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31 Agosto 2025

Quando la politica diventa aggressione e la corruzione esplode: Milei sotto assedio — lo Stato sotto attacco e l’Argentina in rivolta

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Credit foto Javier Milei e sua sorella Karina Milei, segretaria generale della Presidenza, all’apertura della Società Rurale, Buenos Aires, luglio 2025. (Foto: AP/Gustavo Garello) Quando la politica diventa aggressione

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

La rivolta argentina e la crisi civilizzazionale

Il 27 agosto 2025, Javier Milei è stato evacuato in fretta da un comizio a Lomas de Zamora dopo che manifestanti hanno lanciato pietre e oggetti contro la sua comitiva. Un episodio che non è stato un incidente isolato, ma il ritratto fedele di un Paese in rottura: un presidente che non può più camminare tra la sua gente, un’élite che festeggia riforme devastanti e una società in pieno collasso.

Dall’inizio del suo governo, il programma radicale di tagli sociali ha spinto pensionati, studenti, lavoratori e movimenti popolari a scendere in piazza. La risposta è stata sempre la stessa: repressione con gas lacrimogeni, proiettili di gomma, arresti arbitrari. La politica si è trasformata in conflitto fisico.

L’altra faccia del mileismo: l’élite soddisfatta

Mentre il popolo soffre, settori privilegiati — banchieri, speculatori e grandi imprenditori finanziari — celebrano Milei.
Per loro, la parziale dollarizzazione, la deregolamentazione del mercato e la promozione delle criptovalute rappresentano un paradiso: uno Stato debole, ridotto, che non garantisce scuole, pensioni né sanità pubblica, è un affare.

Questa minoranza trova eco nei media internazionali e nei mercati, che lodano il “miracolo della caduta dell’inflazione”, ma ignorano che questa vittoria è stata pagata con la fame, la disoccupazione e la disperazione di milioni di argentini. Anche in Brasile, la stampa egemonica ripete questa narrazione, dipingendo Milei come un “liberatore dei mercati” e tacendo sulla devastazione sociale che ne deriva.

La corruzione alla luce del sole: dal “cripto-gate” alle mazzette presidenziali

Il primo scandalo: la truffa delle criptovalute

Il 14 febbraio 2025, Milei ha promosso attraverso i suoi canali la memecoin $LIBRA, parte del progetto “Viva la Libertad”. Il prezzo della moneta è esploso, per poi crollare in modo spettacolare. Migliaia di investitori hanno perso ingenti somme. L’episodio è stato definito un “rug pull” e ha dato origine a indagini giudiziarie in Argentina, negli Stati Uniti e in Europa. La stampa lo ha battezzato “cripto-gate”: il primo grande scandalo del governo Milei.

La giustizia ha congelato beni, aperto inchieste, e la credibilità del presidente che si presentava come “anti-casta” è uscita a pezzi.

Il cuore del potere: Karina Milei e lo scandalo delle mazzette

Come se non bastasse, poche settimane fa sono emerse nuove accuse: Karina Milei, sorella del presidente e segretaria generale della Presidenza, è stata indicata in intercettazioni e audio come beneficiaria di un sistema di tangenti da parte di laboratori farmaceutici, in particolare Suizo Argentina.

Secondo le denunce, Karina avrebbe percepito tra il 3% e l’8% dei contratti pubblici, arrivando a guadagni stimati tra 500mila e 800mila dollari al mese. Le indagini hanno portato a perquisizioni, sequestri di denaro e dispositivi elettronici, colpendo il cuore stesso del potere esecutivo.

Apodada “El Jefe” dal fratello, Karina rappresentava il cervello politico del mileismo. Oggi il suo nome è sinonimo di corruzione, smentendo clamorosamente la retorica del governo contro la “casta”.

Turismo in caduta libera: un settore vitale in rovina

Un altro settore colpito duramente è quello del turismo, storicamente uno dei più dinamici e popolari in Argentina, che generava milioni di posti di lavoro diretti e indiretti.

  • Le vacanze invernali 2025 hanno registrato un calo del 10,9% rispetto al 2024. Alberghi e ristoranti chiudono, con oltre 10 posti di lavoro persi al giorno.
  • La stagione estiva ha avuto risultati disastrosi: drastico calo dei turisti interni e stranieri, mentre gli argentini che viaggiano all’estero sono aumentati del 37% in sei mesi, con una fuga di valuta devastante per l’economia.
  • Il turismo internazionale, che prima vedeva folle di brasiliani visitare Buenos Aires, Córdoba o la Patagonia, è crollato di oltre il 20%, impoverendo ulteriormente famiglie e lavoratori che dipendevano dal settore.

La crisi del turismo è un segno tangibile: strade un tempo piene di visitatori oggi sono occupate da persone senza tetto, famiglie in miseria e giovani senza futuro.

Un Paese in decadenza

La fotografia dell’Argentina oggi è chiara:

  • Povertà e abbandono: aumentano i senzatetto e cresce la dipendenza chimica, simile a quanto accade nelle metropoli europee colpite dal neoliberismo selvaggio.
  • Esodo massiccio: decine di migliaia di argentini emigrano, molti verso il Brasile, in cerca di un minimo di stabilità.
  • Università sotto attacco: tagli brutali minacciano corsi, borse di studio e ricerche scientifiche.
  • Sanità allo sfascio: anziani e disabili restano senza cure né farmaci.

Un Paese che fu orgoglio dell’educazione pubblica e della mobilitazione sociale sprofonda nella decadenza.

Il tramonto della politica civile

Milei non può più uscire in strada perché:

  • il popolo non tollera più riforme che significano fame e disoccupazione;
  • il governo ha perso legittimità democratica, governando con la repressione;
  • la corruzione al centro del potere ha distrutto ogni residua fiducia.

Quando la politica si riduce alla violenza e la corruzione diventa visibile a occhio nudo, il patto sociale si dissolve — e la rivolta diventa inevitabile.

Conclusione: un monito per l’America Latina

L’Argentina mileista è un laboratorio fallimentare: smantellamento dello Stato, repressione sociale, arricchimento delle élite e corruzione dilagante.
L’elogio internazionale all’“aggiustamento” nasconde la verità: un Paese in macerie, dove persino il presidente non può più camminare in pace tra i suoi cittadini.

La rivolta argentina è un grido che risuona oltre i suoi confini: non c’è democrazia senza giustizia sociale, né sovranità senza uno Stato capace di proteggere la sua gente.