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SCASSAMARONI E LE LACRIME DEI MEDICI

Micaela Quintavalle, esattamente come in Atac, ci porta a riflettere sulla dignità della vita umana e del lavoro. Senza mettersi su un palco. Consapevole delle proprie fragilità, che non nasconde. Ci “costringe” ad aprire gli
occhi.

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Credit foto https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=dngCEk-Sm0I

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

La santità pubblica ed efficiente è il pilastro di una società democratica e civile.

La riforma del 1978 aveva come scopo quello di rendere la sanità italiana pubblica, efficiente e gratuita.

Ottimo proposito ma le cose non sono andate benissimo. La nostra sanità ha molte eccellenze ma anche enormi criticità.

Pochi fondi anzi continui tagli. Carenze strutturali e strumentali. Personale ridotto all’osso e con elevato tasso di usura.

Aggressione al personale sanitario https://www.fpcgil.it/2024/03/12/sanita-18-mila-operator3-aggrediti-in-un-anno-i-dati-dellosservatorio-2023/, casi di malasanità https://www.ilsole24ore.com/art/malasanita-italia-sinistri-calo-ma-sempre-piu-cari-crescono-infezioni-AFBdvwuB . Episodi “piccanti” come quello del “scassamaroni” scritto di un paziente su un foglio di dimissioni https://www.open.online/2024/08/30/siracusa-medico-paziente-scassamaroni/. Questo leggiamo sui giornali.

Sul personale sanitario il giudizio è agli estremi: veniali, inetti, superficiali e arroganti o eroi dal mantello splendente.

Ci piace l’idea del medico freddo e professionale. Con una dose di umanità ovviamente. Che si lamenta poco e che piange di nascosto.

Nulla da dire sulla professionalità lucida e pronta. Ottima l’umanità. Convince meno l’idea del medico che deve “apparire” poco e che non deve emotivamente esternare in pubblico.

Riflessioni che partono da alcuni post di Micaela Quintavalle. Sempre lei. Autista e sindacalista in Atac. Una storia  di pochi anni fa e che sembra già vecchia di secoli.

Ora Micaela Quintavalle è un medico. Specializzanda in anestesia e rianimazione. Nuova vita ma con una costante.

Il suo raccontare le emozioni. Le difficoltà materiali ed emotive del suo lavoro. Non è per mania di protagonismo ma bisogna conoscerla per saperlo. La sua è una necessità interiore.

Raccontando sé stessa ha sempre voluto rimarcare come centrale l’aspetto umano nell’ambiente lavorativo.

Prima in Atac  difendendo i diritti dei lavoratori e dei passeggeri. Ora come medico mettendo al primo posto pazienti e personale sanitario.

Micaela piange e piange pubblicamente per un paziente che muore. Si commuove per i segni di gratitudine dei pazienti e dei loro famigliari.

Qualcuno esprime perplessità. Ricordando il medico freddo e lucido che se piange, piange da solo.

Noi abbiamo un po’ il “vizio” di voler rappresentare alcune categorie come eroi invincibili. Vigili del fuoco, poliziotti, carabinieri, medici, infermieri.

Non sono eroi. Non sono invincibili. Sono sottoposti ad una tremenda usura fisica ed emotiva. In più lavorano spesso con carenze notevoli.

Micaela Quintavalle mostra la passione per la propria professione. La voglia di imparare. L’attaccamento ai pazienti. In ciò rappresenta migliaia di operatori sanitari.

Mostra anche, in positivo e in negativo, gli effetti di una realtà con estremi emotivi forti e devastanti.

Un secondo. Un solo secondo per decidere ed intervenire. Per intubare con le vie aeree ostruite. Per decidere se trasferire un paziente o no. Per individuare tra sintomi contrastanti la giusta diagnosi.

Soprattutto guardare negli occhi una persona che muore. Farlo per decine e decine di volte in carriera. Invece noi, spesso, non abbiamo il coraggio di guardare gli occhi dei migranti disperati, dei bambini terrorizzati dalla guerra. Dei tanti italiani che vivono in condizioni difficili e che implorano dignità.

Facile dire “è il loro lavoro, nessuno li obbliga”. Facile ma sbagliato. Un lavoratore deve essere messo nelle condizioni di operare al meglio. Preservando la sua salute psicofisica.

Alto numero di suicidi nelle Forze dell’ordine https://www.siamoesercito.org/2024/06/11/allarme-aumento-suicidi-nelle-forze-dellordine-e-nelle-forze-armate/#:~:text=L’anno%202023%20si%20%C3%A8,i%20militari%20del%20nostro%20Esercito.. Medici ed infermieri che lasciano la sanità pubblica. Chiari segnali di profondo disagio. Spesso ignorati.

Un ministro può usare la televisione di Stato per difendersi mentre il disagio di molti rimane senza voce e senza volto. Torna il pericolo delle “discariche sociali”. Come l’emergenza carceri dimostra. I “matti” in manicomio. I “delinquenti” in strutture carcerarie da incubo. I “poveri” nella sanità pubblica allo stremo. Vogliamo veramente questo?

Micaela Quintavalle, esattamente come in Atac, ci porta a riflettere sulla dignità della vita umana e del lavoro. Senza mettersi su un palco. Consapevole delle proprie fragilità, che non nasconde e ci “costringe” ad aprire gli occhi sulle nostre fragilità. Sulle fragilità del sistema.

Inoltre la vicenda di Micaela Quintavalle è in controtendenza. Diventa medico a 42 anni e ha scelto una dura specializzazione mentre molti giovani medici scelgono di andare all’estero. Anche prima di specializzarsi https://www.costruiresalute.it/?q=news/ordine-roma-10-medici-fuga-allestero-nel-2024-tanti-i-giovani

Ci stiamo abituando a tutto. Guerre, omicidi, violenza nella nostre città. Povertà. Con rassegnazione. A volte con cinica rassegnazione. Cinismo che può portare a giudicare anche questo articolo come “buonista”. Solo nella sofferenza scopriamo che il “buonismo” in realtà è la difesa della dignità.

L’ospedale ci ricorda l’importanza di ogni vita. Il fare qualsiasi cosa per salvarla una vita. Un luogo dove far diventare dignitosa una morte. Tutto sulle spalle del personale sanitario che ha bisogno del fattivo appoggio di tutti i cittadini. Che devono chiedere conto alla politica delle scellerate decisioni in campo sanitario.

Un medico distrutto dalla sconfitta della morte ma pronto a tornare a combattere l’eterna battaglia tra la vita e la morte ci dice molto sul vero senso della vita.

Abbiamo bisogno di emozioni. Abbiamo bisogno di ricordare che siamo fragili, deboli e imperfetti ma che questo non deve impedirci di fare la cosa giusta. 

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