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Per gli USA anche gli UFO sono “sicurezza nazionale”

Luis Elizondo è l’autore di “Imminent”, un libro in cui racconta la sua esperienza da vertice dell’intelligence sul tema degli Ufo, la cui pubblicazione  ha richiesto un anno di tempo  per l’approvazione da parte del Pentagono, in quanto l’argomento è entrato nell’orbita della “sicurezza nazionale”.

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Credit foto https://www.agenzianova.com/news/aumentano-gli-avvistamenti-ufo-negli-stati-uniti-ecco-cosa-contiene-lultimo-rapporto-desecretato/

Di Fulvio Rapanà

Luis Elizondo è l’autore di “Imminent”, un libro in cui racconta la sua esperienza da vertice dell’intelligence sul tema degli Ufo, la cui pubblicazione  ha richiesto un anno di tempo  per l’approvazione da parte del Pentagono, in quanto l’argomento è entrato nell’orbita della “sicurezza nazionale”.

Può sembrare una di quelle boutade estive che giornali in assenza di roba seria inseriscono qui e la come riempimento, ma non è così anche perché la notizia  è   passata sul New York Times e Washington Post. L’informazione  è da approfondire, trattare di Ufo continua ad essere  poco rilevante,  in quanto l’argomento   è  entrato come fattore di sicurezza nazionale nell’interesse dei decisori  Usa (!!) e di conseguenza và preventivamente autorizzata la pubblicazione dalla NSA. Nella politica americana, etichettare qualcosa come una questione di “sicurezza nazionale” ne eleva automaticamente l’importanza e scattano tutta una serie di blocchi, allarmi e divieti che ne modificano lo status giuridico con implicazioni commerciali e amministrative . Non vi sono regole che individuano quali sono gli elementi che possono fra decidere la NSA perché questo e/o quel bene o settore o servizio sono  etichettati come “sicurezza nazionale”. In teoria, la sicurezza nazionale dovrebbe essere facile da definire ” qualsiasi minaccia transnazionale malevola o potenza straniera che metta direttamente in discussione la sovranità o la sopravvivenza degli Stati Uniti costituisce una valida preoccupazione per la sicurezza nazionale”. Questa è  però una definizione generale, che il legislatore Usa ha  tenuto volutamente generica,  che non individua gli elementi o i requisiti che possono fra decidere anche preventivamente cosa è “interesse nazionale” e cosa non lo è.  La base storica e giuridica di questo fenomeno risale agli inizi del ‘900 quando gli Stati Uniti iniziarono ad affermarsi come una delle maggiori potenze mondiali, le scelte delle varie amministrazione  in politica estera oscillavano tra la convinzione che il paese dovesse interessarsi concretamente di ciò che accadeva all’estero, per proteggere gli interessi statunitensi in espansione, e la posizione di isolazionismo “America First” che  avrebbe meglio preservato la pace. Fu  con l’inizio della Guerra Fredda che il termine “sicurezza nazionale” divenne parte integrante del discorso politico americano. Il National Security Act del 1947, che tra le altre cose creò la Central Intelligence Agency (NSA) e istituì il National Security Council, determinò la struttura giuridica relativa alla  sicurezza che esiste oggi.

L’elenco che si è accumulato in 70 anni  è lunghissimo. Cento anni fa il petrolio e il carbone erano interesse nazionale ora lo sono il cobalto e il litio. Trump nel 2019 per bloccare un contenzioso presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) inserì l’acciaio fra i beni di interesse nazionale. Negli anni ’90 la priorità  fu’ data al terrorismo, agli inizi di questo secolo la maggiore tutela si è concentrata sui semiconduttori ora, e almeno per il prossimo decennio,  sarà l’intelligenza artificiale e l’informatica quantistica . Le preoccupazioni economiche  e tecnologiche tendono ad avere un interesse bipartisan nei dibattiti sulla sicurezza nazionale e  inevitabilmente portato i decisori politici a concentrarsi sulle tecnologie e i beni percepiti come fondamentali per garantire la supremazia economica e strategica del paese. Le dinamiche politiche che si sviluppano  a Washington soprattutto in campagna elettorale spingono sempre più questioni sul piatto della sicurezza nazionale. L’amministrazione Trump ha dichiarato un’emergenza nazionale il confine meridionale degli Stati Uniti, citando il crescente afflusso di stupefacenti, bande criminali e migranti. L’amministrazione Biden ha dichiarato emergenza nazionale la protezione e diversificazione delle catene di fornitura di materie prime critiche, come quella del cobalto, del litio e delle terre rare. Anche l’elenco dei “minerali critici per la transizione energetica” continua ad aumentare, poiché il cambiamento climatico e il passaggio dai combustibili fossili generano una domanda globale insaziabile di metalli necessari per le batterie e altre applicazioni di energia pulita. Tutte queste dinamiche assicurano un elenco sempre crescente di priorità per la sicurezza nazionale.   Anche quando cambia il colore dell’amministrazione, da Repubblicani a Democratici e viceversa, l’attenzione di Washington sulla sicurezza nazionale non cambia e di conseguenza l’elenco tende ad ampliarsi piuttosto che semplicemente a cambiare. Gli studiosi delle relazioni internazionali definiscono la tendenza delle recenti amministrazioni a sommare e ingigantire  le questione di sicurezza nazionale, come “securitizzazione della società” . Essere o meno inserito in una delle liste di beni di interesse nazionale produce risvolti economici molto rilevanti sia per le aziende coinvolte che per gli uffici dell’Amministrazione che si devono occupare della tutela. Per i settori maturi dove le aziende che operano sono di grandi dimensioni, come per esempio i microchip, l’inserimento  nella lista dei beni critici rappresenta una sciagura economica in quanto ne condiziona le attività commerciali e di sviluppo che possono comportare perdite di dimensioni rilevanti. Come ho scritto in altri articoli l’ASI, l’organizzazione statunitense che raggruppa la quasi totalità delle aziende produttrici di chip, ha più volte dichiarato che “l’inserimento dei chip nei beni di interesse nazionale e le conseguenti sanzioni comminate al commercio senza autorizzazione determinerà certamente delle notevoli perdite sia in termini economici che di sviluppo e ricerca e mette seriamente in pericolo il vantaggio competitivo che gli Usa hanno nel settore rispetto al resto del mondo”. Ma vi sono anche settori economici in fase di espansione in cui operano aziende economiche più piccole e meno capitalizzate che richiedono una maggiore tutela dalla concorrenza e maggiori  budget sovvenzionati dallo stato che hanno forti incentivi a inquadrare i propri interessi come questioni di sicurezza nazionale. E’ un continuo confronto e contrapposizione fra  forze che spingono le questioni nell’ambito della sicurezza nazionale e quelle che vorrebbero liberarsene e che spingono i decisori politici a escluderle. 

E’ evidente  che  ” l’interesse nazionale e le sanzioni”  sono state nel tempo sempre più utilizzate dalle varie Amministrazioni come arma geopolitica per una guerra ibrida e asimmetrica contro i nemici ma anche contro gli amici un po’ recalcitranti ad adeguarsi ai propri indirizzi  di politica internazionale. Il governo Usa, che  vuole controllare il mercato mondiale dei microprocessori, condiziona i produttori americani  , che ricordo sono sempre aziende totalmente private,  inserendo i chip nelle liste di “interesse nazionale” e condiziona i produttori esteri, che  producono i chip fuori dal territorio americano e non possono essere inseriti come “interesse nazionale”,  attraverso le sanzioni. Gli Usa dopo il Vietnam, per motivi militari ed etici, e dopo l’Iraq/Afganistan, per motivi economici,   non sono più nelle condizioni di intervenire militarmente in tutte le situazioni di criticità nel mondo in cui i propri interessi e/o quelli alleati sono in pericolo, ma non possono nemmeno astenersi da alcuna azione. Da Obama in poi gli Usa hanno sviluppato una strategia geopolitica  che si articolata su armi non militari  : a) utilizza il proprio debito Federale , che ammonta a 35.000 miliardi di dollari per condizionare le scelte di chi detiene questo debito; b)  l’essere il maggiore importatore mondiale di beni e servizi per condizionare gli standard produttivi delle altre economie ; c)  avere in mano tutti i sistemi finanziari (Swift) da cui passano le transazioni in dollari che avvengono nel mondo e che gli permettono di irrogare sanzioni; d)con l’interesse nazionale  controlla il mercato di beni sensibili. Quella in corso è una guerra economica fra Usa e Cina e militare fra Usa e Russia/Cina in un contesto più generale di una competizione fra l’Occidente e il resto del mondo che diventa tutti i giorni più aggressivo, competitivo, popolato e consapevole che il parziale declino dell’occidente rappresenta una occasione ghiotta per riprendersi quello che ritengono gli sia stato tolto. La Francia fra il 2023 e aprile 2024 è uscita militarmente ed economicamente dall’africa francofona. Gli Stati Uniti sono praticamente usciti dal  sud America e quasi tutta l’Africa e con Trump, solo perché non è stato rieletto,  sono usciti  da quasi tutta l’Asia.  Biden ha  ribaltato le politiche isolazioniste di Trump   implementato e utilizzato  strumenti e strategie non militari e  rinforzato  le alleanze militari ed economiche.  L’obiettivo è quello di segmentare il mondo creando un blocco di democrazie liberali caratterizzato dal libero mercato e sulla superiorità tecnologica che gli permetta di dissuadere il resto dell’umanità da qualsiasi velleità di ribaltare la leadership americana. Ci riusciranno? il 4 novembre  negli Usa si vota per il nuovo presidente  e dal giorno dopo potrebbe ricambiare tutto o molte cose.

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