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Editoriale

L’esempio sardo

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di Lavinia Orlando

La vittoria di misura, in Sardegna, della candidata del c.d. campo largo, Alessandra Todde, ha rianimato le speranze che un’alternativa alla destra di governo possa esserci. Sembra non ricordarsi, tuttavia, che il risultato riguarda una realtà locale, sebbene su più ampia scala del semplice Comune, con tutte le considerazioni del caso.

Siamo alle solite. Pretendere di copiare pedissequamente un progetto che si regge su basi particolari, legate alle contingenze territoriali, è esercizio velleitario, se non addirittura controproducente. Anche perché la coalizione vittoriosa nell’isola è composta da Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra – solo per citare i partiti più noti – con Azione ed Italia Viva fuori, a sostegno di altro candidato. Ma cosa accadrebbe se anche nella Regione Abruzzo, laddove si voterà il 10 marzo, vincesse il candidato del centrosinistra, Luciano D’Amico, che è però sostenuto, oltre che da Pd, pentastellati e sinistra, pure dai partiti capeggiati, rispettivamente, da Calenda e Renzi? Cambierebbe anche l’obiettivo a cui tendere a livello nazionale, immaginando un fronte progressista ancora più largo?

La verità è altra storia: se i meno di tremila voti che hanno separato Todde da Paolo Truzzu, candidato della destra, fossero andati a quest’ultimo, ora si discuterebbe di altro, dall’ennesima sconfitta della sinistra, alla fallacia del campo largo, fino all’imbattibilità della destra e di Meloni.

Restiamo, dunque, alla concretezza dei fatti e riposizioniamo le elezioni sarde nel luogo che sarebbe loro più congeniale, quello di un utile test, tanto per il centrosinistra quanto per i partiti di governo.

Con riguardo al primo occorrerebbe in primis continuare a lavorare per la costruzione della coalizione, tentando di individuare i punti in comune idonei a cementificare un’alleanza che, al momento, non esiste. Se le coalizioni a livello locale sono di più semplice assemblaggio data la necessità di risolvere problematiche concrete che affliggono cittadini con cui, tra l’altro, gli amministratori hanno facilmente stretto contatto, lo stesso non può dirsi delle elezioni politiche e del ruolo dei parlamentari.

Se l’alleanza Pd – Cinque Stelle – Verdi e Sinistra vanta già un precedente, quello del secondo governo Conte, tra l’altro molto apprezzato dal popolo di sinistra, per cui non sembrerebbe così ardua una sua riproposizione, pur con tutte le divergenze del caso (ad iniziare dalla politica estera), non si comprende come si possa anche solo immaginare che Azione ed Italia Viva possano sedersi allo stesso tavolo di Conte e Fratoianni, stante la lontananza anni luce sulla quasi totalità delle questioni politicamente rilevanti – al di là dell’acredine personale.

Circa i partiti di governo, serva la Sardegna in primis alla Presidente del Consiglio al fine di abbassare toni e presunzione, tanto nei confronti dei cittadini quanto rispetto agli alleati. L’infallibilità di cui ritiene essere stata caratterizzata è quanto di più lontano dalla realtà possa esserci, anche perché è ormai assodata la circostanza per cui le lune di miele post elezione abbiano durata limitata.

Al di là delle consultazioni regionali, occorrerà comunque attendere le europee di tarda primavera per ottenere un veritiero feedback di questo primo anno e mezzo di governo Meloni e dell’efficacia del lavoro delle opposizioni.   

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