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31 Agosto 2025

L’Italia fragile: tra emergenze e ritardi, le criticità della Protezione Civile

Dal sogno di Zamberletti alla sfida del clima estremo: cosa non funziona e come si può rimediare

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Credit foto https://www.anciabruzzo.it/protezione-civile-incendi-boschivi-le-raccomandazioni-del-presidente-del-consiglio-su-campagna-2018/

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

11 agosto 2025. Coreno Ausonio, un piccolo paese in provincia di Frosinone, ma potrebbe essere una qualsiasi località italiana. Il solito incendio boschivo. Probabilmente doloso.

La Protezione Civile interviene ma non basta. Non per mancanza di impegno e valore dei volontari che sono anzi da lodare. Sempre.

La problematica è legata all’equipaggiamento e all’addestramento. I Comuni dovrebbero indirizzare i fondi assegnati alle locali articolazioni della Protezione Civile, ad esempio nel caso di Coreno Ausonio parliamo di 2000 euro l’anno diventati 3200 per il 2025, per l’acquisto di attrezzatura adatta e addestramento. Ad esempio affiancando pompe a spalla per incendi boschivi al flabello battifuoco.

Quindi, l’undici agosto ma non solo, diventa risolutivo l’intervento dei Vigili del Fuoco https://www.leggocassino.it/2025/08/11/incendio-a-coreno-ausonio-le-fiamme-lambiscono-le-abitazioni. Che, però, sono pochi.

Diventa, quindi, cruciale il ruolo della Protezione Civile. Della prevenzione.

Fu Giuseppe Zamberletti, all’indomani del terremoto in Friuli del 1976 e della tragedia dell’Irpinia del 1980, a intuire che l’Italia aveva bisogno non solo di soccorsi rapidi, ma di un sistema capace di prevedere, prevenire e coordinare.

Dalla sua visione nacque la Legge 225 del 1992, che istituì il Servizio nazionale della Protezione Civile. Zamberletti, uomo di poche parole e molte azioni, sosteneva che “la vera protezione civile si fa prima del disastro, non dopo”.

Oggi, di fronte a terremoti, alluvioni, incendi e cambiamento climatico, quel principio sembra più attuale che mai — eppure spesso tradito.

I numeri parlano chiaro: quasi un quarto del territorio italiano è a rischio idrogeologico, con milioni di cittadini esposti a frane e alluvioni. Ma i fondi continuano a concentrarsi sul “dopo”, cioè sull’emergenza e la ricostruzione.

Il risultato è un Paese che piange i danni ogni volta che piove troppo o che un fiume rompe gli argini, mentre la manutenzione ordinaria e la delocalizzazione delle aree più fragili restano al palo.

Il Codice della Protezione Civile del 2018 ha chiarito ruoli e competenze, ma nella pratica resta una frammentazione istituzionale che rallenta la risposta.

Molti Comuni non hanno piani aggiornati, le catene di comando variano da Regione a Regione e la capacità di interoperare tra sale operative, vigili del fuoco, volontariato e forze dell’ordine non è uniforme.

In emergenza il Capo del Dipartimento può autorizzare procedure straordinarie, aggirando il Codice degli appalti.

Un meccanismo indispensabile per garantire la rapidità, ma che spesso lascia ombre: la Corte dei conti e l’ANAC hanno segnalato più volte il rischio di scarsa trasparenza negli affidamenti, con monitoraggi insufficienti sul rapporto costi/benefici.

Dal 2024 è operativo il sistema di allerta nazionale sui cellulari, capace di raggiungere milioni di cittadini in tempo reale.

È un passo avanti enorme, ma resta da completare la copertura cell-broadcast, l’integrazione con sirene e reti locali, e la traduzione dei messaggi in più lingue. Perché l’allerta funzioni davvero deve diventare capillare e comprensibile da tutti.

Ogni estate si ripete lo stesso copione: Canadair insufficienti, Regioni in affanno, roghi che divorano boschi e parchi naturali.

L’Italia può contare anche sulla flotta europea rescEU, ma senza una vera prevenzione sul territorio — tagliafuoco, gestione della vegetazione, piani comunali anti-incendio — il fuoco continuerà a correre più veloce dei soccorsi.

E intanto incombe l’effetto del cambiamento climatico: eventi estremi sempre più frequenti, ondate di calore in città, ghiacciai in ritiro, coste da difendere dall’erosione. Il Piano nazionale di adattamento climatico, approvato nel 2023, è ancora in fase embrionale.

Nonostante tutto, la Protezione Civile italiana resta un modello ammirato all’estero.

Il coordinamento centrale garantito dal Dipartimento in grandi crisi.

Il volontariato organizzato, autentica spina dorsale del sistema, che porta uomini e donne sul campo in ogni emergenza.

La capacità di mobilitazione rapida, anche in scenari complessi come la pandemia.

Per trasformare un sistema spesso “eroico” ma ancora troppo reattivo in una macchina moderna e preventiva, servono scelte politiche chiare:

Vincolare risorse alla prevenzione, imponendo quote minime di spesa per manutenzione e mitigazione.

Standard nazionali obbligatori per i piani comunali, con controlli e poteri sostitutivi.

Trasparenza totale su spese e appalti in emergenza.

Un early warning integrato, che unisca IT-Alert, sirene e media locali.

Prevenzione incendi di territorio, non solo mezzi aerei.

Attuazione rapida del Piano climatico, con obiettivi misurabili e verificabili.

Formazione e tutele per i volontari, affinché restino il cuore del sistema ma sempre più qualificati.

A più di quarant’anni dalle sue intuizioni, il messaggio di Zamberletti resta valido: la Protezione Civile non è “eroismo dell’ultimo minuto”, ma politica pubblica di prevenzione.

L’Italia ha già dimostrato di saper coordinare, mobilitare, salvare vite. Ora deve imparare a prevenirne la perdita, investendo prima che arrivi l’emergenza. Solo così il sistema potrà reggere la sfida degli eventi estremi che ci attendono.

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