Esteri
L’interesse degli Usa per l’Ucraina fra le diverse strategie di Brzezinski e Kissinger
Tutti conoscono Kissinger, e la sua “realpolitique”, come ideale erede dell’arte di tessere le fila della diplomazia con sagacia e discrezione che fu di Metternich e Bismarck . Repubblicano, è stato per 60 anni di carriera al servizio di 4 Presidenti.
Di Fulvio Rapanà
Tutti conoscono Kissinger, e la sua “realpolitique”, come ideale erede dell’arte di tessere le fila della diplomazia con sagacia e discrezione che fu di Metternich e Bismarck . Repubblicano, è stato per 60 anni di carriera al servizio di 4 Presidenti. Meno conosciuto ma molto influente nella politica estera americana degli ultimi 40 anni è Zbigniew Brzezinski nato in Polonia e Consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Jimmy Carter, morto nel 2017. Democratico, con il suo pensiero ha influenzato la politica estera delle amministrazioni democratiche americane dal ’70 in poi e dato vita ad una scuola di pensiero a cui appartengono Madeleine Albright, Segretaria di Stato con Clinton2, allieva di Brzezinski alla Columbia University, e tutto il gruppo che attualmente governa la diplomazia dell’amministrazione Biden: Blinken, Segretario di stato, il suo vice Sherman, allievo della Albright alla Georgetown University , Suzy George assistente della Albright all’Onu. Soprannominati i “nipotini di Brzezinski/Albright, a Foggy Bottom”, che è il quartiere di Washington dove ha sede il Dipartimento di Stato, sono gli interpreti di una visione politica “wilsoniana”, dal presidente Woodrow Wilson (1913 al 1921) , a favore di una “presenza degli Stati Uniti nel mondo come portatrice dei valori del libero mercato, della democrazia, del benessere sociale, della giustizia internazionale e di una eguaglianza raziale che agevoli una perfetta integrazione e susciti del patriottismo verso un paese che, anche se spesso in modo riluttante, li ha accolti”.
Brzezinski e Kissinger due modi opposti di vedere la proiezione degli Stati Uniti nel mondo.
Kissinger, sostenitore di un “ordine internazionale” in un “equilibrio fra potenze” o globali come l’URSS, o regionali, come Francia e GB, in un quadro di reciproco rispetto dei ruoli, degli interessi e delle sfere di influenza più o meno come erano usciti da Yalta, ha esplicitamente ammonito la politica americana che l’allargamento all’est della Nato e in particolare mettere le mani sull’Ucraina, per i legami storici e identitari con la Russia, avrebbe certamente costretto questi a reagire. Ammoniva “è necessario comprendere gli interessi vitali della Russia che non è più l’Unione Sovietica ma che rappresenta sempre una superpotenza territoriale, per la sua vastità, energetica, alimentare e nucleare, e inoltre l’adesione dell’Ucraina alla Nato anche per la vicinanza territoriale a Mosca e per l’intrusione nel Mar Nero, che sarebbe diventato un mare Nato, potrebbe scatenare una guerra che lascerà delle conseguenze profonde per decenni”.
Brzezinski essendo nato in Polonia, e la Albright in Repubblica Ceca, si portava dentro un retagio anti Russia che “più lontana è meglio è”. Autore di un saggio “La Grande scacchiera”, (1) che rappresenta uno dei testi più influenti del pensiero geopolitico mondiale, Brzezinski lavora per realizzare l’obiettivo degli Usa come unica superpotenza universale che basa la capacità di influenzare amici e nemici non con la potenza militare ma con i valori della democrazia e del progresso economico integrato in un ordine liberale. Come diceva la Albright l’”eccezionalismo americano fa degli USA una nazione indispensabile”. Fermamente convinto sull’allargamento della Nato all’est e che strappare l’Ucraina all’influenza russa e inserirla nel contesto UE/Nato avrebbe accresciuto il livello di sicurezza dell’Europa e implicitamente degli Usa. Sulla questione Brzezinski scrivere che “senza l’Ucraina la Russia non può essere un attore geopolitico a livello globale, ma diverrebbe solo un “predominantly Asian imperial state” (2), “la Russia senza l’Ucraina non sarebbe più stato un impero europeo con cui fare i conti ma un importante stato asiatico”. In una intervista del Washington Post (2) del 2008 David Ignatius chiede a Brzezinski, con riferimento all’allargamento della Nato all’est, “Abbiamo preso l’abitudine negli anni della debolezza russa con Eltsin di mettergli le dita negli occhi parecchie volte, facendola franca. Non ritieni che con Putin quel periodo sia finito e dovremmo prenderli sul serio quando dicono che questo è fondamentalmente contrario ai nostri interessi vitali e risponderemo?”. Brzezinski rispose in modo articolato ed in particolare “ che l’inclusione dell’Ucraina nella Nato avrebbe giocato da detonatore non di una guerra ma del definitivo abbandono di una idea imperiale di Mosca e l’aggancio al processo di democratizzazione di stampo occidentale. “Depotenziata dell’Ucraina la Russia sarebbe stata ricondotta a svolgere un ruolo regionale e indotta a confluire in un Grande Occidente democratico e liberale”.
Nel 2014 allo scoppio delle ostilità nel Donbass e in Crimea i dubbi sulla politica Usa/Nato verso l’Ucraina, presenti nella domanda del giornalista del Washington Post a Brzezinski, si rivelarono fondati e concretizzavano le riserve poste da Kissinger. In quell’anno ambedue, pur partendo da posizioni opposte, comprendono che una guerra su vasta scala fra Usa/Nato/Ucraina e Russia era una ipotesi più che plausibile e volendo evitare la “peggiore ipotesi per gli USA di una possibile saldatura fra Russia, Cina e Iran”, convergono su una “finlandizzazione” dell’Ucraina formula che si trova ben identificata negli accordi di Minsk. L’amministrazione Biden, e la Nato, è andata dove e come indicato da Brzezinski ma delle due soluzioni preconizzate: democrazia e appartenenza ad un grande occidente o la guerra Putin ha scelto, come ammonito da Kissinger, la seconda soluzione. I fatti si sono svolti secondo l’indirizzo indicato da Brzezinski, le correlazioni tra quei fatti e i risultati, non voluti, hanno confermato le riserve di Kissinger. Messa con le spalle al muro la reazione della Russia è andata in direzione opposta a quanto ipotizzato da Brzezinski e dritto dove arrivava l’ammonimento di Kissinger a “non chiedere ai russi cosa erano capaci di fare” , con la peggiore delle conseguenze geopolitiche di fare della Russia, compresa una parte dell’Ucraina, una propaggine del blocco euroasiatico, che si sta formando fra Cina e Russia, nel cuore dell’Europa. Dal golpe Nato del 2014 allo scoppio della guerra, e le fasi successive di questi 20 mesi, è emersa evidente una certa avventuristica indeterminatezza negli obiettivi che gli USA nel tempo hanno pensato di raggiungere. E’ una indeterminatezza che si è subito rivelata allo scoppio della guerra su un articolo del New York Times in un editoriale, a firma dell’Editorial Board, l’intero gruppo di giornalisti opinionisti che lavorano al NYT, pubblicato il 19 maggio 2022 dal titolo “La guerra in Ucraina si sta complicando, e l’America non è pronta“, il New York Times esprime tutti i dubbi e le preoccupazioni per le conseguenze geopolitiche globali del conflitto. Ma il senso di indeterminatezza più autorevole proviene da generali 4 e 5 stelle di tutte le armi in un articolo uscito sul sito dell’ Eisenhower Media Network: https://eisenhowermedianetwork.org/russia-ukraine-war-peace/ dove si legge: “riguardo alla guerra Russia-Ucraina è il rigetto degli avvertimenti emessi da Williams Burns, direttore della CIA, e all’epoca ambasciatore USA in Russia, in un cablogramma indirizzato al Segretario di Stato Condoleezza Rice, ambedue della scuola di Kissinger, nel 2008 circa l’espansione della NATO e dell’adesione dell’Ucraina scrisse:
“Le aspirazioni dell’Ucraina e della Georgia alla NATO non solo toccano un nervo scoperto in Russia, ma suscitano serie preoccupazioni circa le conseguenze per la stabilità nella regione. La Russia non solo percepisce l’accerchiamento e gli sforzi per indebolire l’influenza russa nella regione, ma teme anche conseguenze imprevedibili e incontrollate che potrebbero compromettere seriamente gli interessi di sicurezza russi. Gli esperti ci dicono che la Russia è particolarmente preoccupata che le forti divisioni in Ucraina sull’adesione alla NATO, con gran parte della comunità etnico-russa contraria all’adesione, possano portare a una grande spaccatura, che implica violenza o, nel peggiore dei casi, guerra civile. In tale eventualità, la Russia dovrebbe decidere se intervenire; una decisione che la Russia non vuole dover affrontare”.
Da una parte le riserve e gli ammonimenti di Kissinger, Burns, Condolisa Rice, repubblicani, sull’estensione all’est della Nato, voluta da Clinton, cassandre sull’esito negativo dell’ennesima guerra per la democrazia perorata dagli Usa. Dall’altra Brzezinski, Albright, Kerry, Blinken, democratici, convinti del “momento unilateralistico” della funzione e del compito degli Usa nel mondo con l’affermazione dei valori democratici e liberali anche con l’uso della forza.
In mezzo a queste due diverse posture degli USA e ai movimenti della “scacchiera” nel mondo c’è la terribile realtà di una guerra con 400.000 ragazzi morti, 20.000 civili deceduti e tra l’uno e l’altro 500.000 forse 1.000.000 di feriti; il 30% del territorio ucraino minato o contaminato, 18 milioni di sfollati che non si sa quando, come e perché potranno rientrare in un paese con notevoli distruzioni.
1) Z. Brzezinski, The Grand Chessboard, Basic Bokks, New York, 1997, p. 46.
2) La conversazione completa fra David Ignatius e Brzezinski-Scowcroft è stata raccolta in un libro, “America and the World: Conversations on the Future of American Foreign Policy”, pubblicato da Basic Books e dalla New America Foundation
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