Cronaca
La scomparsa di Pietro Camedda, tra naia e nonnismo.
Lo Stato ha chiamato, loro hanno obbedito. Ora lo Stato non può tradirli. Non può, non possiamo, dimenticarli.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Con la guerra in Ucraina è tornato d’attualità il tema di introdurre nuovamente il servizio militare di leva. La naia.
Tante generazioni hanno conosciuto, purtroppo anche tragicamente, la naia. La leva militare ha avuto anche una funzione sociale. Per molti giovani, la naia è stata la prima, a volte l’unica, occasione per uscire dal paese.
Il servizio militare era anche un modo per elevare l’istruzione dei giovani. Per controllare le condizioni di salute. Era anche bacino a cui attingere, a basso prezzo, nel caso di emergenze come terremoti o gravi disordini. Il servizio militare di leva era anche un modo per trasmettere valori positivi.
Tutte rose e fiori quindi? No, il servizio militare di leva in Italia ha avuto diversi lati negativi. Lo scarso addestramento, che ha portato spesso ad incidenti anche mortali. Per esigenze di bilancio, l’addestramento era poco curato. Ad eccezione di singole specialità. Inoltre, specialmente negli anni della Guerra Fredda, l’Esercito Italiano era uno dei peggiori, come equipaggiamento, della Nato.
Problema ancora più grave, per i militari di leva, era il nonnismo. Problema diventato ancora più grave negli anni 80. I nonni erano i militari di leva con più mesi di servizio.
Che spesso tormentavano con atti di violenza fisica e psicologica le reclute appena arrivate. I “nonni” violenti avevano vita facile perché agivano negli orari in cui era minore la presenza di ufficiali e sottufficiali o perché godevano della complice indifferenza di certa gerarchia militare.
Per alcuni il nonnismo era un modo per mantenere la disciplina. In realtà il nonnismo ha provocato molte vittime. Ragazzi morti per suicidio causato da traumi psicologici. Ragazzi gravemente feriti a causa delle violenze dei nonni. Ragazzi morti a causa del nonnismo.
Come Emanuele Scieri o come, probabilmente, Pietro Camedda.
La vicenda di Pietro Camedda è molto breve da raccontare ma è una vicenda simbolo.
Camedda è un militare di leva presso la caserma Passalacqua di Novara. Scompare, dalla caserma, il 31 luglio 1984. Viene accusato di diserzione, per poi essere assolto.
No Pietro non era un disertore. Negli anni lettere anonime, rivelazioni. Interrogazioni parlamentari ma nessuna pista concreta.
Forse Pietro Camedda è stato ucciso in caserma, per qualcosa che ha visto o non ha voluto più sopportare e il suo corpo occultato. Forse, dopo quasi quarant’anni anni nessuna certezza.
Sicuramente sono state tante le vittime della naia in Italia. Ad indicare che il servizio di leva aveva delle gravi criticità. Che i sostenitori odierni della naia sembrano dimenticare.
Criticità che per essere eliminate richiedono ingenti investimenti. Non inferiori a quelli che servono per mantenere un esercito professionale.
Ovviamente, poi, resta da stabilire se l’Italia ha bisogno di un servizio militare di leva obbligatoria. E sinceramente non sembra esserci questa necessità. Avrebbe più senso un servizio civile esteso il più possibile a tutti i ragazzi e le ragazze. Perché servire la comunità è il miglior mondo per imparare a farne parte. Servizio che non deve essere necessariamente armato.
Ha senso invece parlare di naia per ricordare tutti i giovani che hanno perso la vita o hanno avuto la vita rovinata dal servizio militare. Lo Stato ha chiamato, loro hanno obbedito. Ora lo Stato non può tradirli. Non può, non possiamo, dimenticarli.
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