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30 anni dalla morte di Senna e Ratzenberger. Chi è il vero responsabile?
A 30 anni di distanza dal terribile weekend di Imola, chi ha cambiato i regolamenti è davvero esente da responsabilità?
DI FABRIZIO RESTA
Credit video: umberto zapelloni e fommula uan – Credit foto: Free license
Sono passati trent’anni dal quel terribile week-end di Imola, passato alla storia come il peggior Gran Premio della storia, dove in tre giorni è successo e poteva succedere di tutto. Ad un certo punto non sembrava più una corsa automobilistica ma un bollettino di guerra e ad ogni giro ci si chiedeva se sarebbe successo qualcos’altro. Il problema è che quel qualcosa accadeva. Dalle sessioni di qualifica fino a 11 giri dalla fine del GP, non sembrava esserci requie. Dirà Ezio Zermiani, telecronista di quel Gp: “C’è proprio un’atmosfera da incubo. Non capisco che senso ha continuare questa gara”. Quando la gara è finita, in un’aria spettrale, probabilmente ogni operatore della F1, dai piloti ai meccanici, chiudendo le saracinesche ed asciugandosi le lacrime, ha tirato un sospiro di sollievo perchè quella stramaledettissima corsa era finita e non poteva più mietere vittime. Ora, a distanza di trent’anni, ora che non ci sono più dubbi perchè ci sono testimonianze, sentenze, prove audio e quant’altro, possiamo dire che Imola ’94 non è stata una serie di fatalità, non è stata una serie di sfortunate coincidenze ma l’inevitabile conseguenza di un sistema che non avrebbe mai potuto funzionare e che alla fine, ha presentato il conto macchiato di sangue. Possiamo dire anche che probabilmente i processi fatti non erano quelli da fare, per lo meno non solo quelli. Ci sono delle responsabilità morali e non solo, a cui probabilmente non è possibile attribuire una diretta responsabilità sulle vicende di quei giorni ma che indubbiamente hanno “preparato il terreno”. Questa è una storia di sangue, di lacrime ma anche di miracoli, perchè sebbene possa sembrare allucinante dirlo, senza un pizzico di fortuna, le vittime potevano essere maggiori. Questa è la storia dei tre giorni del Gran Premio di Imola del 1994.
Facciamo un piccolo salto indietro. Era la fine del Campionato del Mondo 1993 e la Williams di Alain Prost si impose dieci volte su sedici gran premi, aggiudicandosi il titolo. L’unico che riusciva a stargli dietro, neanche a dirlo, era Ayrton Senna con la sua Mclaren. All’inizio del Campionato 1994, Prost si era ritirato e al suo posto fu chiamato proprio l’arci-rivale Senna che, dato lo strapotere delle Williams era il super favorito. La Federazione, tuttavia, al fine di garantire maggiore spettacolarità alle corse e di conseguenza, ridurre l’egemonia della vettura inglese, decise di apportare delle modifiche al regolamento, spacciandole per variazioni fatte al fine di garantire la sicurezza, dato che le auto raggiungevano accellerazioni spaventose. A tale scopo vennero ridotti i pneumatici, vennero eliminati i controlli di trazione, i freni speciali ma soprattutto le tanto vituperate sospensioni attive, imputate principali dell’acquisita velocità delle monoposto. Le sospensioni attive avevano un dispositivo elettronico che si azionava per rimediare alle asperità dell’asfalto, garantendo in definitiva, una maggiore aderenza dei pneumatici. Il ragionamento deve essere stato molto simile a quello che si lasciano i buchi nel manto stradale del paese così le auto non possono sfrecciare a velocità pazzesche. A quali effetti portarono queste “riforme sulla sicurezza”? Intanto, per quanto riguarda le ruote più piccole, vari studi successivi dimostrarono che riducendo le ruote non si avevano efetti sulla riduzione della velocità. Per quanto riguarda invece l’eliminazione delle sospensioni attive, le monoposto presentate per il 1994 avevano un fondo rigido, che garantivano le stesse velocità dell’anno precedente ma con una componente importante di instabilità sulle asperità dell’asfalto, il cosìddetto “effetto salto”. Queste novità sul regolamento sono state fatte da persone che non si sono mai sedute su un’auto da corsa (lo dirà polemicamente Michele Alboreto) e senza un parere dei piloti che protestarono con Ayrton Senna in testa che all’inviato Rai dichiarò senza tanti giri di parole che “senza le sospensioni attive le autovetture diventavano più pericolose. Sono macchine molto veloci, sarà una stagione micidiale e sarà solo fortuna se qualcuno non si ammazzerà”. E’ una delle tante profezie che il brasiliano farà quest’anno, pagando purtroppo con la vita l’aver avuto ragione; e lo si vedrà subito a cominciare dai test pre-stagionali, quando il filandese Lehto, compagno di squadra di Michael Schumacher alla Benetton e il ferrarista Jean Alesi si rendono protagonisti di due incidenti. In più la Federazione rintrodusse i rifoirnimenti di benzina ai box, che erano stati sospesi, in quanto considerati pericolosi. Ora non erano più considerati tali ma i fatti di Imola e l’incidente di Verstappen, durante il Gp di Germania (successivo ad Imola) che durante il rifornimento, per via di un difetto del bocchettone, si vedrà avvolto da una gigantesca fiammata, dimostreranno quanto fosse una convinzione sbagliata. Verstappen per fortuna se la “cavò” con ustioni alle mani e al volto.
Ma torniamo a Imola. Mancavano dieci giorni al Gp di San Marino quando Ayrton Senna fece una sessione di prove con la sua Williams segnalando il pessimo stato della pista, soprattutto sulla curva Tamburello. Anche questa fu una profezia, prima di schiantarsi proprio su quella curva.
Con queste premesse, un po’ di tensione c’è già. Venerdì cominciarono le qualifiche. Un quarto d’ora dopo l’inizio della prima sessione, la Jordan di Rubens Barrichello, entrò ad oltre 200 km/h all’ingresso della Variante Bassa. Il brasiliano perse il controllo dell’auto, probabilmente dovuto al cedimento della sospensione posteriore sinistra, causato da un urto sul cordolo del giro precedente. La macchina sbandò e finì sul cordolo esterno che funse da trampolino, così la Jordan decollò letteralmente per infrangersi contro le gomme poste a protezione del muretto. La monoposto ritornò poi a terra di muso, ribaltandosi e fermandosi appoggiata sul fianco destro, letteralmente disintegrandosi. Si temette subito il peggio per il pilota. Mentre arrivava l’auto guidata da Mario Casoni con a bordo il dottor Sid Watkins, medico della F1, e l’anestetista Baccarini, si espose subito la bandiera rossa. Barrichello presentava dei tagli alla bocca, una frattura al setto nasale, una botta al braccio ed una costola incrinata ma recuperò conoscenza dopo 3-4 minuti. Ayrton Senna, accorso per l’amico, fu il primo che Rubens vide nonappena ripresi i sensi. Venne subito portato in ambulanza al centro medico del circuito e sottoposto ad una serie di analisi che fortunatamente diedero esito negativo. Il pilota venne trasportato in elicottero a Bologna ma le sue condizioni non destarono timori. Poco doo la ripresa delle qualifiche, la Larrousse di Beretta si schiantò piu o meno nello stesso punto del brasiliano ma anche in questo caso nessun danno grave. Ancora una volta la dea bendata è accorsa in aiuto dei piloti ma l’impressione è che si stia tirando troppo la corda. Senna ottiene la pole position ma quando viene intervistato dalla Rai, il suo volto tradisce la tensione per l’incidente dell’amico Rubens e già che c’è, non può denunciare ancora una volta, l’instabilità delle monoposto.
Il giorno dopo, durante le qualifiche del sabato, Roland Ratzenberger della Simtek-Ford cercava di evitare l’ultimo posto in griglia, quello che non darebbe diritto a prendere parte al gran premio ma durante il primo giro aveva toccato la Lotus di Johnny Herbert e nei successivi giri era uscito sull’erba all’altezza delle Acque Minerali. Era comunque riuscito a riprendere il controllo della macchina e a piazzarsi davanti a Paul Belmondo ma poteva fare meglio, lui se lo sentiva….e poi non era riuscito a qualificarsi nel primo Gp ed è arrivato ultimo nel secondo. A quei livelli, se non hai un Nome, rischi di essere già buttato fuori. Così, nell’ultimo tentativo a sua disposizione, spinse sull’accelleratore. Dopo aver superato la curva del Tamburello poteva spingere, perchè c’era un lungo rettilineo prima della curva Villeneuve. L’austriaco lo percorse ad oltre 300km/h ma un pezzo dell’alettone anteriore cedette, probabilmente per via del fuoripista precedente. Per le sollecitazioni il baffo dell’alettone si stacca e finisce sotto le ruote anteriori e la vettura diventa ingovernabile. La Simtek-Ford va diritto contro la barriera subendo una brusca decelerazione che parte dai vertiginosi 301 km/h iniziali, quindi compie sei testacoda infine si ferma distrutta in mezzo alla pista a circa duecento metri dal punto d’urto. La cella di sopravvivenza resse l’urto ma la decelerazione fu tale da far perdere immediatamente conoscenza al pilota, provocandogli una frattura della base cranica. Chi ha visto quella scena non può dimenticare la testa del pilota oscillare mollemente ed appoggiarsi ai bordi dell’abitacolo. Ovviamente subito bandiera rossa e gara sospesa. Sul posto si reca anche Senna che dopo aver capito la gravità dell’incidente si chiude in silenzio stampa. L’austriaco era privo di sensi e perdeva sangue dalla bocca e dal naso. Nonostante un tempestivo massaggio cardiaco e il trasferimento all’Ospedale Maggiore di Bologna, il pilota spirò pochi minuti dopo l’arrivo in ospedale per le conseguenze della frattura cranica e per la spina dorsale spezzata.Giancarlo Minardi, team manager dell’omonima scuderia, dopo Imola dichiarò che in quel Gp si è avuta la concretizzazione concentrata di tutte le paure che avevano precedentemente esternato più volte. Di pancia Alain Prost si scaglierà contro la Simtek di non essere all’altezza, denunciando l’età sempre più verde dei piloti ma il problema non era da ricercare nell’età dei piloti (e la morte di Senna lo testimonierà) ma da regolamenti che non consideravano la sicurezza dei piloti e da un circuito che non era certo il più sicuro del mondo. Per ciò che riguarda il circuito, infatti, quello di Imola era già da tempo teatro di spaventosi incidenti: Nel 1987, proprio alla curva Tamburello (dove perderà la vita Senna) il pilota brasiliano Nelson Piquet va a schiantarsi, per fortuna senza gravi conseguenze. Peggiore fu il caso di Gerard Berger che mentre era in quinta posizione, nello stesso punto, andò dritto a 250 km/h. La Ferrari prese fuoco e le immagini furono così drammatiche da far pensare che il pilota non ce l’avrebbe fatta. Per fortuna l’austriacò se la cavò anche grazie alla velocità di intervento dei soccoritori. La verità è che il tracciato non ha vie di fuga sufficienti, alla Variante bassa (quella in cui e’ andato a sbattere Barrichello) e alla Villeneuve ci sono sei sette metri di terreno erboso. Quando si esce di pista, l’ erba e’ micidiale perche’ molto scivolosa, la sabbia e’ quella che annulla meglio l’effetto velocita. Alboreto aveva esplicitamente indicato Imola, insieme a Silverstone e a Spa come i tre circuiti su cui non si dovrebbe correre. Anche nella storia del motomondiale si sono scritte pagine nere di cordoglio a Imola, soprattutto nella curva (dove è morto Ratzenberger) al punto che si pretese la cancellazione del circuito dal Mondiale.
Dopo la morte di Ratzenberger ci si sarebbe dovuti fermare. Invece si fece di tutto per continuare. L’autopsia svelerà in seguito l’ignobile farsa: Per le lesioni riportate Ratzenberger morì sul colpo ma se si fosse dichiarato morto in pista si sarebbe reso necessario la sospensione del gran premio con il sequestro probatorio della pista e conseguenziale annullamento della prova, come la legge italiana prevede in situazioni del genere. Così il pilota austriaco fu prima portato in Ospedale e solo successivamente dichiarato morto. Quel giorno ad Imola, gli spettatori paganti erano 100.000 con dei prezzi che andavano dalle 30.000 alle 380.000 Lire. Se la gara fosse stata annullata la Sagis avrebbe dovuto restituire i soldi e si sarebbe rivalsa nei confronti di Bernie Ecclestone, vicepresidente della FIA. Ora sembra più chiaro perchè il Gp andò avanti. Tuttavia, c’è di peggio, se possibile: mentre per la morte di Senna è stato fatto un processo, ma solo ai tecnici della Williams, per la morte dell’austriaco non ci fu nessun procedimento. Nonostante le varie denunce sull’instabilità delle monoposto e delle condizioni del circuito, nessuno pensò di verificare se ci fossero delle responsabilità da parte della Federazione.
Arrivò il giorno del Gran Premio con una tensione che si poteva tagliare con un coltello. Lo stesso Senna venina inquadrato poco prima della partenza con un’espressione davvero tirata e preoccupata. Qualcuno dirà che forse se lo sentiva che sarebbe successo qualcosa….e qualcosa in effetti succede subito: al via la Benetton di Letho rimase ferma sulla griglia di partenza e venne centrata dalla Lotus di Lamy. Macchine distrutte con una valanga di detriti, dei quali alcuni, volando a diversi metri di altezza, colpirono 9 spettatori. Uno di questi venne preso in pieno da una gomma di Lamy e finì in coma. I piloti però riuscirono ad uscire dagli abitacoli con le proprie gambe. Sembrava un circuito stregato ma non è ancora finita. Ore 14:17 Ayrton Senna, pluricampione del mondo, venerato come un Dio in F1 e certamente uno dei piloti più bravi tecnicamente della storia, affrontò la curva del Tamburello ma andò dritto a 312 km/h. Senna provò a frenare ma si schiantò contro le protezioni, rimbalzando di nuovo verso la pista, fino a che la macchina non si fermò. Il casco giallo del pilota non si mosse, se non minimamente per uno spasmo, poi più nulla: Senna non era cosciente e sanguinava sia dalla bocca che dal naso. Nessun tipo di risposta all’esame della pupilla, segno di un evidente trauma cranico e respirazione e battiti cardiaci al minimo. il casco ha un vistoso taglio proprio sopra la visiera. E’ successo che una sospensione staccatosi durante l’impatto, ha sfondato il casco e si è conficcato nel suo lobo frontale destro. Tralasciando altri dettagli da cine horror, Senna venne stabilizzato e trasportato in elicottero all’Ospedale Maggiore di Bologna. Mentre c’era questa frenesia per salvare la vita ad Ayrton, qualcuno ai box diede il via libera ad Erik Comas, che si era fermato per riparare l’alettone posteriore, di ritornare in pista. Ignaro di quello che era successo, per puro miracolo riuscì ad evitare i mezzi di soccorso fermi sulla pista. Sarebbe stata una strage. Alle ore 18:40 anche il cuore del brasiliano cessa di battere. E’ finita? macché. A 11 giri dalla fine Alboreto torna ai box ma alla ripartenza perse una gomma che rimbalzando attraversava la pista, rischiò di prendere in pieno Damon Hill, ma prima aveva investito 3 meccanici della Ferrari, 1 della Lotus e 1 della Benetton, per fortuna senza causare morti ma avrebbe potuto: pensate ad una gomma che viaggia a 200 km/h che colpisce una persona, pensate ai box ingolfati di mezzi di soccorso e barelle con le altre auto che avrebbero potuto rientrare ai box. I commissari però non interrompono la corsa che prosegue imperterrita nonostante la grossa situazione di pericolo. Per fortuna le tragedie finiscono qui. Così si chiude il più tragico Weekend di paura imolese. E’ vero che sul singolo incidente conta molto la sfortuna ma quando in tre giorni succedono tanti incidenti gravi la sfortuna è molto relativa. Ricordando Imola non si può parlare di fatalità ma della fortuna che ad un certo punto è finita, rilevando le contraddizioni e i limiti dei regolamenti e dei circuiti mondiali. Ci sono delle responsabilità che non sono mai state verificate: quelle della Federazione e della Sagis, la Società che gestisce il Gp di Imola. Anche se Senna è morto per la sospensione, certamente lo stato dell’asfalto e la mancanza di aderenza delle autovetture, più volte e fino alla fine denunciata da Senna e dagli altri piloti ha preparato il terreno per l’ultima uscita di scena del Dio delle corse ma anche per altri incidenti che si verificheranno durante l’anno anche se, fortunatamente, senza funeree conseguenze. Ad Imola 1994 va il “premio” di gara più nera della storia della F1 ma quell’anno ci furono altri gravi incidenti che dimostreranno l’inadeguatezza delle regole e dei circuiti internazionali. Due settimane dopo Imola, durante il Gp di Montecarlo, l’austriaco Wendlinger finì in testacoda all’uscita del tunnel, finendo sulle barriere messe sulle vie di fuga. Per lui trauma cranico e un mese di coma. Di Verstappen abbiamo già parlato ma per Max Mosley, patron della Fia i regolamenti andavano bene e a nessuno venne in mente di controllare se questi avessero avuto in qualche modo relazioni con i vari incidenti, troppi incidenti, che si sono verificati in tre giorni. Era tutto ok, si continuava. Come si suol dire The Show must go on….
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