Esteri
Il Vaticano non è arruolabile nelle politiche imperialiste dell’Occidente
Gli Stati Uniti non hanno mai compreso appieno la posizione e il ruolo che il Vaticano ha nel mondo sia all’interno della società occidentale che nei rapporti con le altre religioni, gli altri popoli e gli altri sistemi politici.
Di Fulvio Rapanà
Gli Stati Uniti non hanno mai compreso appieno la posizione e il ruolo che il Vaticano ha nel mondo sia all’interno della società occidentale che nei rapporti con le altre religioni, gli altri popoli e gli altri sistemi politici. Si racconta dell’incredulità di J. F. Kennedy quando seppe che Papa Giovanni aveva ricevuto senza alcuna esitazione la figlia di Krushov in udienza privata in Vaticano. Sulla questione Ucraina Bergoglio, che è stato accusato di “reticenza” non avendo mai condannato chiaramente la Russia e Putin, è più volte intervenuto con dichiarazioni che inchiodano l’occidente alle loro responsabilità: “la guerra non è un film di cowboy dove ci sono buoni e cattivi e qui non siamo in presenza di una guerra fra Russia e Ucraina ma di una guerra mondiale” e ancora “valutando a pieno tutto ciò che è successo e le implicazioni internazionali che sono subentrate nella questione specifica vedo solo imperialismi in conflitto”. Secondo molti vaticanisti Bergoglio è stato condizionato dalla posizione di Angela Merkel che mesi prima dello scoppio della guerra avrebbe confidato a Parolin, Segretario di Stato Vaticano, “la NATO a trazione Usa si sta muovendo abbaiando alle porte della Russia e questo potrebbe portare alla guerra”. La Merkel si era impegnata con gli accordi di Minsk 1 e 2 per evitare una guerra in quanto capiva perfettamente che Usa e GB la fomentavano per colpire la Germania. E così è stato.
Per quanto riguarda il “gelo” nei rapporti fra Vaticano e amministrazione Trump non c’è da sorprendersi che i modi rozzi e bullistici di Trump non siano compatibili con il modo di fare politica e trattare i rapporti del Vaticano. Il disappunto di Trump per il mancato arruolamento “in cavalleria” del Vaticano nella crociata anti-cinese lanciata dall’amministrazione USA, e la mancata udienza concessa al Segretario di Stato Pompeo nel 2020 hanno molto irritato Trump che considera il Vaticano come una pedina da utilizzare a “gettone”. Gli Usa, senza distinzioni fra amministrazioni democratiche e repubblicane essendo la stessa cosa, sono delusi dell’evidenza che il Vaticano “non si è pienamente inserito” nella disputa imperialista che la oppone a Russia e Cina e porti avanti una autonoma posizione di “neutralità attiva”. D’altronde Biden e Tump sono a capo di una democrazia imperialista, vanno a giudizio ogni 4 anni e ci rimangono al massimo per 8 anni . Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio sono a capo di una teocrazia e operano, con tempi, modalità e finalità che non sono quelli delle democrazie o delle tecnocrazie, con l’unico scopo di realizzare la missione di una chiesa pienamente “universale” con al centro l’”uomo”.
La Chiesa cattolica nei secoli ha operato sui diversi fronti sia dello sviluppo delle società civili come nelle fasi di conflitto. Una Chiesa che a secondo delle evenienze è stata neutralista,pacifista, anche interventista, ma sforzandosi sempre di essere una forza super partes di mediazione e di conciliazione . Per stare alla storia d’Italia anche in presenza della denuncia di “inutile strage” fatta da Benedetto XV nel 1917 ai belligeranti, dopo la disfatta di Caporetto, la Chiesa italiana partecipò attivamente alla mobilitazione generale sostenendo lo sforzo bellico con iniziative sociali e morali, non militari o politiche, la cui importanza venne riconosciuta anche da partiti e organizzazioni ostili alla Chiesa. Si parlò per la prima volta di “patriottismo cattolico” e aprì la strada al loro ingresso nella politica nazionale dopo la fine della guerra. Per venire all’attualità il Vaticano ha una posizione ben definita a riguardo la guerra Russo-Ucraina che considera una guerra mondiale dove i due stati sono quelli che ci mettono i soldati, il territorio e le armi; dietro l’Ucraina c’è tutto il blocco occidentale più altri volenterosi, dietro la Russia ci sono tutti gli altri Cina in testa. L’Asia, e la Cina in particolare, rappresentano per la Chiesa Cattolica uno sterminato terreno di evangelizzazione dove sono presenti circa 50 milioni di cattolici oltre a 80 milioni di protestanti su 6 miliardi di abitanti,. Un “mercato” troppo rilevante anche in relazione alla forte urbanizzazione ancora in corso, che generando una migliore scolarizzazione, favorisce, nelle nuove generazioni, sensibilità diverse, anche religiose. L’attenzione del Vaticano verso la Cina risale a Wojtyla. In un congresso del 1982 su Matteo Ricci,gesuita, che sul finire del XVI secolo fu inviato insieme ad altri prelati in avanscoperta in Cina, in Corea e Giappone, Giovanni Paolo II pose l’accento “sulla necessità di portare in quelle terre la parola e la testimonianza della fede in Cristo”. Prima evangelizzazione che finì malissimo in Giappone, dove i gesuiti furono tutti uccisi, molto meglio in Corea e Cina dove continuarono ad operare anche in buoni rapporti con la Corte Imperiale. Ratzinger con una lettera del 27 maggio 2007 inviata ai cattolici cinesi esprimeva “il sincero auspicio di poter giungere ad un accordo con le autorità del governo cinese sulla nomina dei vescovi, per una autentica libertà religiosa e sulla normalizzazione dei rapporti diplomatici”. Ambedue i papi erano desiderosi di mettere piede ufficialmente in quello sterminato territorio da “posizioni euroatlantiche”. Bergoglio ha aggiornato quella posizione con un approccio, precisato da Parolin, “meno eurocentrico con uno sguardo multilaterale rispetto ai problemi internazionali” . La Cina è una potenza imperialista che ha lanciato la competizione strategica agli USA e all’Europa ma con la quale, secondo il Vaticano, si dovrà necessariamente “dialogare”, arte oramai divenuta rara, nella quale certamente il vaticano non ha rivali. Da tempo, in modo come sempre discreto e rispettoso delle prerogative di quel mondo, il Vaticano porta avanti una trattativa, che per voce del Cardinale Parolin, potrebbe avere “sviluppi importanti” pur precisando che l’oggettiva complessità richiede “tempo e pazienza” in un contesto di un “sano realismo” invocato da Bergoglio.
Attualmente in Cina vi è una chiesa cattolica divisa fra quella “ufficiale” riconosciuta da Pechino come “Associazione patriottica” che rispetta le leggi del governo comunista di Pechino e una “clandestina” che pur non operando in opposizione al regime vive in autonomia rispetto a questo. La via intrapresa dal Vaticano nei rapporti con il governo cinese si basa su un “reciproco rispetto” con la premessa che la chiesa cattolica non si oppone al governo, che con un concreto realismo, viene ritenuto dal Vaticano un interlocutore “credibile e duraturo”. D’altronde questo atteggiamento di reciproca tolleranza già esiste e il Vaticano, e probabilmente anche il governo cinese, è desideroso di sancirlo con un primo accordo che apre la via a rapporti ufficiali. L’attuale dirigenza cinese, molto diversa dai quadri maoisti o della rivoluzione culturale, è formata da funzionari di partito che hanno viaggiato o studiato fuori dalla Cina dove hanno maturato una visione dello stato in cui oltre alle strutture economiche e sociali hanno verificato la presenza di istanze individuali, come la religione, che opera con una certa autonomia e che “integra” la tenuta sociale soddisfacendo quella esigenza di spiritualità presenti in tutti i popoli, gli stati e i regimi del mondo. Posizione Vaticana e tipo di accordo che, settori religiosi e politici conservatori del clero statunitense, ne contestano l’impostazione di fondo , in quanto il Vaticano “non contesta al governo cinese il principio della “libertà religiosa” ma sancisce la possibilità di praticare la religione cattolica nei limiti e nelle modalità regolate nell’accordo”. Secondo questi settori cattolici l’accordo con il governo cinese identificherebbe di fatto una “religione civile”, una “religione nazionale” integrata nelle strategie imperialistiche del governo cinese. Se così fosse i cinesi, che a differenza per esempio degli indiani non sono un popolo religioso, hanno ben imparato dall’occidente che da molti secoli praticano la politica di integrare la religione nei piani strategici dei vari nazionalismi e imperialismi, qualche volta incidendo nelle scelte dei vertici nazionali delle religioni, talvolta creandosene una propria, spesso sancendo concordati che regolano le rispettive sfere di influenza. Non è certamente il Vaticano la chiave per la soluzione del problema “strategico e geopolitico della Cina” che sta solo ed esclusivamente dentro le cancellerie dell’occidente. Bergoglio non è sicuramente disposto ad accettare un accordo che sancisca una “chiesa civile, nazionale cinese” ma nemmeno una chiesa integrata e inquadrata in una “chiesa nazionale patriottica americana/occidentale”. Sulla strada tracciata da Ratzinger Bergoglio ha tagliato definitivamente i legami di una chiesa italo-eurocentrica. Come scrive Andrea Tornielli, portavoce della Santa Sede, “il Vaticano non è più il cappellano dell’Occidente”. Che Biden e/o Trump e se ne facciano una ragione e si concentrino più sui loro destini, piuttosto controversi e traballanti, rispetto a quello della Chiesa Cattolica che da Papa Giovanni in poi “non alza più muri o scava fossati ma costruisce ponti”.