03 Febbraio 2025
Energia nucleare in Italia, tra rischi e propaganda
Il nucleare è già stato bocciato dal voto popolare nel 1987 e nel 2011. Ora il governo ci riprova. Le argomentazioni a favore e contro il nucleare sono note ma è giusto analizzarle .
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Il governo Meloni, quando non insegue scafisti lungo tutto il goblo terracqueo o non li rimanda a casa con voli di Stato, lavora per riportare l’energia nucleare in Italia. Per ora sola pardon solo sulla carta.
Il nucleare è già stato bocciato dal voto popolare nel 1987 e nel 2011. Ora il governo ci riprova. Le argomentazioni a favore e contro il nucleare sono note ma è giusto analizzarle .
Primo elemento a favore è l’indipendenza energetica con la riduzione della dipendenza da gas, petrolio e carbone esteri (oggi l’Italia importa oltre il 70% della sua energia), con benefici geopolitici, soprattutto dopo la crisi ucraina e le tensioni con la Russia.
Poi l’essere una “energia” pulita”. Il nucleare produce energia senza emissioni dirette di CO₂, contribuendo agli obiettivi climatici (UE punta alla neutralità carbonica entro il 2050). Viene anche garantita la stabilità di rete con una fornitura costante di energia (“baseload”), a differenza di solare ed eolico, che dipendono dalle condizioni meteorologiche.
Si otterrebbe anche innovazione tecnologica con sviluppo di competenze in settori avanzati (ingegneria nucleare, cybersecurity) e potenziale leadership in tecnologie di nuova generazione, come i reattori modulari (SMR) o a fusione. Per finire costi energetici ridotti, a lungo termine, l’energia nucleare ha costi operativi competitivi rispetto ai combustibili fossili, mitigando la volatilità dei prezzi del gas.
Con il nucleare, come con tutto, non è oro tutto ciò che luccica. Diversi sono gli svantaggi anzi i pericoli.
L’Italia è un paese sismico e densamente popolato, fattori che aumentano i timori per incidenti (es. Fukushima). Anche i reattori moderni richiedono standard di sicurezza estremi. Le scorie dove le mettiamo? In Italia non è presente nessun deposito nazionale definitivo per le scorie (problema irrisolto dal 1987). La gestione dei rifiuti nucleari richiede soluzioni a lunghissimo termine e costi elevati. Inoltre nessuno vuole un deposito di scorie.
La spesa iniziale sarebbe enorme, la costruzione di una centrale nucleare richiede 10-15 anni e almeno 10-15 miliardi di euro per impianto (es. EPR in Francia/Finlandia), con rischi di ritardi e sovracosti. Aggiungiamo la contrarietà della pubblica opinione, il 71% degli italiani si oppone al nucleare (dati Eurispes 2023), per ragioni storiche (referendum del 1987 post-Chernobyl) e diffidenza verso la classe politica.
Prima di avere una certa indipendenza energetica si andrebbe a creare una dipendenza tecnica, l’Italia non ha più competenze nel settore (reattori chiusi nel 1990) e dovrebbe affidarsi a tecnologia straniera (USA, Francia, Corea), con limitata autonomia. Per concludere il solare e l’eolico hanno costi in calo (+ accumuli), mentre il nucleare richiede tempi lunghi per diventare operativo, rischiando di essere superato dalla transizione verde.
Come finirà il programma nucleare italiano?
Il governo potrà scommettere su reattori di IV generazione o SMR (più sicuri e compatti), ma con tempi di sviluppo incerti (non prima del 2035).
O investire in fusione nucleare (progetti come ITER o DTT), una soluzione potenzialmente rivoluzionaria, ma non prima del 2050.
La più probabile resta la terza via: rinunciare al nucleare e puntare su rinnovabili + idrogeno + risparmio energetico, accettando una transizione più lenta.
Nulla di nuovo quindi. Il nucleare, almeno in teoria, potrebbe dare all’Italia energia pulita e stabile, ma gli ostacoli sono enormi e conosciuti da decenni: costi, tempi, accettazione sociale e sfide tecniche. Senza un piano chiaro, consenso bipartisan (impossibile con questo clima politico) e cooperazione internazionale, il rischio è di ripetere il fallimento del referendum del 2011 (quando il governo Berlusconi tentò di reintrodurlo senza successo).
Alla peggio la Presidente Meloni potrebbe dare la colpa del fallimento nucleare alla magistratura. Che come il nero per certi personaggi sta bene su tutto.
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