Economia & lavoro
Multe e scioperi
di FABRIZIO RESTA
Ottantaquattro mila euro di multa complessiva per 21 scioperanti a Prato lo scorso 16 ottobre, circa 4 mila euro a testa.
In quella data il Si Cobas avevano infatti indetto una protesta sindacale davanti alla Tintoria Superlativa di via Inghirami per protestare contro il mancato rispetto dell’accordo dello scorso luglio che si impegnava ad iniziare un processo di regolarizzazione del lavoro in un contesto dove gli operai lavorano 12 ore al giorno (7 giorni su 7), spesso in nero e senza la possibilità di chiedere ferie o malattia, per non parlare delle condizioni di “sicurezza” sul lavoro. Situazioni gravissime e illegali, tutte confermate dall’Ispettorato del lavoro. Motivo ufficiale della sanzione agli operai? Un blocco stradale (secondo i sindacati mai avvenuto) di cui gli operai sono accusati per via di un’auto, in uscita dalla Superlativa, che ha travolto il sit-in degli scioperanti, ferendo tra l’altro anche molti manifestanti. In segno di solidarietà, in via Inghirami si sono aggiunti successivamente altri lavoratori di altre aziende. Dopo aver subito anche la beffa, i lavoratori della Superlativa hanno deciso di indire una nuova protesta il 21 dicembre presso la Prefettura di Prato. “Oggi dovevamo essere sotto alla Questura di Prato, in un presidio autorizzato, ma uno schieramento di poliziotti ci impedisce di andare sotto al Palazzo della Questura. Abolire ora i Decreti Sicurezza che limitano i diritti e puniscono chi li rivendica!” spiega Toscano della Si Cobas. Il sindacato ha comunque già presentato ricorso contro le multe.
L’ex ministro dell’Interno Salvini ha voluto fortemente questo decreto per scoraggiare chi nell’ambito di manifestazioni, ostruisca la circolazione stradale, anche soltanto con il proprio corpo. Da quando è entrato in vigore il Decreto sicurezza, ribattezzato il Decreto Salvini, scioperare potrebbe non essere più un diritto, non almeno quello previsto dall’art. 40 della Costituzione che cita: “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”. Lo sciopero costituisce un diritto di libertà, cioè un diritto il cui esercizio non può essere limitato, né può comportare alcuna sanzione da parte dell’ordinamento. Per essere precisi, giuridicamente parlando, il diritto di sciopero non è un diritto che crea la Costituzione ma è un diritto soggettivo potestativo che preesiste ad essa. Adesso per limitare il diritto di sciopero, al datore di lavoro basta investire gli operai e asserire che ci fosse il blocco stradale; un precedente che potrebbe essere davvero pericoloso.
Blocco stradale o meno, multare gli operai che scioperano perché non percepiscono i salari da 7 mesi significa tornare al Codice Rocco e quindi alla legislazione del ventennio fascista. Il Decreto Sicurezza di Salvini è un abominio giuridico che cancella decenni di democrazia in Italia sancendo una visione politica più attenta a limitare il più possibile il diritto di sciopero, piuttosto che a difendere i diritti delle fasce di popolazione più deboli. Tutto immolato sull’altare di una presunta sicurezza che non riusciamo a capire (da quando è colpa dell’investito? Non dovrebbe essere chi guida a fare attenzione o per lo meno ad essere più attento?)
La sicurezza è necessaria per tutelare i cittadini contro le aggressioni della criminalità, della mafia e di qualsivoglia fenomeno umano e non, che sia un rischio per la salute pubblica. Uno sciopero non può costituire un pericolo, la mafia si. Peccato che il Decreto Salvini non preveda alcuno strumento per combattere la mafia o la criminalità in genere. Per tale Decreto è più pericoloso uno sciopero che la mafia? Sembra assurdo ma a guardare il provvedimento così sembra. Per Prato il pericolo è costituito da 21 operai che protestano per condizioni di lavoro non solo inique ma che costituiscono un vero e proprio sfruttamento. Magra consolazione che sia stata sospesa l’attività dell’azienda e che sia stato aperto un fascicolo presso la Procura della Repubblica per sfruttamento.
Quello che più dispiace è vedere che la Questura (quella di Prato per lo meno) ed altre Istituzioni statali, che dovrebbero essere organi al servizio dei cittadini, specie di quelli più indifesi, appaiono oggigiorno sempre più indifferenti che lontani da essi e lo dimostra il fatto che si criminalizza chi combatte per tutelare i propri diritti rispetto al disagio che si crea per l’utenza, ignorando il fatto che le maggiori responsabilità le hanno coloro che non rispettano i contratti. Le conseguenze? La mancanza di dialogo tra le varie classi sociali, la sfiducia nelle istituzioni, il non voto, la crisi dei principi di solidarietà collettiva, la personalizzazione delle istituzioni con personaggi locali e quindi il tentativo di tutelare i propri diritti tramite i canali dei favori e altri ancora più pericolosi. A guadagnarci è un sistema diffuso dai contorni opachi e sempre sul filo sottile che divide legalità e illegalità che va dall’evasione fiscale allo sfruttamento del lavoro che viene messa poco in discussione e forse anche male sia dalla magistratura che dalla politica. Al contrario, si multano gli scioperanti. Guardateli bene, questi sono i criminali di Prato. Lo dice la legge.
Fonte Foto: tpi