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Mario Zicchieri, morti troppo presto per una guerra finita troppo tardi
di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO
No, non si tratta di errore di battitura. Parlando della morte di Mario Zicchieri, bisogna usare il plurale.
Perché la sua è una morte simbolo. Simbolo di tutti i morti degli anni di piombo. Senza alcuna distinzione politica. Tanti sono morti, in quella che era una guerra civile. Una guerra nata dalla contestazione ad uno Stato, incapace di risolvere i tanti problemi italiani. Il Paese era stato ricostruito, ma le problematiche sociali, alla fine degli anni 60 erano tante. Crisi economica, poco lavoro, periferie abbandonate, un sistema sanitario disastroso, un sistema scolastico evidentemente classista, un sistema giudiziario ancora di impronta fascista. Le disuguaglianze sociali, sempre più marcate. Uno Stato che alle rivendicazioni sociali, rispondeva con misure repressive. Basta leggere Pasolini, Don Milani, Basaglia, Aldo Moro, per capire le problematiche. E poi la paura di una svolta autoritaria, come in Grecia e Cile. I giovani scelgono la via dell’impegno politico e della manifestazione in piazza, per cercare di cambiare le cose. Ma le manifestazioni, spesso, finiscono nel sangue. E molti giovani, sono delusi dai partiti tradizionali. Nascono i gruppi extraparlamentari a destra come a sinistra. Sopratutto nasce la convinzione, in alcuni, che solo la lotta armata può cambiare lo stato delle cose e garantire la necessaria difesa. Nascono le BR, i NAP, i NAR e via dicendo. Giovani prendono le armi, avendo come fonte di ispirazione, la lotta Partigiana, la guerriglia nel Sud America, la Repubblica Sociale Italiana. Inizia una lunga linea di sangue che si conclude alla fine degli anni 80. Con tante vittime innocenti e oscuri burattinai. Mario Zicchieri, è un ragazzo giovanissimo. Iscritto alla sezione del Msi, in Via Erasmo Gattamelata a Roma. Un ragazzo che decide di fare politica, niente di più normale. Ma è il 1975, ed essere iscritti al Msi, significa essere un bersaglio, come leggere l’Unità, come accadrà ad Ivo Zini nel 1978. Poi la sezione di Via Gattamelata è oggetto di continui attentati. Varie volte, la porta della sezione viene fatta saltare. Il 29 ottobre 1975, nel pomeriggio, sono in corso i lavori per riparare la porta della sezione. In strada alcuni militanti del Msi, tra cui Mario Zicchieri. Arriva una Fiat 128, scendono due uomini armati di fucile calibro 12. Sparano. Uccidono Mario Zicchieri e feriscono gravemente un altro ragazzo. Poi scappano. Mario Zicchieri non ha il tempo di morire, che altro sangue viene versato. Il 30 ottobre viene ucciso, per errore, Antonio Corrado, il vero obiettivo era un militate di Lotta Continua. Mario Zicchieri non ha avuto giustizia, come tante vittime di quella guerra. Ha senso ora cercare e processare gli assassini degli anni di piombo? Certo, la legge parla chiaro. Ma, ancora più importante, è capire perché una ragazza, un ragazzo, hanno deciso di uccidere. Capire quali motivazioni hanno spinto delle persone a bruciare la loro vita in carcere. Bisogna capirlo, perché è necessario preparare il vaccino. Per evitare la mutazione genetica di giuste istanze sociali in lotta armata. Bisogna parlare con le vittime e con i carnefici, bisogna far parlare le vittime e carnefici. Bisogna ritrovare la dimensione umana in fatti tanto drammatici. Oggi la violenza verbale è tornata protagonista nella politica. Ora è violenza verbale, ma senza vaccino, l’infezione è inevitabile.
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