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Un mondo che cambia

Da ragazza avevo amici che dopo una manifestazione tornavano a casa inorgogliti per essere stati fermati dalla polizia, per essere stati considerati in qualche modo e per un attimo pericolosi e questo testimonia che pericolosi non lo erano stati mai. I governi di allora non ci hanno impedito di manifestare. Tante cose però non sono più le stesse. Il mondo sembra aver perso la memoria e sembra sazio di pace. Forse anche i nostri figli non conosceranno la guerra o forse no.

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Credit foto gonews.it

Io mi sento fortunata: sono amata da chi come me si interroga e cammina su di un sentiero, tenendomi per mano mentre inciampa sui dubbi. 

È stato difficile insegnare ai miei figli che solo sulle incertezze avrebbero potuto contare.

Mi sento fortunata perché quando faccio la spesa, compro tutto quello che è necessario ed anche quello che mi va. È una piccola gioia, sorprendere chi ami con un sapore nuovo e sorridere insieme guardando la tv. Nella mia città puoi comprare ciò che vuoi, ammesso che tu possa e che tu sappia ciò che vuoi. Puoi studiare per capire o per lavorare, puoi viaggiare. Ai miei figli ho insegnato a meravigliarsi sempre di fronte all’umanità, alla bellezza del paese in cui vivono e che è meglio guardare con umiltà ciò che è grande, che credere di possederlo e che è soprattutto meglio conquistare sapendo. Ada, mia figlia, non sempre è d’accordo, trova il mio un punto di vista da perdenti e forse lo è, ma la mia storia non è la sua ed io la mia la devo rispettare.

Capire le componenti di un mondo complesso non è facile ma è importante provarci. 

Non sarei riuscita a migliorare la società in cui vivo, a combattere battaglie per cui altri sono morti, ad essere così coraggiosa, ma sono stata fortunata perché sono nata nel vecchio continente, dove il sangue degli uomini per secoli ha inondato la terra, fino a permettere ad un essere mediocre come me di essere garantito nei propri diritti, perché è vero che la vita è dolore e che è così da sempre e per tutti, ma è anche vero che è meglio nascere liberi, persino se si è poveri. La povertà è più facile da combattere da liberi.

I miei figli partecipano spesso alle manifestazioni in difesa di chi ha bisogno, di chi è meno fortunato, in difficoltà. Ogni tanto mi domando se lo facciano perché davvero ci credono o solo perché così saltano un’interrogazione o un compito in classe. I tempi nei quali la politica era centrale nella vita dei giovani erano lontani già quando io ero una liceale e lo dimostra il fatto che allora ognuno combatteva già da solo la propria battaglia. 

Non saprò mai cosa nel profondo motiva le azioni di chi ha oggi vent’anni o poco meno.

Ada partecipa sempre alle manifestazioni che chiedono la fine della guerra in Ucraina ed a Gaza. La scorsa settimana era a Firenze a sostegno della causa palestinese. In tempi lontani anche io più di una volta mi sono schierata per chiedere una soluzione pacifica della controversia tra israeliani e palestinesi. Non credevo che la mia partecipazione avrebbe fatto la differenza, ma mi interessava chiarire da che parte stavo. Avevo amici che tornavano a casa inorgogliti per essere stati fermati dalla polizia,  per essere stati  considerati in qualche modo e per un attimo pericolosi e questo testimonia che pericolosi non lo erano stati mai. I governi di allora non ci hanno impedito di manifestare. Tante cose però non sono più le stesse. Il mondo sembra aver perso la memoria e sembra sazio di pace. Forse anche i miei figli non conosceranno la guerra o forse no. 

Quando pochi giorni fa Ada è uscita per raggiungere Firenze le ho chiesto se avesse fatto i compiti ed ho pensato a quanto è bella Firenze, a quanto siamo fortunati a vivere in questa parte del mondo, in cui ci si preoccupa della tutela della bellezza creata da quelli venuti prima di noi. In un paese come il nostro, le strade conoscono i rumori di una quotidianità pacifica, in cui la criminalità selvaggia di cui pure taluni parlano, non è la norma ed in cui le forze dell’ordine tutelano sempre i cittadini. 

Poi un giorno qualcosa di impensabile è accaduto ed in un corteo di giovani, pacifici manifestanti, i poliziotti hanno attaccato i ragazzi con forza e a colpi di manganello li hanno fermati, lasciandoli a terra sanguinanti. Anche Ada è stata colpita ed è tornata a casa con un polso fratturato. Mi ha detto che in un attimo tutto è cambiato. Sfilava con le sue amiche quando un poliziotto,  dopo averla fatta cadere, ha incominciato a colpirla. È stato allora che il manganello che il poliziotto brandiva le ha fratturato il polso. 

Le è sembrato strano poi essere soccorsa poco dopo. In una manciata di secondi il suo universo si è spaccato: da un lato un medico in un servizio pubblico che si prendeva cura di lei e dall’altro un poliziotto, espressione dello Stato, che l’aveva appena ferita.

Ho cercato in internet delle immagini che mi parlassero di quanto accaduto e ne ho trovate molte, tutte con la stessa rappresentazione: la violenza, che cieca è sempre perché non vuol guardare l’altro e nemmeno se stessa. La violenza che non ha mai dignità. 

Oggi so che la fortuna può avere una data di scadenza e che poco prima eri parte di qualcosa in cui credevi ed un attimo dopo un essere umano solo con i suoi guai. Può succedere di rimanere senza nessuna tutela, di essere una sfortunata come tanti e di pensare che in fondo sei viva e che se  riesci a curare la tua frattura sarà una gran cosa tornare a tirare la palla in un canestro. Ada oggi sa che qualcuno può colpirla all’improvviso e che non basta essere cittadini onesti per essere al sicuro. Sa che il male ti può colpire e che se succede combatterai da sola. Ada forse non parteciperà mai più ad una manifestazione, oppure sarà migliore di tanti, anche di me e sfilerà gridando in tutti i cortei permettendo a chi verrà dopo di tornare a godere della pacifica, noiosa quotidianità delle strade di questo paese.

Rosamaria Fumarola 

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano