Cultura
“Tutto cambi perché nulla cambi” in Milan Kundera
Benché non mi accorga solo ora di ciò che ha rappresentato l’Unione Sovietica sotto Stalin e non solo, so che lo studio della storia e cioè dei fatti e dei dati per quanto dettagliati, non ha un effetto nemmeno lontanamente paragonabile a quello che riesce ad assicurare l’arte attraverso un intellettuale di genio, che sappia individuare e trasmettere elementi fondamentali per cogliere di una realtà la verità essenziale ed indicarla agli altri. È quanto è accaduto nell’arte di Kundera.
Da qualche giorno ho terminato la lettura de “Lo scherzo” di Milan Kundera.
Non che consideri il fatto in sé di capitale importanza per chi mi legge, soprattutto in un momento tanto drammatico per il paese ed il mondo intero. Se ho deciso di scrivere qualche mia riflessione su questo romanzo è perché mi ha indotto a talune conclusioni su ciò che è stata la realizzazione nella realtà concreta di principi innegabilmente giusti quali quelli socialisti. Molti di voi rideranno e penseranno “Ma questa ci è o ci fa? Solo oggi scopre che è esistita una dittatura comunista e che come tutte le dittature è stata una tirannia liberticida che non ha avuto scrupolo alcuno verso gli interessi di quelle masse popolari che proclamava di voler a tutti i costi difendere?” Ovviamente qualora taluni si siano posti la suddetta domanda possono rispondersi che no, non mi accorgo solo ora di ciò che ha rappresentato l’ Unione Sovietica sotto Stalin e non solo e che qualche pagina di storia a questo riguardo avrò avuto la ventura di leggerla anch’io. Tuttavia la studio della storia e cioè dei fatti e dei dati per quanto dettagliati, non ha un effetto nemmeno lontanamente paragonabile a quello che riesce ad assicurare l’arte attraverso un intellettuale di genio che sappia individuare e trasmettere elementi fondamentali per cogliere di una realtà la verità essenziale ed indicarla agli altri.
A ciò andrebbe poi aggiunto che aldilà della narrazione storica dei fatti, che non può raccontare le vite degli individui, esiste la testimonianza che a qualunque titolo ciascuno di noi può dare della propria esistenza e che ognuna di tali testimonianze è un punto di vista unico e prezioso che arricchisce sempre chi vi si imbatte di elementi di sorprendente novità. Devo precisare che chi scrive politicamente non si colloca a destra e forse proprio per questo l’inferno creato in terra da coloro che credevo avessero come me a cuore le sorti dei più deboli, mi fa doppiamente orrore, poiché non ha rispettato la monade sacra da cui partiva la mia fede politica e cioè la misura umana. Chiarito ciò torniamo al romanzo di Kundera. Si tratta della storia di un giovane che nella Cecoslovacchia comunista degli anni cinquanta invia una cartolina falsamente provocatoria da un punto di vista politico, alla fanciulla di cui era innamorato e che era come tutti un’attivista del partito comunista. Appunto uno scherzo, un semplice scherzo che cambierà irrimediabilmente la vita del protagonista, Ludvik. La sua giovinezza sarà segnata dalla perdita di ogni diritto, dall’espulsione dall’università, dalla condanna ai lavori forzati. Al centro e sullo sfondo, come in ogni dittatura, gli uomini con le loro storie, la loro vigliaccheria, i loro punti di vista e la giustificazione delle proprie azioni, tutte legittime. Ogni cosa è dunque ridotta ad un: ” Da che parte stai?” o ancora meglio:” Contro chi stai?” ed a seconda della risposta avrai il diritto di bruciare la vita degli altri con una tua sola parola, come quando gli amici di sempre del protagonista testimonieranno contro di lui al processo.
Ludvik viene descritto da Kundera come un giovane che infondo non ha nulla di particolare: medita una vendetta meschina a cui il destino farà lo sgambetto, un destino evidentemente indifferente al suo dolore, alla sua solitudine, un destino che non distribuisce premi né a chi sta da una parte né a chi sta dall’altra, semplicemente perché non lo fa con nessun uomo. Ma allora chi risarcira`Ludvik? Il suo principale accusatore non sembra neanche ricordare il processo, la testimonianza, la condanna. È diventato un professore universitario amatissimo dai suoi allievi, con una compagna giovane e bellissima e se tanti anni prima la sua adesione al comunismo pareva un eterno giuramento ora non cela le sue simpatie per una visione più “moderna” delle cose, meno impegnata. Come un tempo non era per lui casuale abbracciare la fede nel partito ora non lo è metterlo in discussione in vista dei tempi nuovi, in cui a vincere sarebbe stato il capitalismo. Ed in tutto questo Ludvik è sempre dalla parte sbagliata: ha organizzato una vendetta pensando ad un mondo che ora che è libero non esiste più, benché il suo dolore, la sua sconfitta siano invece vivi ed immutati.
Un tempo era critico verso il comunismo, adesso scopre che talune sue istanze erano almeno in origine giuste e per questo si unirà a quanti tra i suoi vecchi amici, avevano creduto in un nucleo autentico di ciò che a lui pareva un’ideologia disumana.
Milan Kundera deve la sua notorietà a “L’insostenibile leggerezza dell’essere” eppure “Lo scherzo” ha in sé tutti gli elementi necessari a fare di un romanzo un grande romanzo, a patto che in esso il lettore non cerchi rifugio, perché in Kundera non vi è mai consolazione. Benché il perimetro di suo interesse rimanga sempre disegnato attorno all’uomo, alla sua misura, ci mostra la vita, per sua natura profonda, mancante di uno spazio da adibire alla consolazione. L’uomo di Kundera non è lontano da quello dei grandi classici, ma è tradito dalla politica, aggiunge cioè al limite umano quello appunto politico e Ludvik, il suo protagonista troverà perciò rifugio nell’ammissione della sconfitta come unica possibilità di rinascita.
Rosamaria Fumarola
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