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GOVERNO TECNICO, LA DECADENZA DELLA POLITICA

Un politico incapace di prendere decisioni impopolari ma necessarie che politico è? Abbiamo bisogno di una classe politica che pur di non perdere consenso manda un paese a rotoli? Queste sono le riflessioni che nascono dal governo Monti.

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Credit foto http://www.italoeuropeo.com/2011/11/16/governo-monti-una-squadra-di-tecnici/

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Quando qualcosa si rompe chiamiamo il tecnico per aggiustarla. Una cosa naturale. Accettata da tutti. Uno schema che è stato replicato anche in politica, nella vita istituzionale. Senza ottenere i risultati sperati.

Dalla fine degli anni 70 la spesa pubblica italiana è andata velocemente fuori controllo. Il debito pubblico sempre più insostenibile. Gli anni 80 hanno visto una ricchezza artificiale fondata pesantemente sul debito pubblico.

Gli anni 90 portano sia la crisi economica e sia la crisi politica in Italia. L’anno orribile è il 1992. L’attacco alla lira, la necessità di raggiungere il pareggio di bilancio con una manovra da 93000 miliardi di lire e il prelievo forzoso dai conti correnti.

Il sistema politico italiano è praticamente crollato. Tangentopoli ha cancellato i partiti tradizionali. La confusione è massima. Arriva così nel 1993 il primo governo guidato da un non parlamentare. Carlo Azelio Ciampi. Un tecnico. Durerà poco. Nel 1994 arriva il governo Berlusconi. Il primo. La politica sembra aver disegnato un nuovo assetto. Nascono nuovi soggetti politici.

Il primo governo Berlusconi ha vita breve. Nel 1995 arriva il primo governo totalmente tecnico. Il governo Dini. Il provvedimento più importante sarà la riforma del sistema pensionistico. La voce di spesa più corposa.

Nel 1996 l’Ulivo di Romano Prodi vince le elezioni. La politica torna a governare il paese.

Poi nel 2008 si scatena una fortissima crisi finanziaria, iniziata con il fallimento della banca Lehman Brothers. Nel 2010 arriva la recessione in Europa. Il debito di alcuni paesi aumenta paurosamente, in primis quello italiano. Nel 2011 la situazione precipita e lo spread arriva a 574 punti. L’Italia rischia seriamente la bancarotta. Al governo c’è Silvio Berlusconi, che nel novembre 2011, su pressione dei mercati finanziari, si dimette. Nasce il secondo governo tecnico della storia repubblicana, guidato da Mario Monti.

Il governo Monti ha come obiettivo la riduzione della spesa pubblica e del debito pubblico. Obiettivo che raggiunge con pesanti tagli al bilancio dello stato e con la riforma delle pensioni. La riforma Fornero. Un governo che chiede, anzi impone, molti sacrifici agli italiani.

La situazione era drammaticamente difficile. Era necessario intervenire. Una cura dura che ha lacerato il tessuto politico. Il governo Monti è il commissariamento della politica. La nostra classe politica è stata giudicata incapace di affrontare una grave crisi economica, anzi è stata indicata come causa della crisi. Per molti Monti era semplicemente l’emissario della Merkel e della Germania.

Il governo Monti crea il presupposto per il successo elettorale del Movimento Cinque Stelle prima e della Meloni poi. Era facile sfruttare il malcontento popolare per i provvedimenti del governo. Ha creato anche i presupposti per il forte astensionismo. Che senso ha votare se poi nei momenti difficili a governare vengono chiamati altri? Inoltre ha causato la crisi del centrosinistra, colpevolmente appiattito sulle posizioni del governo tecnico di turno.

Un politico incapace di prendere decisioni impopolari ma necessarie che politico è? Abbiamo bisogno di una classe dirigente che pur di non perdere consenso manda un paese a rotoli? Queste sono le riflessioni che nascono dal governo Monti.

Competenza e coraggio devono essere patrimonio di una classe politica. Non abbiamo bisogno di tecnici esterni ma di competenza in politica. Una classe politica che va responsabilizzata. Troppo facile chiamare un “tecnico” per prendere decisioni impopolari, per poi gettarlo in pasto all’opinione pubblica allo scopo di riacquistare voti. Sarebbe quindi il caso di valutare una riforma costituzionale prevedendo che il Presidente del Consiglio debba essere un Deputato o un Senatore (non a vita).

La democrazia deve basarsi sulla volontà popolare. Espressa con l’elezione dei rappresentati del popolo, che devono poi assumersi la responsabilità del governo. Senza scorciatoie. Tecniche.

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