Editoriale
Il cerchio nero di Giorgia
di Lavinia Orlando
Gli stretti contatti di Paolo Signorelli, portavoce, ora autosospesosi, del Ministro dell’Agricoltura – nonché cognato di Giorgia Meloni – Francesco Lollobrigida, con Fabrizio Piscitelli, estremista di destra e trafficante di droga, ammazzato nel 2019 a Roma, sono solo l’ultimo esempio dello strano universo che ruota intorno alla Presidente del Consiglio ed ai suoi collaboratori.
Già il solo fatto che il portavoce del Ministro più vicino, se non altro per ragioni familiari, a Meloni fosse in confidenza con un risaputo criminale romano è oltremodo grave. E, se è vero che all’epoca dei fatti in questione Signorelli svolgeva altra professione, è altrettanto innegabile che tali accadimenti si verificavano non più tardi di sei anni fa, non dunque secoli or sono.
Signorelli, difatti, dialogava amabilmente con Fabrizio Piscitelli, altresì detto Diabolik, il quale, dopo una vita suddivisa tra il tifo laziale come capo ultras e condanne legate, tra le altre, al traffico di sostanze stupefacenti, perdeva la vita in seguito a quello che si scoprirà essere un omicidio legato al controllo delle piazze di spaccio romane.
Ed è proprio nell’ambito dell’inchiesta sull’uccisione di Diabolik che le conversazioni tra quest’ultimo ed il portavoce autosospesosi di Lollobrigida sono divenute note.
Se non bastasse la gravità del fatto in sé, soccorre il merito dei dialoghi tra i due: frasi antisemite, elogi a terroristi neofascisti, la narrazione del matrimonio della zia di Signorelli con tanto di rito pagano svoltosi sul Monte Soratte, sede del bunker di Mussolini, alla presenza di terroristi neofascisti.
La gravità, formale e sostanziale, dello scambio intervenuto tra i due, è tutta nell’autosospensione decisa da Signorelli, che, non potendo che riconoscere la serietà della situazione, ne ha però preso le distanze, affermando di non rammentare di aver mai avuto un tale scambio di vedute e di sentirsi lontano dal contenuto dei discorsi riportati.
Al di là delle scuse dello smemorato portavoce, resta l’ennesimo episodio esecrabile a contorno dell’esecutivo più di destra della storia repubblicana, con amici e simpatizzanti di chiara estrazione nera, dediti a saluti romani, inneggiamenti a Mussolini ed Hitler, uso ed abuso del campo semantico caro al Ventennio e chi più ne ha più ne metta.
Se, almeno fino ad ora, il Ministro Lollobrigida ci aveva abituati a gaffe, alcune della peggior specie, ma pur sempre frutto di scarsa dimestichezza con lo strumento verbale, l’episodio appena riferito va ben al di là delle sortite imbarazzanti di un Ministro – cognato evidentemente poco attento a parole e modi e delinea chiaramente parte del mondo che attornia Fratelli d’Italia, intriso sì di retaggi fascisti, ma altresì vicino a personaggi dalla dubbia fedina penale, che con la politica di governo non dovrebbero avere nulla a che vedere.
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