il fronte della protesta.
Al di là delle furbizie politiche del premier francese, non si può negare che comunque la decisione di Macron è una grande vittoria per i sindacati. Una risposta netta a chi li ha sempre criticati; per carità alcune di queste critiche sono comprensibili e giustificabili ma spesso e volentieri svelano un’incomprensione della natura e del ruolo delle organizzazioni sindacali. Ne “La grande trasformazione” Karl Polany spiegava brevemente entrambe con una semplice frase: “quello di interferire sulle leggi dell’offerta e della domanda relativamente al lavoro umano e di togliere quest’ultimo dall’orbita del mercato”. In Francia lo si sta facendo. In Italia spesso le cose non funzionano come in Francia. Ad esempio Il governo Monti varò la riforma Fornero che ha via via allungato l’età pensionabile fino ai 67 anni senza alcun problema; poca efficienza da parte dei sindacati anche per ciò che concerne i provvedimenti del job act o con l’art. 18 ma senza cercare di essere evasivi o di scaricare le responsabilità che sicuramente i sindacati italiani hanno, bisognerebbe fare lo stesso paragone anche tra lavoratori francesi e italiani. Probabilmente le stesse mancanze che vengono attribuite ai sindacati italiani, potrebbero essere rivolte anche ai lavoratori, specie per ciò che concerne l’attivismo e la partecipazione. il rischio povertà per i pensionati in Francia è il più basso in Europa, a dimostrazione del fatto che il sistema, almeno da questo punto di vista, funziona. In Italia le cose sono molto diverse e lo sappiamo bene. Eppure la partecipazione dei lavoratori italiani non è neanche paragonabile a quella dei francesi. Basti pensare che Quello contro la riforma delle pensioni è per la Francia lo sciopero più lungo dal ’68. Un dato che fa riflettere. In definitiva, i meccanismi della rappresentanza sindacale possono funzionare più o meno bene, essere più o meno “democratici”, ma sono essi a fornire alcune delle risorse più importanti per la logica delle relazioni industriali, dalle possibilità di mediazione fra i diversi interessi rappresentati, al dovere di legittimare le scelte effettuate con il ricorso a criteri di equità. Sono risorse che la semplice regolazione attraverso il mercato non possiede e non attiva. Poi la differenza la fanno le persone.
Fonte foto: Europa Today