16 Marzo 2025
Serena Mollicone il perché del nuovo processo, l’euforia pericolosa e l’ombra di Garlasco
Ottenere un nuovo processo d’appello è stato “facile” ma ottenere una sentenza di condanna che dopo aver cancellato l’assoluzione di primo grado vada poi a reggere in Cassazione è altra cosa. Perché per condannare non bastano gli stessi elementi valutati dalla Corte d’appello di Cassino.

Di Pierdomenico Corte Ruggiero
Ci sarà un nuovo processo d’appello per l’omicidio di Serena Mollicone.
Ne avevamo parlato ed è successo https://ilsud-est.it/attualita/2025/03/03/serena-mollicone-perche-potrebbe-esserci-un-nuovo-processo-ma-nessuna-verita/.
Perché è stata annullata la sentenza d’appello che assolveva la famiglia Mottola?
Sostanzialmente perché era una sentenza di assoluzione per insufficienza di prove vecchio stile.
I giudici hanno deciso che una eventuale condanna non avrebbe retto in Cassazione “Questa Corte ritiene di non avere le prove della colpevolezza degli odierni imputati, e sa che una sentenza di colpevolezza sarebbe costruita su fondamenta instabili” ma allo stesso tempo non sembravano totalmente convinti dell’estraneità degli imputati “Ovviamente, non può escludersi che le prove, invece, ci siano…”.
I giudici inoltre scrivono: “Tuttavia, nel complesso, le dichiarazioni degli imputati Mottola sono state tutt’altro che convincenti, essendo caratterizzate da incongruenze e inverosimiglianze”; “Rimangono comunque, forti sospetti, che comportamenti decisamente “irregolari” (in primis le mancate verbalizzazioni), stigmatizzati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cassino e dai vertici dell’Arma in vista del trasferimento del sottufficiale siano stati qualcosa di più e di diverso di condotte professionalmente maldestre”.
La sentenza d’appello non sembra “scritta male” o frutto di superficialità. Sembra scritta invece secondo lo spirito dell’assoluzione per insufficienza di prove esistente nel vecchio codice di procedura penale ex art 479. Negli anni 80 una simile sentenza avrebbe retto il vaglio della Cassazione. Con l’attuale codice invece no. Magistrati esperti non “scrivono male le sentenze”.
La sentenza della Corte d’assise di Cassino era ben strutturata ed affermava, motivando, l’esistenza di piste alternative.
La Corte d’appello invece ha deciso di non condannare ma anche di non assolvere con convinzione. Invocando addirittura l’intervento della Cassazione.
Ora ci sarà un nuovo appello. Che sarà regolamentato dalle indicazioni vincolanti della Cassazione.
Sarà uno scontro molto duro. Su ogni singolo aspetto.
Ciò che mantiene “vivo” l’impianto accusatorio è la testimonianza di Santino Tuzi che la Corte d’appello ha definito “intrinsecamente attendibile”. Senza però motivare il perché sarebbe attendibile. Anzi la Corte scrive “Comunque, pur con i margini di incertezza circa il valore dimostrativo l’attendibilità e la credibilità di Tuzi e dei testi “de relato” non può negarsi la gravità dell’indizio costituito dall’avvistamento di Serena mentre fa ingresso in caserma nel corso della mattinata del 1 giugno 2001, pur non potendosi tenere in completo non cale la serie di avvistamenti – ritenuti per varie ma non decisive, ragioni inattendibili – di Serena in luoghi e orari incompatibili con l’ipotizzato ingresso in caserma”.
Come si può contemporaneamente parlare di grave indizio e di margini di incertezza? Come si può contemporaneamente dar credito a Tuzi ma scrivere che gli altri avvistamenti non sono manifestatamente inattendibili? Si può perché non esiste la certezza che Tuzi abbia visto Serena e non esiste certezza che lui abbia mentito. In realtà poteva, ricostruendo il ricordo dopo 7 anni, in buona fede credere di aver visto Serena. Se l’ha vista realmente cercherà di stabilirlo la Corte d’assise d’appello. Non sarà facile.
L’accusa e la parte civile vorrebbero una condanna basata sulla testimonianza di Tuzi unita alle risultanze scientifiche. Si legge ovunque grande euforia.
Serve prudenza. Ad esempio possiamo escludere una perizia ordinata dalla Cassazione o sollecitata dalla difesa (magari cosciente della necessità di un confronto tra i consulenti del PM e i periti del giudice oltre che con i propri consulenti)? A quel punto a “pesare” non sarebbe la consulenza della Professoressa Cattaneo e dei Ris ma il parere dei periti del giudice.
Condannare sulla base solo della consulenza Cattaneo potrebbe creare un motivo di annullamento in Cassazione, idem assolvere accogliendo totalmente le osservazioni dei consulenti della difesa.
Usiamo una bilancia virtuale.
Su un piatto mettiamo gli elementi dell’accusa: la testimonianza di Tuzi che vede Serena entrare in caserma; la conferma di tale testimonianza da parte del maresciallo Tersigni; la consulenza Cattaneo che indica nella porta l’arma del delitto; la consulenza dei Ris che trova sul corpo di Serena elementi collegati alla porta e all’appartamento; alcune contraddizioni degli imputati.
Sull’altro piatto mettiamo gli elementi favorevoli agli imputati: Tuzi nel 2007 presenta querela nei confronti del proprio comandante di stazione che lo aveva accusato di conoscere fatti e circostanze sull’omicidio di Serena; la ritrattazione di Tuzi del presunto avvistamento di Serena in caserma; il clima intorno a Tuzi durante le sue sit; la consulenza Conticelli che indica in un corpo contundente l’arma del delitto; la mancanza di movente; la mancanza di prove del litigio tra Marco Mottola e Serena la mattina del 1 giugno 2001 presso il bar della Valle; non esiste prova della presenza di Marco Mottola ad Isola del Liri; l’alibi di Marco Mottola tra le 12 e le 13; la mancanza di tracce organiche degli imputati sul corpo di Serena e sul nastro adesivo; l’impronta digitale sul nastro adesivo che non appartiene agli indagati e la Procura non ha provato la contaminazione; incerto è l’orario in cui Serena venne trasportata a Fontecupa; l’avvistamento di una ragazza somigliante a Serena presso una pizzeria di Isola Liri nel pomeriggio del 1 giugno.
Facile constatare che esistono elementi a favore sia dell’accusa e sia della difesa. Così il ragionevole dubbio sulla colpevolezza rimane. Sia una condanna che un’assoluzione avranno alla base comunque punti traballanti. Un’assoluzione può reggere sul ragionevole dubbio, la condanna invece non può avere punti traballanti.
Inoltre bisogna far cadere dei tabù. Inutile nascondere che le evidenze portano alla presenza di un soggetto o di soggetti rimasti ignoti.
La presenza del lantanio cerio indica un luogo alternativo/integrativo a quello indicata dalla Procura.
Bisogna anche spiegare perché Serena si reca in caserma. E naturalmente individuare il movente.
Non basta chiedere di parlare bisogna cercare i pezzi e le persone che mancano. Questo è l’ultimo treno.
Ottenere un nuovo processo d’appello è stato “facile” per “merito” della Corte d’assise d’appello ma ottenere una sentenza di condanna che dopo aver cancellato l’assoluzione di primo grado vada poi a reggere in Cassazione è altra cosa. Perché per condannare non basta giudicare diversamente gli stessi elementi valutati dalla Corte d’appello di Cassino.
Anche perché potrebbe arrivare l’ombra di Garlasco. Probabilmente non porterà a nulla ma se dovesse cambiare la posizione di Alberto Stasi ci sarà una riflessione in senso garantista del nostro sistema giudiziario.
Concludiamo con un promemoria in primis per noi stessi: continuiamo con più determinazione a ricercare chi e cosa manca per dare giustizia a Serena.
Tendendo conto dell’avvertimento contenuto nella sentenza d’appello ” Questa Corte sa che una sentenza di colpevolezza sarebbe costruita su fondamenta instabili” . La Cassazione è severa nel vagliare le assoluzioni ed è severissima nel vagliare le condanne.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©
