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11 Agosto 2025

Tiziana Cantone e la ferita del revenge porn: una tragedia che ha cambiato l’Italia

La diffusione non consensuale e la gogna mediatica

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Credit foto https://www.bbc.com/news/uk-scotland-39398715

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Internet, i social e il virtuale hanno cambiato la nostra vita. Offrendo opportunità uniche di conoscenza, divulgazione e socializzazione. Tutto bello quindi.

Purtroppo no. Sono tante le insidie. Dato che il virtuale offre grandi opportunità anche a truffatori, pedofili. Agli odiatori e calunniatori.

Anche a quelle nullità che diffondono video e fotografie intime per vendetta. Il revenge porn.

La storia di Tiziana Cantone, giovane donna originaria di Casalnuovo di Napoli, rappresenta uno dei casi più emblematici e dolorosi di revenge porn in Italia. La sua vicenda, culminata con il suicidio nel 2016, ha scosso l’opinione pubblica e acceso un dibattito nazionale sul trattamento delle vittime di violenza digitale, influenzando direttamente l’introduzione di nuove norme nel codice penale.

Nel 2015, alcuni video a contenuto sessuale girati privatamente da Tiziana vennero diffusi in rete senza il suo consenso. In poco tempo, quelle immagini divennero virali: circolarono su WhatsApp, furono caricate su siti pornografici e condivise sui social. Uno spezzone in particolare — in cui Tiziana diceva “Stai facendo il video? Bravo!” — fu trasformato in meme, oggetto di derisione pubblica, fino a comparire su magliette e gadget venduti online.

Tiziana tentò disperatamente di far rimuovere quei contenuti, affrontando cause legali costose e lunghe. Il tribunale, pur accogliendo in parte la richiesta di deindicizzazione, le negò la completa rimozione dei video da internet, e la condannò persino al pagamento di oltre 20.000 euro di spese processuali. Isolata, umiliata, senza vie d’uscita, si tolse la vita il 13 settembre 2016. Così almeno hanno stabilito le indagini.

Nuovi accertamenti e le indagini difensive hanno, però, individuato diversi elementi che portano a coltivare forti dubbi sull’ipotesi del suicidio.

All’epoca dei fatti, in Italia non esisteva una norma specifica che punisse la diffusione non consensuale di contenuti intimi. La morte di Tiziana Cantone ha quindi rappresentato un punto di svolta: nel 2019, all’interno del “Codice Rosso”, venne introdotto l’articolo 612-ter del codice penale, che punisce con la reclusione da 1 a 6 anni e una multa fino a 15.000 euro chiunque pubblichi o diffonda immagini o video a contenuto sessuale senza il consenso della persona ritratta.

La legge si applica anche a chi riceve e inoltra tali contenuti, ampliando così la responsabilità penale non solo all’autore della prima diffusione, ma anche a chi contribuisce alla viralità.

Il fenomeno del revenge porn non causa solo un danno alla reputazione: comporta gravi conseguenze psicologiche. Le vittime, per lo più donne, vivono sentimenti di vergogna, senso di colpa indotto, panico sociale, isolamento. Alcune sviluppano disturbi d’ansia, depressione maggiore, o, nei casi più gravi, ideazione suicidaria.

È frequente che le vittime vengano sottoposte a “victim blaming”, ovvero la colpevolizzazione della persona offesa, come accadde anche nel caso di Tiziana.

Sulla vicenda di Tiziana Cantone devono far riflettere le parole utilizzate dalla Dottoressa Anna Gioia Carnevale nella sua tesi, relatrice la Dottoressa Antonella Pesce Delfino Bona Sforza University di Bari, dedicata a Tiziana Cantone e al fenomeno del revenge porn.

“Ma vi è un elemento, forse il più determinante, che emerge da questa tesi: tutto parte da noi. Possiamo scrivere leggi più severe, progettare software più intelligenti, avviare campagne educative e aprire sportelli di ascolto, ma se noi, come esseri umani, continuiamo a mancare di empatia, di rispetto, di responsabilità, tutto questo sarà sempre un passo indietro rispetto al danno.

Siamo noi, con le nostre scelte quotidiane, con ciò che guardiamo, condividiamo, commentiamo o ignoriamo, a fare davvero la differenza.
Perché ogni clic, ogni visualizzazione, ogni silenzio complice alimenta un sistema che permette a questa violenza di esistere. La rivoluzione culturale che serve non può nascere solo dalle aule parlamentari o dai centri di ricerca, ma deve cominciare negli occhi di chi guarda, nelle mani di chi clicca, nelle parole di chi potrebbe difendere e invece giudica.

Dare voce a chi non è stato ascoltato e proporre soluzioni concrete. Con questo spirito si conclude il presente lavoro, nella speranza che la storia di Tiziana Cantone non sia più solo simbolo di dolore, ma anche punto di partenza per una nuova consapevolezza sociale e collettiva. Una consapevolezza che metta al centro la dignità della persona e il dovere etico, prima ancora che giuridico, di non voltarsi dall’altra parte”.

*Si ringrazia la Dottoressa Anna Gioia Carnevale per la gentile concessione

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