Oasi Culturale
AUSTIN BUTLER È IL VERO ELVIS
Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Questa settimana parleremo di “Elvis”, nuovo film diretto da Baz Luhrmann, uscito nelle sale il 22 giugno 2022.
Se vi va, scriveteci: redazione@ilsudest.it/alexargeriwork@gmail.com
di Alessandro Andrea Argeri
“Elvis”, diretto da Baz Luhrmann (Usa, 2022, durata 160’), con Tom Hanks, Austin Butler, Olivia DeJong, Dacre Montgomery.
Hip pop, a tratti kitsch. Il nuovo film di Baz Luhrmann sembra il sequel de “Il Grande Gatzby” realizzato dopo nove anni, ma si ama comunque per tutte le due ore e mezza. “Elvis” non è solo la storia della leggenda di Elvis Presaley. È piuttosto il racconto della nascita dell’hip pop com’è realmente: una rivoluzione sociale fino ad allora senza precedenti. L’icona della musica Elvis è l’incarnazione del sogno americano. Giovane, bellissimo, seducente, di successo, pedina del capitalismo. Nelle prime scene vediamo un ragazzino ancora da scoprire, ovvero il protagonista, come unico bianco in una chiesa in cui si canta un coro Ghospell. Al collo una saetta, simbolo di Captain Marvell, diventato poi Shazam, il suo supereroe preferito. La musica è il suo superpotere. Logica perfettamente adattabile al mondo moderno, dove le nuove icone sono i supereroi.
Ma in ogni storia di supereroi dev’esserci un villain. Ebbene la parte è impersonata dal personaggio di Tom Hanks: il manager colonnello Tom Parker, a cui poco interessa la musica. Conta piuttosto quanti soldi si è in grado di accumulare. Se Elvis è preoccupato solo di suonare, Parker è più conformista, il primo a comprendere l’importanza della televisione, del merchandising, della brandizzazione dell’industria dello spettacolo, la quale crea grandi volti subito ridotti a sagome tutte uguali. La scena però non si regge tutta su Tom Hanks, bensì su un Austin Butler semplicemente eccezionale, dal quale il vero Elvis viene letteralmente assorbito. In tal modo è più semplice per Luhrmann osservare con occhio critico le dinamiche più tossiche del successo. Nei 20 anni di narrazione si assiste a una parabola gradualmente sempre più trascinante: esordio, fama, declino, decadenza. Lo stile lotta contro il tempo, il protagonista-eroe corre incalzato dalla paura di finire un giorno nel dimenticatoio, nonché di non aver davvero vissuto.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©