24 Marzo 2025
Donne Rivoluzionarie Sandiniste: Il Cuore Pulsante della Lotta per la Libertà in Nicaragua
La rivoluzione non è mai stata solo una questione di uomini. In Nicaragua, le donne hanno impugnato le armi, organizzato la resistenza, sfidato il terrore della dittatura e combattuto contro l’imperialismo con la stessa determinazione e radicalità dei loro compagni.

Di Maddalena Celano
La rivoluzione non è mai stata solo una questione di uomini. In Nicaragua, le donne hanno impugnato le armi, organizzato la resistenza, sfidato il terrore della dittatura e combattuto contro l’imperialismo con la stessa determinazione e radicalità dei loro compagni. Non semplici supporti logistici, non figure di secondo piano: le donne sandiniste sono state protagoniste della lotta di liberazione, contribuendo con il loro coraggio, la loro intelligenza e la loro instancabile volontà alla costruzione di un Nicaragua libero e giusto. Dalle prime battaglie di Augusto César Sandino contro l’occupazione statunitense negli anni ’20 e ’30 fino alla resistenza contro la dittatura somozista e le aggressioni della contra negli anni ’80, le donne hanno pagato con il sangue e il sacrificio il loro impegno rivoluzionario. Già durante la guerriglia sandinista, figure come Blanca Stella Arauz, moglie e collaboratrice di Sandino, svolsero un ruolo fondamentale nella trasmissione di informazioni e nell’organizzazione logistica della resistenza. Con la nascita del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) negli anni ’60, le donne diventarono una componente essenziale della lotta. Dora María Téllez, una delle comandanti più celebri, guidò l’assalto alla città di León nel 1979, una delle operazioni decisive contro il regime di Somoza. La stessa Gioconda Belli, scrittrice e militante sandinista, descrisse il fervore rivoluzionario delle donne in quegli anni: “Le donne nella rivoluzione non combattevano solo con i fucili, ma con le idee, con la capacità di organizzare, con la determinazione di cambiare il mondo e il proprio destino.”
La loro partecipazione non è stata solo militare, ma anche politica, sociale ed economica. Con la vittoria del FSLN nel 1979, le donne entrarono nei processi decisionali, ottenendo ruoli di rilievo nel governo rivoluzionario e promuovendo riforme a favore dell’uguaglianza di genere. La rivoluzione sandinista introdusse programmi di alfabetizzazione, accesso alla sanità e riforme agrarie che beneficiarono in particolare le donne rurali. Tuttavia, la loro lotta per la piena emancipazione non si è mai fermata, poiché come ricordava la comandante sandinista Leticia Herrera: “Non c’è vera rivoluzione senza la liberazione delle donne.”
Amanda Aguilar: Una Vita per la Libertà
Un esempio straordinario di resistenza femminile è rappresentato da Amanda Aguilar, il cui vero nome era Petrona Hernández. Questa leggendaria figura rivoluzionaria, vissuta fino all’età di 116 anni, fu una delle prime contadine a organizzare sindacati per gli agricoltori nelle zone rurali di Jinotega, nel nord del Nicaragua, in un contesto di oppressione e disuguaglianza sociale che caratterizzava l’era della dittatura somozista. La sua figura è emblematica di quella resistenza silenziosa e tenace delle donne che, pur tra le difficoltà e le privazioni, si batterono con determinazione per la giustizia sociale e la liberazione. Nel 1977, Amanda Aguilar, insieme ad altri leader contadini, formò uno dei primi sindacati per difendere i diritti degli agricoltori, un passo fondamentale per la lotta contro la dittatura di Anastasio Somoza. In un’area rurale come Jinotega, dove la miseria e l’analfabetismo erano diffusi, la sua organizzazione divenne un faro di speranza per molti che sognavano un Nicaragua libero dalla tirannia.
Tuttavia, la sua resistenza non passò inosservata. Fu catturata dalla Guardia Nacional, il corpo paramilitare al servizio del dittatore Somoza, e subì torture brutali. Amanda Aguilar, nonostante le violenze, non cedette mai alla paura. Come raccontò in un’intervista anni dopo, “Mi hanno picchiata, mi hanno torturata, ma la mia fede nella rivoluzione non è mai vacillata. Sapevo che lottare per la libertà era l’unico modo per costruire un futuro migliore per i miei figli e per il mio popolo.” La sua resistenza e il suo spirito di sacrificio divennero simboli di coraggio e determinazione, che ispirarono numerosi giovani rivoluzionari, tra cui molte donne, a prendere parte attivamente alla lotta.
Amanda Aguilar non fu solo una combattente; la sua azione abbracciava anche una dimensione sociale e politica. Durante la Rivoluzione Sandinista, la sua figura divenne un esempio di come la lotta delle donne fosse indissolubilmente legata alla costruzione di una società più equa. La sua forza e il suo impegno nel difendere gli agricoltori impoveriti erano radicati nella sua visione di una giustizia sociale che potesse finalmente abbattere le barriere che opprimevano le donne e gli uomini del Nicaragua. “Il nostro paese ha bisogno di giustizia, di un mondo dove ogni uomo e ogni donna possano vivere con dignità”, dichiarava Amanda, con l’energia che contraddistingueva la sua lotta quotidiana. La sua esperienza non solo riflette la brutalità del regime somozista, ma anche l’importanza delle donne nella resistenza contro l’oppressione. Durante gli anni della dittatura, le donne furono sempre più coinvolte non solo nella lotta armata, ma anche nella resistenza politica e sindacale. La sua figura si inserisce in un contesto più ampio in cui le donne, spesso dimenticate dai racconti ufficiali, furono parte integrante della lotta di liberazione. In seguito alla vittoria della rivoluzione nel 1979, Amanda Aguilar divenne un simbolo della resistenza popolare, e il suo contributo fu riconosciuto ufficialmente dalle autorità sandiniste. Non solo fu una testimone del cambiamento, ma fu anche un’artefice della trasformazione, influenzando le politiche sociali e agricole che segnarono l’inizio della nuova era del Nicaragua rivoluzionario. La sua storia fu raccontata più volte come esempio di coraggio e determinazione, e nel 2005, quando festeggiò il suo 100° compleanno, fu invitata al Palazzo Presidenziale per ricevere un riconoscimento ufficiale per il suo impegno. Le parole della comandante sandinista Mónica Baltodano riassumono perfettamente il suo spirito: “Le donne come Amanda Aguilar sono il cuore pulsante della nostra rivoluzione. Il Nicaragua che oggi conosciamo deve moltissimo alla sua lotta, al suo sacrificio e alla sua dedizione.”
In sintesi, la vita di Amanda Aguilar è una testimonianza che dimostra come la lotta delle donne non fosse un episodio isolato, ma parte di un processo più ampio di emancipazione e giustizia sociale. Il suo esempio ci ricorda che la liberazione non è solo politica, ma anche un cammino di dignità e di lotta quotidiana per i diritti, in particolare per quelli delle donne, che sono state fondamentali nella costruzione del Nicaragua post-sandinista.
Felipe e Mary Barreda: Il Martirio della Rivoluzione
Tra le tante storie di eroismo femminile, quella di Mary Barreda merita una menzione speciale. Insieme al marito Felipe, Mary fu una figura di spicco nella resistenza sandinista e il suo martirio divenne simbolo di sacrificio e dedizione per la causa rivoluzionaria. La coppia fu coinvolta attivamente nel movimento fin dai primi anni ’70 e, dopo la vittoria della rivoluzione nel 1979, continuò il suo impegno a favore della costruzione di una società giusta e libera dalle ingiustizie della dittatura somozista. Mary e Felipe Barreda furono membri del Consiglio pastorale di Estelí, una città situata nel nord del Nicaragua, un’area strategica durante la guerra contro il regime di Somoza. A partire dal 1975, la coppia collaborò attivamente con il Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN), contribuendo alla mobilitazione delle comunità locali e al rafforzamento della resistenza contro le forze di Somoza. La loro fede cristiana, che li spingeva a lottare per i poveri e gli emarginati, si univa al loro impegno rivoluzionario, dimostrando che la lotta per la giustizia sociale non fosse solo politica, ma anche morale e spirituale.
Il Martirio
Nel periodo immediatamente successivo alla vittoria sandinista, Felipe e Mary Barreda decisero di continuare a lavorare come raccoglitori di caffè alla frontiera con l’Honduras, una zona estremamente pericolosa a causa della presenza dei controrivoluzionari della Contra, gruppi armati finanziati dagli Stati Uniti con l’intento di rovesciare il governo sandinista. Questi gruppi, che includevano ex soldati della Guardia Nacional di Somoza e mercenari, erano noti per i loro attacchi brutali alle popolazioni civili che sostenevano il governo rivoluzionario. La scelta della coppia di lavorare in una zona di conflitto non fu casuale: credevano che la loro presenza potesse contribuire alla stabilizzazione dell’area e alla difesa dei principi della rivoluzione.
Tuttavia, la loro missione di pace e di sostegno alla comunità si trasformò in tragedia. Il 28 dicembre 1982, Felipe e Mary Barreda furono catturati dai controrivoluzionari mentre si trovavano nella zona di confine. Subirono torture indicibili, un atto crudele che voleva spezzare la loro resistenza e impedire il loro contributo alla causa sandinista. Nonostante le atrocità inflitte, Mary e Felipe rimasero fermamente convinti della giustezza della loro causa. Il loro martirio culminò il 7 gennaio 1983, quando vennero uccisi dai membri della Contra. Il loro sacrificio non fu vano. La memoria di Mary e Felipe Barreda divenne simbolo della resistenza rivoluzionaria e della lotta per un Nicaragua libero e sovrano. Il loro martirio rappresentava non solo la perdita di due valorosi combattenti, ma anche la forza e la determinazione del popolo nicaraguense nel difendere la propria rivoluzione, nonostante le difficoltà e le minacce interne ed esterne.
Riconoscimenti e Eredità
Il sacrificio di Mary e Felipe Barreda è stato ampiamente riconosciuto e celebrato, non solo all’interno del Nicaragua, ma anche in ambito internazionale, come simbolo di resistenza e di impegno per la giustizia sociale. La loro memoria continua a vivere attraverso cerimonie ufficiali, riconoscimenti postumi e citazioni da parte di figure politiche e culturali di spicco. Nel 1983, poco dopo la loro morte, il governo sandinista decise di onorarli in modo tangibile. La Junta de Gobierno di Estelí intitolò una piazza pubblica a loro nome, una decisione che non solo rappresentava un omaggio alle loro vite sacrificatesi, ma anche un invito alle nuove generazioni a non dimenticare l’importanza della lotta per la libertà e la giustizia. Non si trattava solo di una piazza: scuole e centri comunitari vennero dedicati alla memoria di Mary e Felipe, affinché il loro spirito di resistenza e impegno potesse continuare ad ispirare le giovani generazioni. Nel corso degli anni, la figura di Mary Barreda è stata celebrata in vari articoli e libri, con molti che hanno enfatizzato il ruolo cruciale delle donne nella rivoluzione sandinista. La scrittrice Gioconda Belli, in particolare, ha ricordato la loro lotta e il sacrificio in modo potente, scrivendo: “Le vittime della contra come Mary e Felipe Barreda sono state le colonne silenziose su cui si è eretto il Nicaragua nuovo. Il loro sacrificio non è stato solo per la lotta politica, ma anche per la dignità umana.” (Belli, La mujer del río Sumpul, 1983). Le parole di Belli non solo sottolineano l’importanza della loro lotta politica, ma anche la loro dedizione al valore della dignità umana, che trascende la dimensione puramente militare del conflitto. Inoltre, nel 1993, un evento commemorativo in onore di Mary e Felipe Barreda fu organizzato dalla Asociación de Mujeres Nicaragüenses Luisa Amanda Espinoza. Durante questa cerimonia, si celebrò il loro coraggio e il loro contributo al movimento rivoluzionario. La cerimonia fu seguita dalla lettura di messaggi di riconoscimento da parte di attivisti e organizzazioni internazionali, che continuarono a ricordare Mary e Felipe come eroi della lotta anti-imperialista. Nel 2003, a distanza di 20 anni dalla morte dei due martiri, il governo nicaraguense organizzò una messa in loro onore a Estelí, a cui parteciparono famiglie di combattenti sandinisti, autorità locali e numerosi ex guerriglieri. In questa occasione, fu posto un monumento in memoria della coppia, a testimonianza della loro immensa importanza per la storia del Nicaragua. In una dichiarazione ufficiale, il presidente Daniel Ortega, riflettendo sul significato di questi riconoscimenti, affermò: “Mary e Felipe non sono mai stati solo martiri. Sono la testimonianza che la resistenza e la lotta per la giustizia sociale sono sempre state, e sempre saranno, alla base di ogni rivoluzione vera e duratura.” Infine, nel contesto delle celebrazioni per l’anniversario della vittoria sandinista del 19 luglio 2007, fu istituito un premio annuale intitolato a Mary e Felipe Barreda, destinato a giovani attivisti e attiviste che si distinguono per il loro impegno nella difesa dei diritti umani e nella lotta contro l’imperialismo. Questi riconoscimenti e cerimonie evidenziano non solo il sacrificio dei coniugi Barreda, ma anche l’importanza della memoria collettiva nel costruire una nazione giusta e libera. Mary e Felipe Barreda sono diventati simboli della lotta per la libertà e la dignità, e la loro eredità continua ad ispirare i giovani nicaraguensi nella loro lotta quotidiana per un futuro migliore.
Le Donne nella Solidarietà Internazionale
La lotta delle donne sandiniste ha incarnato una resistenza senza compromessi contro l’imperialismo e il neoliberismo, portando avanti un processo rivoluzionario che non si è mai limitato ai confini del Nicaragua. La solidarietà internazionale ha giocato un ruolo determinante nel rafforzare la loro voce e nel sostenere la rivoluzione sandinista, trasformando la battaglia delle donne in un simbolo di emancipazione globale.
Queste combattenti non solo hanno sfidato il patriarcato e l’oppressione all’interno del loro paese, ma hanno anche costruito alleanze rivoluzionarie con movimenti femministi e antimperialisti in tutto il mondo. L’Associazione Italia-Nicaragua è stata una delle più attive nel diffondere la causa delle donne sandiniste, organizzando eventi, pubblicazioni e momenti di confronto che hanno messo in luce il loro ruolo determinante nella lotta rivoluzionaria.
Uno degli eventi più significativi fu l’incontro di Viterbo nel 1995, subito dopo la IV Conferenza Mondiale sulla Donna di Pechino. Questo evento non fu solo un momento di riflessione, ma un’azione concreta per denunciare l’oppressione imperialista e riaffermare la centralità della lotta delle donne nella costruzione di una società socialista. Il Corriere della Sera del 10 maggio 1995 sottolineò come questo incontro avesse portato alla ribalta “l’esperienza nicaraguense come modello di emancipazione femminile in un contesto di lotta contro l’oppressione”, testimoniando il legame inscindibile tra femminismo e rivoluzione.
Nel 1997, a Celleno, un altro evento rivoluzionario, “Donne in America Latina”, diede voce alle militanti che, da ogni angolo del continente, si battevano per la giustizia sociale e contro le imposizioni imperialiste. Le donne sandiniste, presenti a questo incontro, ribadirono la necessità di unire le lotte femminili all’antimperialismo, consapevoli che non può esistere liberazione delle donne senza liberazione dal giogo capitalista e neoliberista.
La partecipazione attiva delle donne nicaraguensi in questi eventi internazionali ha cementato la loro presenza nella storia della rivoluzione mondiale, dimostrando che la loro lotta è e resterà un punto di riferimento imprescindibile per ogni movimento femminista che rifiuti le catene del sistema dominante. La resistenza delle donne sandiniste continua ad essere un faro per chi combatte per un mondo libero da sfruttamento e oppressione.
Le donne, spesso emarginate e invisibilizzate in contesti di guerra e rivoluzione, sono riuscite a guadagnare un riconoscimento internazionale grazie a queste reti di solidarietà. Secondo l’antropologa e storica Leslie B. Wood, “La solidarietà internazionale non solo ha fornito risorse materiali, ma ha anche dato un volto e una voce alle donne che stavano combattendo per la loro liberazione e per un Nicaragua libero dall’imperialismo”. Questo sostegno ha permesso loro di continuare a lottare con la consapevolezza che non erano sole nella loro battaglia.
