Cultura
Il segreto del gelso bianco
di TITTI AGOSTINACCHIO
Introdotto da Luciano Anelli, nel clima caldo e festoso di una braceria di Sannicandro, i coautori del romanzo:”Il gelso bianco” hanno parlato della “loro” storia. Un medico di provincia e un’insegnante trapiantata a Torino, forse improbabili scrittori, forse no, ci hanno gradevolmente portato in una dimensione “altra”del nostro vivere quotidiano.
Si fanno avanti e mietono consensi i nostri amici pugliesi che hanno vinto un ambito premio letterario “LibriaMola”2010 per aver scritto un libro accattivante ed introspettivo che è oggi finalista al Premio “Via Po” di Torino insieme a “Nonna Carla “ di Alain Elkan, “L’ultima riga delle favole” di Massimo Gramellini e “La sposa gentile” di Lia Levi. Muovendo dal segreto confidato da una bambina ad un gelso bianco, si dipana la saga di una famiglia meridionale di un paesello dal nome inventato, Merigliano che giunge, ripercorrendo cento anni di storia, quattro generazioni, ai confini dell’America, sullo sfondo di storie intrecciate e forse mai compiute. Antonella Caprio e suo fratello Franco ripercorrono con il sogno languido del memoriale, le parole della madre, del padre, del nonno, del bisnonno e di tutta quella società che mai sarà dimenticata dai nostri figli, le esperienze intime, le fatiche insormontabili che hanno fatto e fanno la verità storica di una grande famiglia che ruota intorno al vecchio patriarca fino ai nostri giorni.
Con l’ironia tipica della gente della Murgia pugliese, abituata a barcamenarsi tra mille imprevisti, si ergono le figure di Marianna, indiscutibile protagonista del romanzo e del capostipite, Federico Di Lauro, padre- padrone abituato a mordere la vita con la caparbietà di quegli antichi uomini le cui storie rimangono vive nei racconti intorno al focolare di un tempo andato, ma mai sopito. Edito dalla Besa editrice, in 363 pagine ci sembra di essere lì ad ascoltare le loro storie, i loro racconti seduti magari sul “pisulo”. Lo stile è anche decisamente, oltre che scorrevolissimo, originale ed immediato perché raccoglie un linguaggio che muta col mutare delle storie e col passar del tempo. I dialoghi, dapprima serrati in un dialetto più vicino alla gente umile, si fa sempre più moderno sino a divenire metadialettale e più rispondente ad una cultura dell’italiano mediata dall’avvento della televisione e dei “tempi moderni”. Intervistati gli autori del romanzo, candidamente rivelano che hanno semplicemente seguito le “conversazioni” della loro gente, per non dimenticare, per non essere dimenticati. Il segreto di una buona storia? Raccontare con velata semplicità la propria verità sulle esperienze che ci hanno fatto uomini e donne .La sensazione è che tutti abbiamo nella nostra vita un gelso bianco o Morus alba (bianco, nero) che guida le nostre strade in una vita fatta di asperità e contraddizioni .