16 Dicembre 2024
Stanislao Acri, la battaglia quotidiana per la giustizia
La storia di questa settimana parla di un’incidente stradale che poteva essere evitato. Una tragedia che ha sconvolto la famiglia delle vittime. A raccontarci di questa tragedia è Francesca, la sorella di Stanislao
Di Maria Tuzi
RUBRICA STORIE IRRISOLTE
La storia di questa settimana parla di un incidente stradale che poteva essere evitato. Una tragedia che ha sconvolto la famiglia delle vittime. A raccontarci di questa tragedia è Francesca, la sorella di Stanislao.
Chi era Stanislao Acri?
Stanislao Acri era il mio unico fratello, era un avvocato che credeva nei valori della famiglia, della giustizia e dell’amicizia. In vita ha lottato contro le ingiustizie, una fra tante quella che riguardava nostro padre, morto per una presunta malasanità. Ha frequentato il liceo classico dove ha conosciuto Daria, sua compagna di vita. Stavano insieme da quando avevano 18 anni, fino alla loro morte, all’età di 35 anni. Nel gennaio del 2018 nasce il loro piccolo Pier Emilio.
Cosa è successo il 15 luglio 2018?
Il 15 luglio 2018 Stano e la sua famiglia, dopo aver fatto una visita all’ospedale del Bambino Gesù a Roma per il piccolo, vengono tamponati e uccisi da un van, che proveniva da Cuneo ed era diretto in Sicilia. L’auto di mio fratello transitava sull’autostrada A1 tra Ceprano e Pontecorvo. Quel giorno alle 12:35 l’autostrada era poco trafficata e c’era una buona visibilità.
A che punto sono le indagini?
Trattandosi di un tamponamento, sia io che mia madre, abbiamo creduto che subito avremmo avuto giustizia, invece nel 2019 il PM di Cassino fa richiesta di archiviazione, rischiando che questo triplice omicidio restasse senza un colpevole.
La perizia del perito nominato dalla procura di Cassino, stabilisce che la macchina di mio fratello fosse ferma, premesso che non è stato così, ma comunque chi viene da dietro dovrebbe frenare in tempo e soprattutto dovrebbe mantenere la distanza di sicurezza. A seguito dell’opposizione all’archiviazione si determina nel 2020 un’imputazione coatta. Le udienze del processo a Cassino spesso sono state rinviate, ma nel 2022 viene ascoltato un testimone trovato da me tramite Facebook che disse che il van procedeva ad una velocità elevata e contestualmente si nomina un nuovo perito. Il 5 agosto cinque giorni prima della morte di mia madre, si effettua una nuova perizia sulla macchina guidata da mio fratello e il risultato è stato che il veicolo era funzionante e aveva una marcia alta innescata. Grazie a queste nuove perizie si può smentire la prima perizia che dice che la macchina era ferma. Nel 2023, il 12 aprile, otteniamo una condanna dell’imputato a tre anni di reclusione a seguito del rito abbreviato per omicidio stradale aggravato, con interdizione dei pubblici uffici, ritiro della patente e pagamento delle spese processuali. Adesso stiamo aspettando la sentenza di appello a Roma, in quanto l’imputato ha fatto ricorso per eccessiva onerosità della pena. Anche in questo processo ci sono stati molti rinvii, uno dei quali è stato molto tragico, il giudice che avrebbe dovuto decidere, proprio quella mattina è stato coinvolto in un incidente stradale ed è venuto a mancare. Questo episodio mi ha scosso molto e adesso la prossima udienza ci sarà nel 2025. Io continuerò a combattere e il mio motto è che la giustizia è una battaglia quotidiana e non bisogna mai darla per scontata ma prima o poi arriva e dove non arriva la giustizia terrena si spera che arrivi quella Divina.
Quale iniziative avete intrapreso?
Dopo l’archiviazione, io e mia madre, abbiamo nominato un perito di parte e ci siamo opposte all’archiviazione effettuando una raccolta firme attraverso l’associazione BASTA VITTIME SULLA SS106 , le firme sono pervenute da vertici politici ed ecclesiastici. Io prendo coraggio e inizio a raccontare questa storia assurda a tutti.
Come si sopravvive a tale dolore?
A un tale dolore non sempre si sopravvive, mia madre non è sopravvissuta a tutto questo dolore, infatti a seguito di questa tragedia c’è stato un ritorno della sua malattia. A me piace credere che lei ci ha lasciato serena, perché è riuscita a sapere la verità tramite la perizia, ossia che la macchina di mio fratello non era ferma. Io invece cerco la forza nel ricordo di mio fratello e anche da una frase che mio padre ripeteva sempre: “la memoria è vita” dunque fin quando c’è la memoria di una persona, questa resta in vita. Io devo aver forza per andare avanti perché do’ voce a chi ormai non può più parlare, ridando così a mio fratello onestà e dignità. C’è anche da dire che in questi anni siamo rimasti soli, siamo stati abbandonati da persone che si consideravano amici, ma nello stesso tempo ho conosciuto persone che mi sostengono e mi sono vicino nonostante non mi conoscessero. È il caso di dire che la vita mi ha tolto, ma mi ha anche dato.
Cosa vorresti dire a chi si mette alla guida dopo essere stato ad una festa?
Vorrei parlare a chi guida con una frase che diceva sempre mia madre: la macchina è un’arma, quando ci si mette alla guida, bisogna stare attenti, si deve considerare che sulla strada si possono incontrare figli di famiglia che poi verranno pianti a seguito di comportamenti negligenti che stanno provocando sempre più vittime della strada. Non bisogna distrarsi, non bisogna bere, non bisogna usare il cellulare e si deve evitare di guidare se si è stanchi soprattutto se si sa che il giorno dopo si deve affrontare un lungo viaggio. Io spero anche che lo Stato tuteli i familiari delle vittime per avere giustizia
RIPRODUZIONE RISERVATA ©