Attualità
Mahjabin Hakimi: il dramma delle donne afgane non è una bufala
Decapitata la nazionale afghana di pallavolo perché lo sport può esporre parti nude del corpo.
DI FABRIZIO RESTA
Credit foto: www.channeldraw.org
Avremmo voluto parlare delle grandi vittorie di Ganna e Viviani, oppure quella di Fidanza e della Paternoster, tutte nel ciclismo. Avremmo voluto parlare delle 7 medaglie d’oro (lancio del disco, getto del peso, salto in lungo, triathlon, giavellotto, staffette 4×100 e 4×400) della grandissima Nicole Orlando nelle Euro Trigames, oppure ancora dell’impresa di Bartolini, primo italiano nella storia a vincere l’oro nel corpo libero. Sono tutte storie di sogni che si realizzano, dopo tanto lavoro, sudore e sacrifici sia chiaro ma che alla fine hanno pagato. Invece siamo costretti a parlare di sogni che si infrangono per colpa di un assurdo modo di concepire il mondo. Parliamo dei sogni delle donne afgane di poter dedicare la propria vita allo sport o comunque di poter vivere una vita degna di essere vissuta. In questi giorni ha fatto molto scalpore la notizia riguardante la presunta morte di Mahjabin Hakimi, una ragazza afghana a cui piaceva giocare a pallavolo. Dopo tanti sacrifici era diventata giocatrice della nazionale afghana di volley. Secondo quanto trapelato, un gruppo di militanti talebani avrebbe decapitato la giocatrice di volley e poi postato la sua foto sui propri profili social per vantarsene. Successivamente è arrivato un post su Twitter da parte del giornalista Zaki Daryabi, direttore del quotidiano afghano Etilaatroz. Il cronista ha fatto sapere che si tratti in realtà di una fake news, in quanto la ragazza si sarebbe suicidata ad agosto. Tuttavia, il tweet in questione è stato successivamente cancellato, creando un vero e proprio giallo attorno alla vicenda.
Vera o meno la notizia, la situazione è reale: dopo il crollo del governo precedente, le atlete in tutto l’Afghanistan hanno dovuto affrontare minacce, i talebani le hanno perseguite e hanno perquisito le loro case in varie città perché, secondo loro, le donne non dovrebbero praticare sport perché può esporre parti nude del loro corpo. La maggior parte delle atlete afgane che hanno partecipato ai giochi olimpici di Tokyo sono riuscite a lasciare il Paese appena è stato annunciato il ritorno al potere dei talebani. Le altre si nascondono.
In Afghanistan, infatti, la Sharia è la principale fonte del diritto islamico e si fonda sul Corano e sulla Sunna, costituita, a sua volta, dai comportamenti che il Profeta Maometto ha evidenziato in diverse occasioni. Il problema è che la Sharia include qualsiasi atto umano, sancendo la netta superiorità dell’uomo rispetto alla donna. La storia dell’uomo è impregnata dall’idea che qualcuno debba essere superiore agli altri (e dal sangue sparso per rivendicarlo). Lo hanno fatto i nazisti, delirando su una presunta superiorità razziale ma lo hanno fatto anche le religioni, ognuna delle quali rivendicava la sua superiorità. Lo fanno gli uomini nei confronti delle donne, dei gay, dei diversi, di chi ha una classe sociale diversa e a volte persino sull’età. Chi è ok? E chi è meglio di chi? Passiamo gran parte del nostro tempo a dare giudizi di valore sugli altri, anche se ci è stato insegnato fin da piccoli che “non si fa”. Succede da noi “occidentali” dove il principio di uguaglianza è insito nella nostra storia, nella nostra cultura e nel nostro diritto, figuriamoci in paesi dove la cultura è completamente diversa.
Il nemico però non è la Sharia, perchè se da una parte, questa legge non è scritta e si sottrae alla certezza delle norme e dal controllo di organi giurisdizionali indipendenti, dall’altra proprio questa caratteristica permette di spaziare dalle interpretazioni più miti a quelle più rigorose. Tanto per fare un esempio La Sharia ha stabilito che le donne hanno diritti legali e finanziari, nonché il diritto di ereditare. Tuttavia, il Corano specifica che una sorella eredita la metà dell’importo di suo fratello. Alcuni studiosi hanno sostenuto che la differenza nell’eredità è bilanciata dal fatto che gli uomini hanno la responsabilità di sostenere finanziariamente le donne, gli anziani e i giovani della famiglia. Per chi governa, invece, questo significa che la donna vale meno dell’uomo. E’ una situazione molto comoda per chi governa.
Vera o meno, la notizia ha il merito di riportare in auge un problema purtroppo molto concreto: le donne afghane hanno perso quasi tutti i diritti. In questo momento essere donna in Afghanistan è considerata una situazione pericolosa . Non solo le sportive ma anche molte dottoresse o professioniste sono un bersaglio mobile. Alcune famiglie sono state obbligate a lasciare le loro case nelle comunità rurali di montagna e nascondersi nelle aree urbane per passare inosservate. Le ragazze hanno smesso di andare a scuola o di lavorare, perdendo così anche la loro fonte di guadagno, e sono totalmente isolate dalla comunità. Il pericolo non riguarda solo le donne: anche gli uomini possono essere considerati in pericolo se etichettati come difensori dei diritti delle donne, particolarmente coloro che hanno sostenuto il diritto all’educazione femminile e possono anche essere giudicati per il modo in cui hanno educato le loro figlie.
Cosa si può fare? Per ora garantire il diritto di asilo politico. E’ importante che ogni paese prenda un impegno di accoglienza e che non rimanga a guardare. “Attualmente il mondo ha fallito” dice bene Miriam Sylla, la capitana della nazionale italiana pallavolo riferendosi alla morte della collega afghana. Anche se la notizia fosse falsa siamo comunque tutti responsabili delle condizioni in cui vivono le donne afgane. Nel 2021 non si può rischiare la vita perché si sogna di fare sport, o perché si desidera studiare. Le organizzazioni internazionali rivelano sempre di più la loro inefficienza e incapacità di affrontare i problemi del mondo. Ora come non mai è necessario aprire il dialogo con i talebani per tutelare le donne, ricordando che anche le sanzioni sono un dialogo. I minuti di silenzio commemorativi servono davvero a poco.
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