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Cronaca

Gli “angeli del fango”: luci e ombre

Gli “angeli del fango”: dall’alluvione di Firenze del 1966 accorrono dove c’è bisogno di spalare via fango e sofferenza.

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Credit foto https://contropiano.org/altro/2016/11/04/firenze-1966-non-angeli-del-fango-085437

Gli “angeli del fango”: dall’alluvione di Firenze del 1966 accorrono dove c’è bisogno di spalare via fango e sofferenza.

Recentemente hanno operato in Emilia Romagna e in Toscana. Giovani e anziani. Uomini e donne. Che lasciano la propria abitazione per dare una mano.

Molti volti senza nome che possiamo riassumere nelle storia di SOS TOSCANA https://ilsudest.it/attualita/2023/11/06/volontari-alluvione-toscana/. Una rete di solidarietà nata dopo l’alluvione in Toscana. Nata per iniziativa di Aurora, Carlita, Federica, Gaia, Martina, Monica. Una rete che in pochi giorni ha raccolto 1655 membri. Una rete nata seguendo l’esempio di quanto accaduto in Emilia Romagna.

Una bella storia, di quelle che vengono spesso raccontate nella trasmissione della Rai “I nuovi eroi”.

Quindi una bella storia ma con alcune ombre. Ad iniziare dalla mancanza di coordinamento.

Il Dipartimento della Protezione Civile ha volontari e mezzi istituzionali. Sul campo il coordinamento è affidato ai comuni. Come la logistica.

Il problema è che spesso “gli angeli del fango” pagano il fatto di non essere “istituzionali” ma privati cittadini.

Ai volontari ma privati cittadini bisogna fornire strumenti di lavoro, dpi, vitto e alloggio. Serve anche un coordinamento tra con le squadre della Protezione Civile. Tutto questo sulla carta. Perché spesso mancano la logistica e il coordinamento.

 Con superficialità tipicamente italiana sarebbe facile osservare “esistono i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine e la Protezione Civile, questi che vogliono?”.

In realtà gli enti statali che svolgono compiti di Protezione Civile non sono sufficienti. Le calamità naturali sono sempre più frequenti. Con sempre maggiore violenza ed estensione.

Zamberletti, il padre della Protezione Civile, ha sollevato il problema per anni: abbiamo bisogno di una vasta forza di riserva da impiegare nelle calamità naturali.

Non bastano i Vigili del Fuoco e non basta la Protezione Civile. Tutti i cittadini devono diventare Protezione Civile.

Mentre non ha senso un servizio militare obbligatorio, potrebbe avere senso un periodo di formazione obbligatorio per le emergenze di Protezione Civile.

Per svariate ragioni molte persone non vogliono o non possono diventare volontari “ufficiali” della Protezione Civile. Vogliono, però, dare un loro contributo.

Devono avere la possibilità di farlo. Con agevolazioni sul posto di lavoro. Dando loro preparazione e strumenti. Dando dignità al loro ruolo.

L’attivazione dei soccorsi della Protezione Civile richiede tempo. L’ azione dei cittadini presenti sul luogo del disastro può fare la differenza.

L’intera architettura del sistema Protezione Civile ha bisogno di aggiornamento.

Non è il caso di difendere il proprio orticello istituzionale. Nei disastri siamo tutti fratelli. Tutti utili.

Non sono angeli e purtroppo non fanno miracoli. “Semplicemente” lavorano sodo e corrono dove c’è bisogno. Un patrimonio che dobbiamo valorizzare. Perché da solo non si mai salvato nessuno.

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