Società
Arte, quanto mi costi!
Michelangelo o Bernini hanno prodotto grandi capolavori in epoche nelle quali certa committenza poteva investire nell’arte enormi risorse, poiché la grande bellezza era ed è espressione di potere. La storia ha dimostrato che le cose sono andate quasi sempre così, non a caso ciò che oggi è considerato arte è spesso nella proprietà dei più grandi gruppi bancari mondiali così come un tempo lo era dei signori rinascimentali, dei papi o di re ed imperatori.
di Rosamaria Fumarola
L’ arte nel tempo ha significato cose diverse, talvolta in profonda contraddizione tra loro, non v’è dubbio infatti che, lungi dall’ occupare una dimensione assoluta, l’arte sia un linguaggio, capace di esprimere ogni aspetto dell’animo umano e del suo tempo. Per comprendere dunque quale sia stato il suo rapporto con la ricchezza andrà precisato in anticipo che non è mai stato lo stesso, sebbene per lunghi periodi possa essere apparso come tale.
L’ arte ha consentito all’essere umano di esprimersi, in apparenza questo potrebbe sembrare un dato importante, anzi il più rilevante: un universo prezioso ed unico che trova una strada per arrivare agli altri e talvolta per superare il tempo e vincerlo. In realtà non vi è nulla di più essenziale quando si parla dell’uomo, della ricerca dei mezzi per esprimersi adattandosi al reale che, a ben guardare è la storia di ogni civiltà, sin dalla notte dei tempi. Senza mezzi non esiste possibilità di relazione e di espressione e se mezzi sono per certi aspetti le parole (sebbene per molti grandi intellettuali e per tante religioni siano creatrici e dunque “sostanza” esse stesse) o le note, non v’è dubbio che ne esistano di svariati tipi e che la stragrande maggioranza di essi abbia un proprio costo. Michelangelo o Bernini ad esempio, hanno prodotto grandi capolavori in epoche nelle quali certa committenza poteva investire nell’arte enormi risorse, poiché la grande bellezza era ed è espressione di potere. La storia ha dimostrato che le cose sono andate quasi sempre così, non a caso ciò che oggi è considerato arte è spesso nella proprietà dei più grandi gruppi bancari mondiali così come un tempo lo era dei signori rinascimentali, dei papi o di re ed imperatori. L’ arte ha un costo, lo ha sempre avuto ed è al servizio di qualcuno proprio in virtù della sua natura tutta umana. Si può essere anticlericali, come peraltro la sottoscritta, ma senza la Chiesa e la vanità di certi papi non avremmo avuto la Cappella Sistina. Quanto ai contenuti dell’arte non è detto quindi che essi siano stati sempre celebrativi della medesima committenza. La colonna traianea esalta le imprese dell’imperatore che la commissionò ma ad esempio, durante la rivoluzione francese, nell’arte figurativa troviamo rappresentate le imprese di chi mandò a morte il vecchio regime e già pochi anni dopo … le imprese di un nuovo imperatore, Napoleone appunto. Non è mia intenzione, non almeno in questo scritto, fare riflessioni su alcune dinamiche che la storia sembra mostrare in maniera fin troppo evidente, quanto piuttosto osservare che ogni potere sviluppa una propria idea d’arte, che è ovviamente anche propaganda e che condanna tutte le altre. Esempio ne sia la damnatio memoriae che il nazismo fece di tantissime opere ed autori, almeno pubblicamente, visto che spesso si verificò che i gerarchi del Reich più che distruggere, collezionassero per sé capolavori di maestri del surrealismo o del cubismo. Non dissimile fu l’atteggiamento dei potenti nel comunismo sovietico. Ogni potere ha una propria cultura ed una propria arte per raccontarsi e quando distrugge opere dell’ingegno e della creatività lo fa per colpire la forza diversa dalla propria che le ha espresse.
La considerazione che si può fare è che la democrazia, anche da questo punto di vista sia la forma di governo preferibile, sebbene non manchino le critiche di quanti ritengono che essa, per le dinamiche che ne sono alla base, non possa produrre capolavori come quelli della classicità. In realtà e per fortuna sono tantissime le opere di immenso valore che i regimi democratici hanno saputo esprimere, anche nei casi di un’ambiguità relativa alla propria reale natura. Gli Stati Uniti nonostante democratici hanno sempre mostrato velleità imperialistiche che, in quanto tali, hanno come le dittature dato luogo a persecuzioni non diverse da quelle delle tirannie.
Resta da chiedersi se una democrazia sia davvero capace di produrre opere nelle quali gli ultimi, perché gli ultimi esisteranno sempre, possano trovare posto, possano riconoscersi, come ad esempio dopo l’ultimo conflitto mondiale nel neorealismo. La coscienza di sé, della propria condizione e lo sviluppo di una propria cultura, passa attraverso l’arte che deve essere una banchetto col numero più alto possibile di convitati, ognuno con una propria pietanza da offrire. Attualmente nonostante l’esistenza di sporadici esempi virtuosi si assiste invece ad una ghettizzazione che si sperava superata e che porta ad esempio i giovani dei quartieri a rischio delle nostre città a fruire della musica neomelodica il cui mercato è nelle mani della criminalità organizzata, musica che veicola e riproduce una cultura delinquenziale i cui valori sono evidentemente più semplici da fare propri di quanto non lo siano quelli di chi vive nei quartieri ricchi. La musica neomelodica da un lato testimonia la necessità insopprimibile per quanti la ascoltano di vedersi rappresentati in una dimensione estetica, dall’altro che anche in questo caso esiste un potere che se ne fa carico da un punto di vista economico e che esprime solo sé stesso e la sua volontà di perpetuarsi. Forse un giorno si dirà che non si trattava di sottocultura ma di arte vera, tante volte si è verificato; una sola cosa è però da sempre individuabile come autentica e cioè la richiesta da parte di ogni essere umano di forme d’arte in cui guardare sé stesso. In ragione di ciò, giudicare i giovani dei quartieri a rischio dei minus habentes perché amano e cantano la musica neomelodica è un errore, che non permette di rompere le barriere che impediscono di sviluppare nuove e diverse forme di cultura, consentendo finalmente la partecipazione di tutti, stavolta sì, allo stesso banchetto.
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