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Società

Recuperare il valore d’uso degli oggetti anche a costo di diventare

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di MARIAPIA METALLO

Come afferma Bauman, “consumatori avariati”


Nei Manoscritti economico-filosofici , Karl Marx scriveva: Ogni uomo s’ingegna a procurare all’altro uomo un nuovo bisogno, per costringerlo a un nuovo sacrificio, per ridurlo a una nuova dipendenza e spingerlo a un nuovo modo di godimento e quindi di rovina economica».
E’ assolutamente necessario recuperare il valore d’uso degli oggetti, anche a costo di diventare – come spiega Bauman – dei “consumatori avariati”, esclusi dalla società dei consumi perché «non ragionano con la logica consumista del compralo, goditelo e buttalo via. […] La “sindrome consumista” è fatta tutta di velocità, eccesso e scarto
. Con l’acume che gli è consueto, Bauman scandaglia l’animo dell’uomo contemporaneo, cercando di cogliere le trame latenti e inconsce, individuali e soprattutto collettive, che muovono ormai e delineano la configurazione dell’uomo consumens, dell’uomo cioè che, non vivendo più per soddisfare le sue esigenze fondamentali, si fa prono ad esigenze di consumo fine a se stesso, autogratificante e alienante nello stesso tempo. Ciò che è cambiato il modello antropologico, che è passato, secondo Bauman, dalla dominante della «produzione» alla dominante del consumo, ovvero ad una ricerca ossessiva e compulsiva, attraverso i beni di consumo, di un continuo aggiornamento (quasi una rigenerazione) dell’identità, di nuove nascite, di nuovi inizi. Tale trasformazione antropologica che affida al consumo promesse di vita nuova e sogni di rigenerazione impone ovviamente una fuga incessante in avanti, con esiti permanentemente illusori; crea identità proiettate verso mode assunte come necessità sempre provvisorie. Si svela in fondo solo un agire come fuga dal proprio sé e come rimedio vacuo all’angoscia esistenziale; si svela ancora il paradosso della certezza liquida cui s’aggrappa l’uomo consumatore: ovvero la dimensione solo finita dell’esistenza umana e il completo oblìo di ogni dimensione altra della vita. Il modello del consumatore diventa sempre più modello antropologico globale, modello di vita e di filosofia implicita. Una nuova disperazione, quella che nasce dall’imperativo compralo, godilo, buttalo via, sostituisce quella del lavora, consuma, crepa dei vecchi cortei operai. Se, poi, i bisogni non devono mai avere fine e ad essi è appesa la continua ricreazione della propria identità, il nuovo modello antropologico impone nuove strategie di sopravvivenza. Ci si dovrà soprattutto difendere da quelle divoranti e indesiderate informazioni che nutrono la moderna cultura liquida, che sostituiscono l’imparare con il dimenticare, che fanno viaggiare in direzioni opposte politica reale e politica virtuale, che annullano ogni differenza tra realtà e apparenza. La naturalizzazione delle crescenti e inique ingiustizie sociali, pensate del tutto logiche e funzionali al benessere dei pochi, ne è la fatale conseguenza. Se attorno alle isole agiate, naufraga la marea dei poveri, non ha alcuna importanza I consumatori sono gli onesti membri della società, non chiedono né si aspettano nulla dai poveri. I poveri sono del tutto inutili e nessuno ha bisogno di loro e poiché i poveri sono indesiderati e indesiderabili, possono essere abbandonati senza rimorsi. Colpevoli d’esistere, non hanno valore neanche come consumatori; non ci si concede neppure al pensiero di una provvisoria anomalia, come pure avveniva per la disoccupazione una volta.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo